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Crisi diverse, scelte simili: Inter e Juve prigioniere dei contratti di Inzaghi e Allegri. E non solo

di Ivan Cardia
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Due punti separano in classifica Simone Inzaghi e Massimiliano Allegri, un hashtag li unisce. #AllegriOut, #InzaghiOut: i social hanno già dato i loro verdetti. Con le dovute proporzioni: la critica nei confronti dell'allenatore della Juventus ha radici profonde e dimensioni globali. Pochi giorni fa, l'urlo digitale che chiede l'esonero del tecnico livornese è arrivato al settimo posto nelle tendenze a livello planetario. Più limitata, nel tempo e nello spazio, la dimensione del fenomeno che pretende analogo provvedimento per il tecnico dell'Inter. Del resto, sono due crisi molto diverse.

Quella della Juve è più profonda. Come con Pirlo un anno, come con Sarri due anni fa, come con lo stesso Allegri tre anni fa. La circostanza che l'out, a Torino, sia ormai tradizione da quasi un lustro, suggerirebbe qualche osservazione più attenta. Forse che il pesce, come consiglia la saggezza popolare, puzza dalla testa? Sta di fatto che, nei quindici mesi dal suo ritorno alla Vecchia Signora, Max ha quasi sempre arrancato. In campo, senza entusiasmare. In classifica, col quarto posto di giugno e l'ottavo attuale. Nelle dichiarazioni, che instillano il dubbio: forse per reazione, si è trincerato nella dottrina dell'antigiochismo, ideologico tanto quanto il giochismo di chi lo avversava non troppe stagioni fa. È una piega da cui non riesce a tirarsi fuori e ricordare che nel 2015/2016 era partito anche peggio serve a poco: oggi come oggi, la Juve non dà segnali di ripresa, ogni partita è giocata peggio della precedente, persino la Champions è a rischio dopo il ko interno col Benfica.

La crisi Inter ha più spiragli. Non soltanto perché Inzaghi ha due punti in più del collega e neanche perché, tutto sommato, pure Conte nell'anno dello scudetto era fermo a dodici lunghezze dopo sette giornate. I nerazzurri, quantomeno, hanno vinto le partite che dovevano vincere. Anche alcune scelte di Inzaghi, per esempio l'estrema rigidità sugli ammoniti o il poco spazio riservato ai giovani, sanno di scarsa flessibilità e infondono il sospetto di pregiudizi teorici più che pratici. Anche il gioco dell'Inter è lontano da quello che potrebbe offrire, per non dire della distanza rispetto a quello che la stessa squadra - più o meno - offriva un anno fa di questi tempi. Però una prima differenza s'è già citata e per una grande è un messaggio di forza. Inoltre, nei suoi giocatori l'Inter sbuffa, s'arrabbia, scalcia le panchine: gesti di insofferenza, sì, ma pur sempre segnali di vita. La qualificazione Champions, peraltro, è complicata per il girone improbo, ma non compromessa per inciampi imprevedibili. Vi sono, insomma, delle diversità: se la Juve appare bloccata e incapace di tirarsi fuori dalle sabbie mobili, l'Inter sembra più che altro insicura. In difesa, ma sopratutto nella testa e nel cuore del gruppo, forse la cosa principale di cui Inzaghi dovrà curarsi. Sempre di crisi si tratta. Ma l'unico vero tratto comune sta nel fatto che, in entrambi i casi, non sono all'orizzonte ribaltoni in panchina.

Le due big prigioniere dei contratti. Arrivabene lo ha detto chiaramente, prima ancora che si verificasse il disastro monzese: esonerare Allegri "sarebbe assolutamente una follia". Marotta lo aveva dichiarato una decina di giorni fa, ora l'ha fatto filtrare silenziosamente: Inzaghi non si tocca. In entrambi i casi, almeno per ora, perché la fiducia - specie se forzata dagli eventi - non può essere illimitata. Al momento, però, né Inter né Juve cambiano allenatore. Perché non vogliono, ma anche se volessero non potrebbero fare altrimenti, prigioniere di due contratti faraonici e delle rispettive fragilità. La Vecchia Signora si è consegnata chiavi in mano ad Allegri: quattro anni a 7 milioni più 2. Nel contesto attuale, silurarlo sarebbe una mazzata per finanze già traballanti. La Beneamata ha di recente blindato Inzaghi: accordo fino al 2024, a 5,5 milioni più bonus. Dopo un'estate segnata dal costante timore di una cessione eccellente e dalle richieste della proprietà di fare cassa, figuriamoci. Ma qui si arriva ai noccioli delle rispettive questioni, perché limitarsi ai contratti non esaurisce il tema. Come potrebbe la Juve esonerare Allegri senza mettere in discussione tutto quello che è accaduto dal post Marotta in poi? Come potrebbe Agnelli dare il benservito al tecnico che ha richiamato contro il parere di mezza società? E dall'altra parte, come potrebbero Marotta e Ausilio consegnare il foglio di via a un allenatore che ha dovuto aspettare l'ultimo pomeriggio di mercato per avere in dote un difensore a costo (quasi) zero? Come potrebbe Zhang cacciare Inzaghi se il futuro dell'Inter è tutto da scrivere e alla Pinetina c'è un cartellino col prezzo appeso su quasi tutti i giocatori? Prigioniere dei contratti, ma mica soltanto di quelli.

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