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Muzzi: "Voglio riportare l'Arezzo in Lega Pro. Qui sto imparando e c'è un bel progetto"

di Luca Bargellini
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Dal settore giovanile di Morena (ieri), sua prima squadra nel sud-est della Capitale, ad Arezzo (oggi) passando per la Roma, il Pisa, il Cagliari, l’Udinese, la Lazio, il Torino concludendo con il Padova: la carriera di Roberto Muzzi, 50 anni, ex attaccante che ha vinto anche 2 Europei con l’Under 21 allenata da Cesare Maldini, è un percorso di esperienze straordinarie che lo ha portato a conquistare 2 Coppe Italia (con Roma e Lazio) e una Coppa Intertoto (Udinese). Attaccante rapido e potente, oggi Muzzi è direttore tecnico dell’Arezzo che disputa il campionato Dilettanti. La carriera dell’ex bomber termina proprio in Lega Pro, con il Padova in C1 nel 2007. Il nostro racconto parte da lì.
 
Roberto Muzzi, nel 2007 passò dalla Serie A con il Torino alla Serie C1 con il Padova. Perché accettò di rimettersi in gioco ripartendo dalla terza serie?
“In quel periodo Mauro Meluso era direttore sportivo del Padova e mi fece la proposta. Il progetto mi piacque, ero curioso anche di cimentarmi in questa nuova avventura. Con il Torino c’era una pausa di riflessione e io accettai. Poi purtroppo ebbi diversi problemi, anche fisici, nei 2 anni di permanenza in biancorosso”.

Quali furono le difficoltà maggiori del campionato di C?
“Il doppio passaggio di categoria va assorbito rapidamente, la mentalità deve adeguarsi e l’approccio mentale deve essere diverso. In C si va di fretta, è un campionato tosto, gli spazi sono più stretti e c’è molta aggressività”.

Crede che oggi  le difficoltà siano le stesse di allora?
“Ora la Lega Pro è un campionato più tecnico, è molto migliorato. Ci sono tanti calciatori importanti che ci giocano. A un ragazzo che inizia da qui, consiglio di avere umiltà, di correre e dare sempre il massimo. Perché è un ottimo trampolino di lancio, è una palestra e fa crescere anche caratterialmente”.

E’ anche un torneo pieno di squadre blasonate. Vede delle favorite?
“La C mi ha insegnato che non ci sono né conferme, né sorprese: nel senso che tutto è possibile fino all’ultimo. Fa parte del suo fascino. Guardate il Padova lo scorso anno. O quello che è successo a noi come Arezzo. Sia il Padova che l’Arezzo avevano speso moltissimo: eppure non è servito né a loro per vincere i play off, né a noi per salvarci. Una squadra che mi aveva impressionato nella stagione passata era il Matelica: non sono sorpreso che stia avendo questi risultati”.

A proposito di Arezzo: è il suo presente.
“E’ un’esperienza che mi sta insegnando molto, anche se lo scorso anno è andata male. Con il responsabile dell’area tecnica Enzo De Vito abbiamo un bel progetto: il primo obiettivo è ritrovare la Lega Pro e poi provare ad andare oltre”.

Nell’Arezzo gioca anche suo figlio Ramon, 23 anni, attaccante come il papà. Gli dà consigli?
“Di dare tutto, di giocare sempre così. Ha una chance importante: deve uscire dal campo con la cosiddetta maglia sudata e rispettare i tifosi. Anche se sbagli, così non avrai mai nulla da recriminare”.

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