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Juventus, la rivalità Maradona-Platini e quel capolavoro su punizione che ha fatto storia

di Simone Dinoi
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Il mondo del calcio, dello sport piange la scomparsa di un’icona capace di rappresentare una città, Napoli, e un paese, l’Argentina, come nessuno mai. Un genio del pallone, con qualche sregolatezza extra campo che ne ha condizionato parzialmente una carriere che poteva essere ancor più fulgida. Diego Armando Maradona, El Pibe de Oro, si è spento ieri all’età di 60 anni lasciandosi dietro la tristezza, di chi l’ha amato, e tanti, tantissimi ricordi di chi l’ha conosciuto, di chi l’ha visto giocare e di chi se l’è fatto raccontare da coloro che, con occhi sognanti, ne hanno ammirato le gesta sul rettangolo verde. E con la Juventus, che poteva essere la sua squadra in Italia, El Pibe ha dato vita a una storica rivalità che ha caratterizzato il calcio italiano negli anni Ottanta.

MARADONA VS PLATINI E LA STORICA PUNIZIONE - Un triennio di sfide fra due dei più grandi campioni della storia del calcio: Michel Platini contro Diego Armando Maradona, Juventus contro Napoli. Di studio i primi due incontri fra ’84 e ’85, con scudetto al Verona, dove nessuno dei due mette sul piatto, nel doppio confronto, il proprio, sublime, talento. Che viene fuori però l’anno successivo con quel capolavoro di pensiero, precisione tecnica e personalità con il quale il genio argentino pennella il pallone su punizione, all’interno dell’area di rigore, superando Tacconi e regalando la vittoria agli azzurri, in uno dei gesti più iconici che questo sport possa tuttora mostrare. E che la Juventus stessa, lasciando parlare le rumorose immagini, ha rievocato nel ricordo del Pibe. Andata ai partenopei, pareggio al ritorno e scudetto bianconero. L’anno successivo, l’ultimo prima dell’addio del francese, il doppio trionfo del Napoli negli scontri diretti e il primo storico trionfo, proprio davanti alla Vecchia Signora, in campionato dei campani trascinati da Maradona. Platini che, nel 2011 al quotidiano Il Mattino, ne parlava così: "Eravamo avversari in campo, non fuori. Avevamo stili di vita differenti ma c'era grande rispetto, erano gli altri a metterci contro. Lui poi ha partecipato alla mia partita di addio e io alla sua. Ricordo quella domenica dell'85: a Tacconi dissi che gli avrebbe segnato su punizione e così fu". Lo stesso Le Roi che ieri l'ha salutato così: "È il nostro passato che se ne va. Diego ha segnato la mia vita".

VICINO ALLA JUVE - Maradona però quegli incontri avrebbe potuto viverli con la casacca a strisce bianconere. A neanche vent’anni compiuti El Pibe de Oro era già considerato uno dei giocatori più forti in circolazione. Gianni Agnelli, dopo averlo ammirato incantare sul terreno di Wembley nella sfida fra Inghilterra e Argentina del maggio del 1980, diede incarico all’allora presidente Boniperti di portare a Torino quel ragazzino che aveva fatto ammattire i calciatori inglesi. Boniperti recapitò così sul tavolo della dirigenza dell’Argentinos Juniors un’offerta, fuori mercato, da quasi 13 miliardi di lire. A ostacolare il passaggio in bianconero di Maradona fu però la federazione albiceleste che, facendo pressioni, lo voleva in patria l’annata precedente al mondiale spagnolo del 1982. E così fu. La storia poi ha raccontato il passaggio al Barcellona a pochi mesi dalla competizione iridata per circa la metà della cifra messa sul piatto da Madama. “La Juve era il mio grande sogno, sarei stato il giocatore che trascina i compagni”, ha raccontato nel 1992 ai microfoni di Bruno Bernardi su La Stampa. Non sapremo mai cosa sarebbe stato Maradona alla Juventus, sappiamo però quello che è stato per il calcio e per lo sport: un genio, fuori da ogni epoca.

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