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ESCLUSIVA TMW - Venezia, Molinaro e la A ritrovata a 38 anni: "Mi sento ancora un ragazzino"

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Cristian Molinaro è tornato in Serie A dalla porta principale, conquistandola sul campo col suo Venezia. La ritrova a 38 anni, età in cui la grande maggioranza ha già appeso gli scarpini al chiodo. E la ritrova tre stagioni dopo un'amara retrocessione col Frosinone, che sembrava destinarlo a un finale di carriera low profile. E invece, il 22 agosto 2021 il terzino è in campo al "Maradona" di Napoli, fascia di capitano al braccio, a guidare i lagunari nel loro ritorno tra i grandi. E fresco di un contratto triennale che rende meglio di tutte l'idea della fiducia che il club ripone nei suoi confronti. In barba all'età. Ai microfoni di Tuttomercatoweb lo stesso giocatore si racconta:

Cristian Molinaro, il tuo trasferimento al Venezia nel 2020 a 36 anni sembrava l’addio definitivo alla Serie A. Lo era anche per te? Che effetto ti fa trovarti a 38 anni compiuti nel massimo campionato?
"Sicuramente, ho pensato che sarebbe stato difficile calcare di nuovo i campi della massima serie. A prescindere dall’età, la sensazione è la stessa che mi accompagna da sempre, ogniqualvolta metto piede sul rettangolo verde: un’emozione unica!".

Tornando indietro nel tempo, ma neanche troppo, c’è stato un periodo in cui eri senza squadra e ti allenavi a Fiuggi. Hai pensato che stava per arrivare l’ora di ritirarti?
"È stato un periodo complicato. Venivo dalla retrocessione col Frosinone e non avevo metabolizzato completamente la delusione. Mai pensato di smettere, però. Tant’è che gli allenamenti con il Fiuggi li ho sempre considerati come propedeutici ad una eventuale chiamata. Approfitto per ringraziare il Fiuggi, che mi ha permesso di prepararmi e farmi trovare pronto per l’approdo al Venezia".

Dopo la promozione il club ha deciso di offrirti un contratto triennale. Un caso indubbiamente più unico che raro: cosa significa per te? E cosa dobbiamo aspettarci: un ruolo dirigenziale o di campo proprio con i lagunari?
"Devo ringraziare Carmine, il mio manager, che con la sua consulenza strategica quotidiana, mi permette di raggiungere obiettivi difficili anche da immaginare. Ringrazio Il Venezia per l’atto di fiducia, che voglio ripagare sul campo. In futuro, di concerto con la società, si deciderà il da farsi. Un contratto lungo significa soddisfazione professionale e serenità familiare. Sai di avere la possibilità di fermarti nello stesso luogo per molto tempo e quindi poter coltivare amicizie e trovare stabilità didattica per i figli".

Nonostante le 38 primavere ben 6 giocatori ti stanno davanti (Ibrahimovic, Reina, Quagliarella, Ribery, Pandev, Mirante). A livello generale era impensabile solo qualche anno fa vedere una carriera così lunga per i giocatori di movimento, nonostante gli impegni si siano moltiplicati. Cosa è cambiato, qual è il “segreto”?
"Nel calcio l’asticella dell’età si è alzata perché si sono evolute le metodologie di allenamento, si è sempre più controllati nell’alimentazione, viene curato l’aspetto psicologico e motivazionale. Certo, ci sono poi casi in cui si è “baciati” dalla Natura, che ti fornisce doti fisiche oltre la media, ma, fondamentale rimane comunque preservare il corpo. Per quanto mi riguarda, sin da ragazzino, ho dato importanza al riposo, all’alimentazione ed al lavoro sul campo. Ho affrontato la carriera, cercando di mettere sempre a “punto il motore”. Ciò mi ha consentito di arrivare a stare bene anche a questa età. È dopo i 30 anni che si vede quanto fieno hai messo in cascina!".

Parlando della stagione del Venezia, non ha lasciato indifferente un mercato dove si è attinto a tanti nuovi giocatori di diverse nazionalità. Questo non vi ha portato a qualche problema di comunicazione?
"Il club ha messo in atto un importante processo di internazionalizzazione. Sono a disposizione della rosa corsi di italiano e di inglese, differenziati a seconda del grado di conoscenza della lingua da studiare, proprio per sopperire ai problemi di comunicazione. L’intenzione della società è quella di superare il concetto di giocatori italiani e stranieri e di formare calciatori internazionali, a prescindere dalla nazionalità".

In panchina c’è un tecnico dal quale c’è una differenza d’età di pochi mesi, in pratica un coetaneo. Ed è considerato un predestinato della panchina: che cosa ci puoi raccontare di lui e credi che davvero lo aspetta un grande futuro?
"Col mister scherziamo spesso sull’essere coetanei. Lui ha l’età per fare il calciatore e già allena in Serie A, io ho l’età per allenare e ancora gioco. È molto bravo a trasferire in maniera chiara le sue idee nel corso della settimana. Sa come tenere alta l’intensità degli allenamenti, trasmettendoci la sua carica, catalizzando l’attenzione di tutti. Ha le carte in regola per affermarsi ad alti livelli".

Siete partiti come una delle principali candidate alla retrocessione. Gli inizi sono tuttavia incoraggianti, nonostante abbiate giocato 5 partite su 7 in trasferta. Cosa dobbiamo aspettarci ora? E in cosa questa squadra può migliorare?
"L’anno scorso, alla partenza del campionato, nell’ipotetica classifica finale, gli esperti ci davano in ultima posizione. Anche quest’anno proveremo a sovvertire i pronostici. La strada è lunga, ma stiamo crescendo. Dobbiamo migliorare nella gestione di determinati momenti della gara".

Tornando a te: immagina il Molinaro del Siena o della Juve e quello di oggi. Come è cambiata la Serie A da allora? E in cosa sei maggiormente cambiato tu?
"Il campionato era e rimane un campionato difficile. La preparazione atletica si è evoluta, per tutti i ruoli in campo è richiesta la doppia fase, sono cambiate le impostazioni di gioco, si utilizza la costruzione dal basso. Ci sono figure nuove come il mental coach, il match analyst. La tecnologia ha assunto un peso importante nelle analisi di partite e allenamenti. Il Molinaro del Siena non immaginava che avrebbe visto, negli anni successivi, droni in volo sul campo d’allenamento. Da terzino ho dovuto progredire, imparando a creare la superiorità non solo attraverso la sovrapposizione, ma con un maggiore coinvolgimento nella costruzione del gioco".

Nella tua carriera quanto ha valore una promozione a quasi 38 anni? O comunque dove la collochiamo nella classifica dei momenti più belli della tua carriera?
"Si tratta di una promozione nella massima serie, a 38 anni, quando con il grande calcio dovrebbe essere finita e invece, alla prima di campionato, contro il Napoli, sono in campo e con la fascia di capitano al braccio. La colloco sicuramente nei primi posti, insieme all’esordio in Serie A, in Champions League e in Nazionale".

Ibrahimovic nelle vecchie interviste ha dichiarato di poter continuare a giocare fino a 50 anni. In definitiva ti lascia poche chances di essere il giocatore più vecchio della A in attività. Tu fino a che età ti vedi in campo?
"Beh, fino a 50 anni, è dura. Anche se Miura... Ho voglia di giocare. Quando entro sul campo, sento sempre quel colpo al cuore, che sentivo da ragazzino. I test atletici danno gli stessi risultati degli anni scorsi. Quando il corpo manderà segnali differenti, vorrà dire che sarà arrivato il momento giusto per smettere… ma non ancora. Non ancora".

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