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Spese e incassi: un mercato analizzato con le cifre

di Luca Marchetti
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© foto di Federico De Luca

Continuiamo con i numeri, per analizzare il mercato. Per sedimentare alcune novità che forse non ci sono ancora entrate in testa come dovrebbero.
I dati li abbiamo presi da Transfermarkt, per cui non sono dati “ufficiali”, ma disegnano comunque un trend molto preciso rispetto alla foto che vogliamo scattare.
La squadra che ha speso di più in Italia è stata la Roma con 97,75 milioni di euro spesi, con un saldo (negativo) di 95,53. Poi viene il Milan con 72 milioni spesi, poi ancora l’Atalanta con 68, infine Inter (36), Juventus (34,50) e Fiorentina (33).
I dati esattamente quanto si spende di cartellini per questa stagione. Quindi per esempio Locatelli non conta (pur essendo un obbligo): il cartellino viene pagato fra due anni, giusto per fare un esempio. Naturalmente però ci sono conteggiati gli obblighi di riscatto che si verificano in questa stagione.
Questo vale la pena specificarlo, perché comunque da una dimensione anche alle capacità di spesa attuale delle società.
A questo dato va aggiunto anche il saldo, perché anche qui fa tutta la differenza del mondo. La Roma, come detto, non ricava quasi nulla dalle cessioni (2,22). Il Milan idem (3,50). Decisamente più corposo l’incasso dell’Atalanta (40,9 milioni, il terzo della Serie A dopo Inter e Udinese, con 62), naturalmente monstre quello dell’Inter con 197 milioni arrivati dalle cessioni.
L’Atalanta continua a mostrare la sua grande mission: vendere per poi reinvestire. Con un trend, diverso (almeno quest’anno visto che i 55 milioni di Romero verranno incassati la prossima stagione): l’Atalanta va in rosso. Ma è un rosso sempre calcolato, ed è la prima volta dopo tanti anni.
L’altro trend che cambia naturalmente è quello dell’Inter obbligata dalle necessità finanziarie. Ma c’è un’altra vicenda che balza all’occhio: la Juventus. Il saldo della società bianconera è sempre più o meno lo stesso (leggermente negativo), ma prima era frutto di molte operazioni di mercato. Insomma c’era un va e vieni decisamente più intenso dalle parti della Continassa. Stavolta no: poche operazioni, chirurgiche, il più possibile al “risparmio”, anche a fronte di cessioni importanti (seppur non remunerative come CR7, almeno dal punto di vista dei cartellini). E’ cambiata la filosofia, radicalmente, in bianconero.
E’ leggermente cambiata al Milan, non alla Roma.

Al Milan investimenti più decisi (nell’anno del ritorno in Champions), la Roma continua ad investire cifre importanti. Quello che è mancato sono stati gli incassi dalle cessioni. Per motivi diversi, non necessariamente dipendenti dalla propria volontà, Milan e Roma si sono accollate l’onere del cambio tecnico (o del rafforzamento della squadra) senza poter approfittare di benefici (almeno economici dalle cessioni).
In più è cambiato proprio il trend generale.
La Serie A è passata dallo spendere 1,4 miliardi di euro (del mercato 19/20) ai 571 milioni spesi quest’estate. E’ vero: nel dato degli 1,4 miliardi c’è anche il mercato invernale. Senza quello i miliardi spesi sarebbero 1,18: comunque una differenza abissale: la metà. Per trovare un dato più basso (di spesa) bisogna tornare al 14/15, quando vennero spesi 381 milioni, per poi cominciare a salire vertiginosamente anno dopo anno. E quello che è cambiato è anche il saldo. Ed è tornato ad essere sostanzialmente di equilibrio, già dalla passata stagione.
-52 questo mercato, -69 lo scorso. Si veniva però da un triennio in cui da -152 si è arrivati a -350 e -331. Delle cifre mai raggiunte dalla nostra serie A, se non negli anni d’oro del calcio italiano: 20 anni fa.
Chissà che questo non possa servire comunque a diventare più “assennati”. Non che il mercato sia la causa di tutti gli sconquassi economici dei bilanci delle società, ma spesso è la soluzione, non sempre quella migliore (plusvalenze comprese).
Un’ulteriore valutazione l’ha fatta invece KPMG cercando di capire come mai ci sono state spese così importanti anche nel mercato postpandemia. Spese che sono arrivate soprattutto dalla Premier (24 società su 50 che hanno speso più di 50 milioni di euro, vengono proprio dall’Inghilterra) e che hanno rappresentato (a loro modo) dei record.
Se pensate che Grealish è il più alto trasferimento interno della Premier (118 milioni di euro) e che Lukaku è quello più alto dall’estero (115) capite che comunque siamo di fronte a un’eccezionalità ancora più grande, nell’estate in cui chiunque nel resto del mondo si lecca le ferite. Ma perché la Premier lo ha potuto fare? Perché se lo può permettere essendo il campionato più ricco del mondo, è la risposta. E lo dimostra anche il rapporto, calcolato da KPMG, fra la spesa sostenuta dal club per l’acquisto del giocatore e il fatturato del club stesso. Esempio: Lukaku (115 milioni di euro spesi dal Chelsea) rappresenta il 25% del fatturato. E il rapporto, quello di Lukaku il più alto della sessione estiva, è assolutamente in linea con quello degli anni passati. Anzi, addirittura meglio, visto che negli ultimi 3 mercato c’era stata una corsa all’acquisto anche forsennata: per Joao Felix spesi 127 milioni pari al 34% del fatturato dell’Atletico Madrid; Cristiano Ronaldo 117 ovvero il 29% del fatturato Juve e addirittura Neymar 222 ovvero il 46% del fatturato del Paris del 2017…

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