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ESCLUSIVA TMW - MLS e proprietà USA, Stillitano: "Serie A verso una golden era. McKennie un sogno"

di Simone Bernabei
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Dirigente, presentatore, manager, imprenditore. Difficile, quasi impossibile definire con una sola parola Charlie Stillitano. Già general manager dei NY MetroStars, oggi NewYork Red Bulls, la sua ambizione portò negli States giocatori come Donadoni, Matthaus o Branco. Oggi Stillitano presenta il programma The Football Show su SiriusXM ed è Executive Chairman di Relevent Sports, società che ha ideato e che gestisce la International Champions Cup. In esclusiva per TMW, ha scelto di raccontare la crescita della MLS e l’immagine del calcio italiano negli States.

Partiamo proprio dalla MLS. Da fuori, il campionato americano sembra cambiato tanto negli ultimi anni.
“E’ cambiata la filosofia. Nel ’96 io stesso portai negli Stati Uniti campioni come Donadoni o Matthaus, era finito da poco il Mondiale del ’94 e quello era il nostro target di giocatori. Erano figure importanti per lanciare e far crescere la Lega in quel momento storico, c’era grande entusiasmo. Poi dopo qualche anno tutto è cambiato”.

Quando c’è stata la svolta?
“Secondo me con l’arrivo di Giovinco e il rientro di Michael Bradley. Ovvero due giocatori giovani, nel pieno della carriera, buoni per il calcio europeo. E’ stata una vera svolta. E poi la MLS non voleva vendere i propri calciatori alle squadre europee, sembrava quasi un’ammissione di inferiorità. Poi finalmente abbiamo capito. Adesso la MLS esporta i propri talenti perché conviene a tutti: un giovane cresce nell’academy e poi magari viene venduto ad una big europea con la franchigia che prende il 75% di quanto pagato (il resto va alla Lega, ndr)”.

Alcune squadre però puntano ancora sul big name…
“Certo, l’esempio di Miami con i vari Higuain e Matuidi è chiaro. Per loro che sono all’inizio però è importante seguire questa strada. Se prendi il giocatore giusto la scelta funziona. Detto questo, la maggior parte delle società sul mercato hanno come target calciatori di 22-23 anni, possibilmente dal Sudamerica. Calciatori che hanno già un buon livello e un discreto numero di presenze e che in MLS possono crescere ancora e farsi vedere. Il passo successivo è la cessione verso l’Europa. In questo senso Atlanta con la vendita di Miguel Almiron al Newcastle ha indicato la strada. Una strada giusta”.

Ogni franchigia poi ha la propria academy.
“Gli homegrown player sono importantissimi. E’ vero che c’è spazio per 3 big, ma il futuro è dei giovani. Oggi americani e sudamericani, magari in futuro anche europei. E alle big dei grandi campionati questa idea piace: il Bayern per esempio ha un accordo con l’FC Dallas, ha la priorità sui prospetti più interessanti”.

L’esplosione di McKennie con la Juventus come è stata vissuta?
“E’ stato fantastico, un fatto importante per il movimento. Ricordo che già con Alexi Lalas ci fu grande entusiasmo, la Serie A ai tempi era l’NBA del calcio. Ma in tv non veniva trasmessa. Oggi è diverso: su ESPN trasmettono tutte le partite con spettacoli dedicati e programmazioni pre e post partita. Insomma, oggi tutti conoscono McKennie e la sua storia, è un sogno per noi americani. Lui come Alphonso Davies sono figure che entusiasmano i ragazzi”.

Dal prossimo anno, negli States, la Serie A si sposterà su CBS.
“Una grande notizia che potrà far bene alla Serie A. La CBS qua trasmetterà la Champions e l’Europa League, oltre alla Serie A. Ci sono grandi margini di crescita a livello di pubblico. Un ottimo lavoro della Lega, portato avanti anche grazie a Rocco Commisso. Tutti guardano il calcio in tv anche perché lo spettacolo e la copertura sono completi, con pre e post game, opinionisti, analisi… Giusto per far capire meglio: ESPN ha appena preso Del Piero come opinionista, Klinsmann lo è già da tempo. Sarà una bella sfida, anche per la stessa MLS che avrà nelle leghe europee dei forti concorrenti”.

Insomma, potrebbero esserci ricadute importanti per il calcio italiano…
“Sarò sincero. Per me è un “beginning of a golden era”, per il calcio italiano. Ma è importante non perdere il momento e sfruttarlo a pieno”.

Gli investitori USA lo hanno capito. Perché questo interesse per il calcio italiano?
“Perché in questo momento storico c’è grande attenzione e possibilità di fare ottime operazioni. Faccio un esempio: Pallotta ha venduto nei mesi scorsi l’8% delle quote in suo possesso dei Boston Celtics. La franchigia NBA è valutata, nel complesso, 2,4 miliardi di euro. In Italia con i soldi delle quote di Pallotta ci compri senza problemi una grande società. Ogni giorno negli USA nascono nuovi miliardari e lo sport è sempre stato un terreno su cui investire. Comprare una franchigia NBA, ma anche MLS, ha però costi eccessivi ed è impossibile per molti. Da qui ecco gli investimenti sulle società europee che hanno cifre di vendita molto minori. E’ il momento giusto per investire sui club di calcio in Europa”.

Che pensa del lavoro che stanno facendo le proprietà americane in Italia?
“Commisso oltre che grande imprenditore è anche un tifoso, a differenza di altri. Mi fido di lui e del suo progetto. E’ diverso da Elliott, un fondo che pensa agli investimenti e per cui il lato sportivo viene dopo, pur con gli ottimi risultati di oggi. Saputo lo conosco bene, abbiamo lavorato insieme: è economicamente molto forte e con bei progetti, mentre non conosco personalmente la famiglia Friedkin anche se me ne parlano in termini entusiastici. Conosco bene Pallotta invece, così come mi considero amico di Inter, Juventus, Milan e tante altre società”.

Capitolo Inter. Nei giorni scorsi ha ospitato l'ad dell'Inter Alessandro Antonello nel suo programma, per parlare del nuovo logo.
“Abbiamo parlato di Inter come brand, puntano sulla tradizione e sul nuovo mondo. E il nuovo logo è bellissimo. Poi del progetto nerazzurro, nonostante le questioni societarie stanno facendo un lavoro straordinario”.

E la sua International Champions Cup, quando la rivedremo?
“Difficile dirlo oggi, davvero ancora non lo sappiamo. Dipende tutto dai vari governi. I vaccini qua negli USA vanno benissimo e magari potremmo presto riaprire anche col pubblico negli stadi. Ma in altri paesi la situazione è molto diversa e per questo le squadre avrebbero limitazioni nel venire qua fra test, quarantene e via dicendo. Aspettiamo di capire le evoluzioni per decidere come muoverci”.

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