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Inter, Ranocchia: "Squadra giovane non dà immediata stabilità. Dobbiamo crescere"

di Alessandro Rimi
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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Da un giovane talento (Sebastiano Esposito) a un capitano nerazzurro nell'anima. Tocca ad Andrea Ranocchia partecipare al solito appuntamento Q&A con i tifosi nerazzurri sui canali social ufficiali dell'Inter.

Ciao Andrea, come stai?
“Bene, a casa in attesa che questa emergenza termini prima possibile. Sono un po’ frastornato perché nessuno si sarebbe aspettato una cosa del genere, così strana. Forse solo i nonni hanno vissuto situazioni simili, anche se il nemico questa volta non si vede. Ne usciremo da squadra, grazie alla forza della collettività. Sinceramente non penso molto a tutto il contorno, mi sono preso del tempo per me, leggo molto e non si può fare altro che rimanere a casa al sicuro. Nella vita normale si va velocissimo, c’è sempre qualcosa da fare. Ritagliarsi spazi per se stessi è molto importante”

Hai mai vissuto altri momenti difficili?
“Tanti, sia sul piano sportivo, sia personali come tutti. Parlando di Inter, gli anni bui ci sono stati e si fa fatica a ricordarli. Hanno lasciato delle cicatrici, anche se sono cresciuto con la presa di coscienza di ciò che sarebbe stato il futuro. Comunque, se la salute c’è, tutto si supera. I momenti brutti ti formano nella gestione delle emozioni. Difficile entrare in certi contesti, ad oggi sono soddisfatto di ciò che ho costruito sulle mie spalle e con le mie mani. Tanti sottovalutano l’aspetto umano, ma nel calcio è importante. Devi avere certe basi per affrontare i momenti particolari. Vale per tutti i mestieri. Il futuro ti dà la possibilità di togliersi delle soddisfazioni personali”

Qual è la tua giornata tipo?
“Due allenamenti al giorno di forza con elastici e corsa con byke sul mio terrazzo che fortunatamente è grande, anche se mai abbastanza. Intervalliamo per non entrare nella monotonia. Guardo poche serie tv, leggo tanto e ascolto musica. Dopo tre anni ho tirato fuori la play, mi riposo, cucino e ragiono sulle giornate successive. Sperimento tante cose in queste giornate”

Chi era il tuo idolo da bambino?
“Da piccolo facevo il centravanti, perciò parto da Ronaldo all’Inter. Da difensore mi son sempre ispirato a Nesta, al di là della fede calcistica. Indiscutibile dal punto di vista umano. Da calciatore poi bisogna sempre trovare la propria identità”

Esposito chiede se ti diverti a picchiarlo in allenamento...
“Un po’ di sane botte fanno bene. Giocherà sempre di più e in grandi palcoscenici. Meglio che si abitui (ride, ndr)”

Ci racconti il tuo debutto a San Siro?
“Ho esordito in A contro l’Inter del triplete. Giocavo a Bari, rischiammo di vincere. Ricordo la forte emozione, indimenticabile perché venivo da ben altri palcoscenici. A maggio, dopo il loro triplete, è stata una soddisfazione pensare di averli messi in difficoltà”

Che vuol dire essere capitano dell’Inter?
“Pesante l’eredità dopo Zanetti. Tanta responsabilità per un club che ha oltre 110 anni di storia. Lo ricorderò per sempre. La responsabilità è grande comunque, a prescindere dalla fascia”

Cosa farai dopo il calciatore?
“Ci sto pensando, la data non è lontana. Non lo so per adesso, mi piacerebbe allenare i giovani, più che i giocatori fatti e finiti. Ogni giorno cambio idea, valuterò le opzioni che ho in mente anche extra calcio. Difficile abbandonare il mondo del calcio”

Com’è stato il tuo esordio con l’Inter?
“Ricordo a stento, fu a Catania. Entrare a far parte della squadra campione del mondo è una grandissima soddisfazione. Cosa si può volere di più? Mi son trovato dal Genoa all’Inter in pochi giorni”

Il momento nerazzurro più importante?
“Da anni non vinciamo un trofeo e non è semplice accettarlo per questo club. Dico l’ultimo titolo conquistato a Roma: la Coppa Italia contro il Palermo”

Cosa pensi della squadra attuale?
“Buona squadra, dobbiamo ancora crescere tanto. C'è un nuovo mister che cambia le cose rispetto all’anno scorso e perciò serve tempo. Vediamo cosa succederà se si concluderà la stagione. Abbiamo fatto buone cose, altre meno. Essere una squadra abbastanza giovane dà poca stabilità in termini di risultati, ma le prospettive sono più che buone”

Ricordi il tuo salvataggio sulla porta nel 2011 a Monaco contro il Bayern?
“Certo, mi ha reso orgoglioso anche se pure questo lo ricordo a stento. Comunque indelebile”

Hai mai scambiato la tua maglia con un avversario?
“Tante volte, in magazzino ne ho tantissime legate a ricordi particolari ed emozionanti. Ci sono maglie molto speciali, come quella di Nesta. Forse quella più voluta. Poi altre tre: quelle di Pupi, Totti, Buffon della Nazionale e Maldini che non ho affrontato, ma incrociato ai tempi del Bari. Valgono come patrimonio dell’umanità, appartengono a calciatori che hanno fatto la storia”

I gol più importanti dell’Inter?
“Quelli di Milito nella finale di Madrid. Li ricordo per la mia generazione. Rimangono impressi anche per tutto il contorno di una stagione straordinaria. L’ho vissuta da spettatore, ma l’anno dopo ero seduto al loro fianco. Sono diventato amico di calciatori fantastici con i quali ancora oggi mi sento come Materazzi, Stankovic, Chivu, Milito, Cambiasso. Zanetti ce l’abbiamo ancora in casa. Da poco ho risentito il divino Jonathan, simpaticissimo e comunque bravo giocatore nei peggiori momenti del periodo più recente”.

Da piccolo dove sognavi di giocare?
“Facevo il raccattapalle per il Perugia di Cosmi che poi fallì. Sognavo di giocarci”

Chi è il giocatore più bello in squadra?
“Prendo sempre in giro D’Ambrosio: è impeccabile, perfetto. Anche Brozovic è un bel ragazzo, specie in ambienti poco illuminati, ma non quanto Danilo (ride, ndr)”

Com’è stato ritrovare Conte da allenatore?
“E’ sempre lui, ha cambiato dei metodi di allenamento, si è evoluto, ma sempre con quel fuoco dentro che lo contraddistingue. E’ la sua forza”

Che consigli dai ai giovani difensori interisti
“A Bastoni do certi schiaffi… Sono giovani appunto, posso dare consigli più sul comportamento. In campo c’è più confronto che suggerimenti”

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