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La FIFA stecca di nuovo: a Messi un premio difficile da spiegare

di Ivan Cardia
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Pensavamo di esserci liberati di un premio in cui Lionel Messi si alternasse a Cristiano Ronaldo e viceversa, avanti così all’infinito seguendo lo schema che ha decretato il fiasco del Pallone d’Oro FIFA. La vittoria di Luka Modric un anno fa, a furor di popolo dopo la cavalcata della Croazia al Mondiale, pareva certificare che gli errori del passato fossero alle spalle, che si fosse aperta una nuova epoca. In cui, se il regolamento prevede che si consideri dal luglio di un anno al luglio dell’anno dopo, si viene premiati in base a quanto dimostrato nel periodo di riferimento.

Invece la FIFA stecca di nuovo. E, a dispetto dello scenario da favola, rispedisce il The Best al rango di premio meno credibile rispetto al Pallone d’Oro, non a caso tornato nelle mani di France Football. Merito del trionfo di Lionel Messi, grottesco riconoscimento per una stagione che immaginiamo anche l’argentino avrebbe voluto molto diversa. Un trofeo inserito in un contesto, quello del calcio maschile, discutibile e discusso anche per l’undici mondiale targato FIFPro, dove figurano ben tre calciatori del Real Madrid più disastroso degli ultimi dieci anni e scompaiono sia Sadio Mané che Momo Salah, trascinatori del Liverpool campione d’Europa. Resta il discorso finale di Megan Rapinoe, con l'emozione per le parole di Silvia Grecco, la mamma brasiliana che racconta il Palmeiras al figlio cieco, le due cose più belle della serata della Scala, ma non basta a salvare un riconoscimento poco comprensibile.

In termini di valore assoluto, non c’è discussione: Messi e CR7 sono i due giocatori più forti del calcio moderno. Senza infilarsi nel ginepraio del chi superi chi, o in scomodi paragoni col passato, se il The Best premiasse il calciatore più forte in attività basterebbe limitare la competizione a loro due, i marziani del terzo millennio. Dato che, sulla carta, non è così, sarebbe stato lecito aspettarsi Virgil Van Dijk trionfatore, quantomeno come premio al percorso continentale del Liverpool. Ancora più senso avrebbe avuto premiare Alisson campione d'Europa coi Reds e di Copa America col Brasile, ma del difensore olandese ci saremmo potuti accontentare. Persino di Cristiano Ronaldo: uscito sì ai quarti di Champions League, ma vincitore dello scudetto al suo primo anno in Italia e poi anche della Nations League col Portogallo, peraltro ai danni proprio di Van Dijk. Quantomeno, il lusitano s’è messo in gioco cambiando aria.

Invece vince Messi. Vince un trofeo che non rende giustizia alla sua grandezza. Come detto, nessuno la tocca. E la Pulce col Barcellona nell’ultima stagione ha segnato più gol di quante gare abbia giocato. Però ha vinto soltanto il campionato, una Liga abbandonata dopo poche gare dal Real Madrid e mai davvero sognata dall’Atletico. Ha mancato per la quarta annata di fila l’approdo in finale di Champions, steccando clamorosamente la semifinale di ritorno contro il Liverpool; ha fallito per l’ennesima volta nel tentativo di portare al successo la sua Argentina, arrivata in semifinale di Copa America con il 10 scarico (un solo gol) e addirittura espulso, con tanto di maxi-polemica, nella finale per il terzo posto. Premiare un Messi così, probabilmente, non rende onore al Messi che abbiamo ammirato pochi anni fa. Stona anche il confronto col calcio femminile: in termini assoluti, non c’è paragone tra Alex Morgan e Megan Rapinoe per le rispettive qualità. Però ha vinto Rapinoe, perché nella stagione di riferimento ha avuto un impatto maggiore e semplicemente ha fatto meglio della compagna. La stessa ragione per cui Van Dijk (o, ripetiamo, Alisson) avrebbe meritato di superare Messi, probabilmente neanche destinato al podio. Vince il più forte? Forse. Vince il più meritevole nell’ultima stagione? Decisamente no. Al massimo il più famoso.

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