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Re Mida Sartori: dal Chievo dei miracoli alla rinascita del Bologna passando per l'exploit dell'Atalanta, dove voleva portare il miglior difensore della Premier e non Demiral

di Raimondo De Magistris
Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per TMW dal 2008, è stato vicedirettore per 10 anni. Inviato al seguito della Nazionale
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Giovanni Sartori è dirigente di calcio da oltre 30 anni, da quando nel 1992 un giovane presidente di nome Luca Campedelli decise di affidare la poltrona di Direttore Sportivo del Chievo a un altrettanto giovane Sartori. Aveva chiuso da una manciata di anni la sua carriera da calciatore proprio nel club clivense e sempre lì, da vice di Gianni Bui, Sartori mosse i suoi primi passi fuori dal campo. Un paio di stagioni da collaboratore tecnico prima di intraprendere una carriera da dirigente che negli ultimi tre decenni avrebbe probabilmente meritato maggiore ribalta e opportunità. Ma in Italia, si sa, siamo spesso affascinati dal nuovo. Ci piace così tanto il giovane salvatore della patria da mostrare dinanzi alle telecamere che poi non riusciamo ad apprezzare chi ottiene risultati clamorosi sottraendosi volutamente allo showbiz. Perché Sartori ha sempre interpretato così il suo lavoro, un numero di partite viste dal vivo inversamente proporzionale alle interviste realizzate. Un lavoro sempre finalizzato alla prossima scoperta.

Il Chievo dei miracoli: dalla C alla A, ha scoperto (e rilanciato) tantissimi giocatori
Il ChievoVerona si rivela fin da subito l'ambiente ideale per il giovane Sartori. Nei primi anni, partendo dalla Serie C, ha la possibilità di sperimentare e anche di sbagliare. Di costruirsi come dirigente godendo di una fiducia quasi incondizionata figlia di una rapida promozione in Serie B. E' lì che si creano le basi per il Chievo dei miracoli, quello che con l'inizio del nuovo millennio strappa punti e apprezzamenti, titoli e applausi. Come accadrà poi con Gasperini, come sta accadendo oggi con Thiago Motta, sarà la scelta dell'allenatore a determinare la grande svolta. In quell'occasione la scelta giusta fu Luigi Delneri, il tecnico in grado di far fruttare tutte le sue intuizioni di mercato. Che furono tantissime: da Corini a Perrotta, da Marazzina ad Amauri, da Legrottaglie a Barzagli, da Manfredini a Eriberto (poi Luciano), da Frey a Pellissier. E così via... Una frazione di Verona trascinata fino alle porte dei gironi di Champions League, raccontata e romanzata come meritava. Perché in quel momento era la grande novità, perché nessuno pensava che un club come il Chievo potesse battere a San Siro l'Inter di Vieri e Ronaldo. E invece quel Chievo riuscì nell'impresa.

I confronti/scontri con Gasperini alla base dei successi dell'Atalanta
Dopo oltre 20 anni Sartori decide di rassegnare le dimissioni da dirigente del Chievo per accettare, qualche settimana più tardi, l'offerta dell'Atalanta. Era l'estate 2014 e la prima stagione che affronterà da subalterno di Pierpaolo Marino sarà complicatissima: 17esimo posto finale con tanto di avvicendamento Colantuono/Reja a stagione in corso. Nella stagione successiva prenderà definitivamente le redini dell'Atalanta: campionato più tranquillo, ma sarà solo nell'autunno 2016 che arriverà la svolta, in un famoso Napoli-Atalanta che fu figlio della giusta scelta fatta nell'estate precedente: Gian Piero Gasperini, tecnico scelto e ingaggiato dopo un lungo testa a testa con Rolando Maran.
Da quel momento in poi l'Atalanta cambierà passo: una squadra da parte destra della classifica con qualche retrocessione di troppo tra il '99 e il 2006 portata stabilmente in Europa a suon di acquisti mirati e grandi cessioni. Un mese dopo il suo arrivo acquistò Alejandro Gomez, il calciatore più rappresentativo della storia della Dea. Poi, in ordine sparso, Franck Kessie, Rafael Toloi, Marten de Roon, Remo Freuler, Andrea Petagna, Bryan Cristante, Hans Hateboer, Josip Ilicic, Duvàn Zapata e via discorrendo... Un lavoro portato avanti in simbiosi con chi guidava il Settore Giovanile, con la Proprietà e con quel Gasperini che ha ottimizzato oltremodo il suo lavoro. Negli ultimi anni s'è scritto e detto tanto sui confronti/scontri tra Sartori e il Gasp: ce ne sono stati, ma col senno di poi quei faccia a faccia hanno rappresentato le fortune della Dea.

Luca Percassi prende il controllo del calciomercato a discapito di Sartori. Che aveva chiuso Botman
E allora perché Sartori va via? Perché negli anni cambia qualcosa. Passano gli anni e Luca Percassi prende il controllo del calciomercato in un confronto sempre più diretto con Gasperini, sempre meno mediato da quel Sartori che inizia a perdere 'peso' nell'organigramma. Un esempio, forse il più emblematico. E' l'estate 2021 e dopo una trattativa durata mesi Sartori chiude l'acquisto dal Lille di Sven Botman, del centrale olandese che un anno dopo sfiorerà il trasferimento al Milan e che oggi, con la maglia del Newcastle, è il miglior centrale della Premier League. Percassi non lo ascolterà, decidendo di andare su Merih Demiral della Juventus.
La fine del rapporto è quasi naturale e si consuma dopo qualche mese: l'Atalanta sceglie D'Amico liberando Sartori che dopo riflessioni durate non poche settimane decide di ricominciare.

Riparte dal Bologna: le grandi cessioni, le prime intuizioni. E poi Thiago Motta
Il 1° giugno Sartori riparte da Bologna, da una realtà nobile del nostro calcio scivolata nell'anonimato a causa di troppe stagioni senza infamia e senza lodi. Sbarca in Emilia in un momento in cui, per decisione di Saputo, non ci sono grossi margini di manovra sul mercato. "Prima le cessioni", il diktat del presidente a cui fanno seguito tre pesanti addii: partono Svanberg, Hickhey e Theate. Un tesoretto da oltre 50 milioni di euro reinvestito solo in parte: arrivano Lucumì e Lewis Ferguson, Zirkzee e Stefan Posch. Sono le prime scelte di Sartori che poi a settembre prende la decisione più difficile: licenziare Mihajlovic per ingaggiare Thiago Motta. Lo fa consapevole di tutto ciò che vuol dire, in quel momento, licenziare Mihajlovic. La scelta più impopolare possibile che oggi sta producendo risultati sul campo: dopo 24 giornate il Bologna è settimo in classifica, a sei punti dalla sua Atalanta. Chi l'avrebbe mai detto in estate?

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