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Nassi sulla Nazionale: "La maglia azzurra non è per tutti"

di Redazione TMW

Ho sempre pensato che ci sia una differenza tra allenatore e selezionatore e ho il massimo rispetto per la Nazionale, da ritenere un onore vestire la maglia azzurra. Quando vedo, da non so quanto tempo, le convocazioni dei nostri C.T., domando se sono nel giusto. Ricordo che alcuni hanno superato le cento. Altri si sono avvicinati. Quando sento che si vuole ringiovanire, domando se esista un motivo. In Nazionale devono giocare i migliori. Non interessa la carta d'identità, ma la qualità. Esiste un ranking e l'Italia dovrebbe occupare uno dei primi cinque posti. Perché dimenticare le quattro stelle, a pari merito con la Germania, dietro il Brasile a cinque? Seppoi il calcio è l'azienda più importante del Belpaese, a maggior ragione.

Per questo faccio difficoltà a capire le invenzioni. Sono certo che anche in passato si è voluto stupire, ma se una volta si convoca Zaniolo, che non aveva una presenza in Serie A, un'altra Pafundi, giovane speranza dell'Udinese, ma non solo, viene da chiedersi perché. Se non vado errato, nel '92, alle Olimpiadi di Barcellona, gli USA presentarono il Dream Team, la squadra più forte di ogni tempo. Dovevano vincere per più di un motivo: prima perché erano i migliori, poi avevano subito sconfitte presentando gli universitari dell'NCAA. Giocavano Jordan, 29 anni, Magic Johnson, 33, Bird, 36, Barkley, 29, Malone, 29, Stockton, 20, Robinson, 27, Mullin, 29, Pippen, 27, Drexler, 30, Ewing, 30. Il più giovane era Laettner, 23, l'unico universitario. Se è vero che un atleta esprime il meglio dai 27 ai 31 anni, avevano fatto centro, al di là dei tanti fuoriclasse.

Credo sia facile spostare il problema e parlare dell'Italia, che non va per due volte ai Mondiali ed è reduce da un Europeo disastroso. Ma se guardo la Nazionale dell''82 di Bearzot, Bergomi è l'eccezione, poi si va dai 25 anni di Cabrini e Collovati ai 30 di Oriali, per finire ai 40 di Zoff. Nell'ultimo successo del 2006, con Lippi alla guida, dai 25 di Cannavaro ai 33 di Materazzi. Analizziamo quanti più dati possibile, per ridurre la percentuale d'errore, ma non illuminiamoci d'immenso. La maglia azzurra è per pochi, non per tutti o per tanti. E smettiamo di sentirci più bravi. Non dimentichiamo mai la frase di un vecchio allenatore: "Per vincere bisogna aver paura di perdere" e quel proverbio che, per raggiungere il successo, predica costanza, perseveranza e silenzio.


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