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TMW RADIO - Ds Gozzano: "Senza Cassa integrazione fallivano 40 club: ora semi-professionismo"

di Dimitri Conti
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Archivio Stadio Aperto 2020
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Alex Casella, direttore sportivo del Gozzano, ai microfoni di Francesco Benvenuti, Raimondo De Magistris e Niccolò Ceccarini
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Alex Casella, ds del Gozzano, si è collegato in diretta nel corso di Stadio Aperto, trasmissione in onda sulle web frequenze di TMW Radio: "Bisogna partire dalla settimana scorsa e dalla riunione del Consiglio Federale. Nel comunicato ufficiale sono state date le linee guida al settore professionistico: portare a termine i campionati e, qualora non fosse possibile, una cristallizzazione della classifica che porterebbe a playoff e playout. L'alternativa ultima sarebbe allora la cristalizzazione con promozioni e retrocessioni a tavolino. Purtroppo nelle ultime ore c'è stato un cambio di programma, l'idea di variare e decidere di fare una promozione ed una retrocessione diretta, o più nel caso ci sia la solita forbice. Ci siamo fatti sentire perché è inammissibile cambiare una decisione dopo pochi giorni, e la punizione sarebbe davvero eccessiva. Il CTS ha dato il via libera, se Spadafora converrà che si può giocare, sarà impossibile pensare di non proseguire il campionato, o di limitare l'accesso a playoff e playout. Noi siamo arrivati ultimi nell'ultima partita giocata in campionato: è tutto falsato, se si pareggiano le giornate per tutti vedete che non saremmo più noi ultimi. Ci sono una serie di falle. Il problema principale sta nei costi, è quello che non si spiega bene. Disputare playoff e playout in Serie C, per un club piccolo e virtuoso come il nostro, più o meno costa 250-280mila euro, solo per tamponi e test sierologici ci si avvicina a 50mila euro. Chi gioca il playout è obbligato a farlo, sennò non rimane in categoria, mentre chi gioca per salire in B può scegliere se spendere o meno questi soldi. Non c'è verso che ci siano società in situazioni privilegiate rispetto ad altre. Se il Gozzano deve spendere 300mila per finire la stagione, rischiando di retrocedere, deve succedere altrettanto anche per chi è più in alto in classifica. Pongo il problema: tra tre mesi mancheranno quei soldi al budget del prossimo anno, e si parte con disparità di trattamento tra le varie realtà".

Perché la Serie C ha deciso di non cambiare rotta?
"Purtroppo noi partecipiamo alle assemblee federali, ma non ai direttivi. L'assemblea pre-Consiglio è stata forse un po' avventata nella tempistica, non nel succo. La nostra categoria dipende quasi esclusivamente dai portafogli presidenziali, e il messaggio uscito dall'assemblea per me è anche condivisibile, pure perché rappresentava il pensiero di 52 presidenti. Era sbagliata però la tempistica, e si è creata una divergenza con la FIGC. Io non so dire quali proposte escano realmente dal direttivo di Serie C, al quale partecipano solo Ghirelli e i consiglieri. Non le conosciamo. Tra sabato e martedì mattina c'è stato un direttivo, e noi come Gozzano abbiamo chiesto copia dei verbali per capire tecnicamente che punti siano trattati nello specifico e se sia stato votato qualcosa o avanzata qualche proposta, e se queste vadano a discapito di società serie e precise come la nostra, per poi muoverci di conseguenze".

Che Serie C sarà quella del prossimo anno?
"Il problema di fondo è che molti hanno paura di vedersi tolto lo status di professionista, ma bisogna essere realisti: è solo sulla carta. Questa categoria è a perdere, e bisogna ottimizzare i costi. O si redistribuiscono le entrate, ed in Italia le risorse se le spartiscono quasi tutte Serie A e B, l'alternativa per me, e lo dico a mio sfavore, è portare la C ad un semi-professionismo, dove i costi dei contratti si riducono notevolmente per i presidenti, e si va verso il basso sull'incidenza delle spese nei bilanci. Se non cambiano la normativa sui pagamenti, l'anno prossimo partono in trenta, c'è già una selezione naturale. Bisognerebbe aver coraggio e quest'estate fare una riforma che impedirebbe di prolungare i problemi. In molti sennò l'anno prossimo non arrivano a gennaio".

Ha timore che eventuali ricorsi possano servire a poco vista la delega governativa alla FIGC?
"Sicuramente ha ampi poteri di scelta e manovra, hanno ridotto gli organi giurisdizionali, snellendo notevolmente le procedure. Tuttavia, essendo io avvocato e trovandoci in uno Stato di diritto, passeremmo alla dittatura. Se si esce con un comunicato e dopo dieci giorni si cambiano subito le regole, cambiando a seconda di cosa fa più comodo, sono dati oggettivi che rimangono, anche agli occhi del giudicante che vede problematiche procedurali, lo sfido a dire che la FIGC ha potere assoluto e che possa fare cosa vuole, pur causando danni nell'aver scelto di far retrocedere una squadra cui mancavano undici partite e che aveva un numero di gare rispetto ad altre. Se il giudicante farà così, fortunatamente c'è anche il TAR. Questo non interrompe le iscrizioni, ma potrà eventualmente riconoscere il risarcimento di eventuali danni".

Come va a finire?
"La situazione migliore sarebbe quella di far uscire la riforma. In tutto il caos generato, e che si genererà nelle prossime settimane con la Corte di Giustizia del CONI che potrebbe avere una mole di ricorsi notevoli, la soluzione migliore è riformare: si metterebbe un punto, così sparirebbero i ricorsi. Si cambiano le regole del gioco, salvando capra e cavoli. Vero che i tempi italiani sono lunghissimi ma basta che in FIGC si mettano d'accordo LND, A e B che passa qualsiasi cosa. Loro possono andare allo scontro con tutte le altre componenti, fermo restando che quasi venti club di Serie C andrebbero sopra se facessero due gironi di Serie B. Se a questi gli si dice che potrebbero fare così, non credo che la Serie C arriverebbe sempre compatta, ma subirebbe una spaccatura".

La Cassa integrazione è stato un buon provvedimento?
"Ci sono tantissimi problemi nel calcio, la Cassa integrazione ha salvato il sistema, senza di quelli, bisogna essere onesti, sarebbero già falliti quaranta club. E con essi problemi per le famiglie dei dipendenti che non avrebbero ricevuto un euro. La soluzione è arrivare a creare una categoria semi-professionistica. Impensabile che un club dalla struttura snella debba avere un bilancio di 1,5-2 milioni: solo per la gestione degli impianti e della loro sicurezza raddoppi i costi, e con le leggi attuali non riesci a mettere i bilanci in pareggio. Siccome le società volenterose di investire tanto nel calcio si contano su una mano, o si trova il modo di distribuire più soldi alle società, e con sessanta club è difficile, o si va con il semi-professionismo, dove i bilanci si riducono del 50% e tutti si riesce ad essere più virtuosi economicamente, e parlo da tesserato di una società che da anni ha bilanci a posto. Il futuro però è destinato a cambiare".

Quante possibilità ci sono di tornare in campo per almeno playoff e playout?
"Se stasera dicono che si deve giocare, bisogna per forza tornare in campo. Seguire il protocollo è molto costoso ma non impossibile: io fino a 15 giorni fa leggevo la bozza e pensavo che non c'era speranza. Con le ultime modifiche è fattibile, anche se bisogna metter mano al portafogli. I costi sono ingenti, ma con organizzazione ce la si può fare".

Qualcuno proverà a fermarsi comunque?
"Ai playout no. Lì partecipano tutti. Sui playoff invece si pensa che saranno opzionali, e c'è chi deciderà di risparmiare anche per evitare di giocare una partita, spendere, ed uscire".

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