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Pelè, Neymar, Angelo e i Meninos da Vila. La storia del Santos, la cultura del futebol

di Carlo Pizzigoni
Giornalista, scrittore, autore. Quattro libri, tanti viaggi. Tutti di Calcio. Su Twitter è @pizzigo. Su Twitch con @lafieradelcalcio
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“Mil gols, Mil Gols...só Pelé, só Pelé, nosso Rei Eterno!”. Il canto risuona in tutta la cittadina di Santos, si alza, coinvolge il pubblico poi arriva il silenzio, un po’ di chiacchiericcio. La brezza che arriva dal litorale smuove, rinfresca una settimana storica. È morto Edson Arantes do Nascimento, Pelé, il nostro re eterno come canta la gente, orgogliosa e commossa. Una frase, l’ultimo verso della canzone che la torcida ha sostituito a “ E jogou no meu Santos”. Pelé simbolo del calcio, inventore del calcio, certamente quello moderno, è cresciuto e ha giocato in una sola società, il Santos Futebol Clube. Delle quattro grandi dello stato di San Paolo, lo stato più importante, demograficamente ed economicamente del Brasile, Corinthians, Palmeiras, Sao Paulo, il club bianco-nero è l’unico che gioca fuori dalla metropoli, anche se nella metropoli ha comunque tantissimi tifosi. Peixe, pesce, è il nomignolo del club, nato proprio dal dileggio delle altre torcidas che evidenziamo in tono denigratorio la sede del Santos, a pochi metri dal mare. La risposta a quelle frasi, alla maniera sudamericana, è stato l’accoglimento di quel soprannome che nasceva dispregiativo in orgoglioso simbolo.

Pelé nasce mineiro, nella città di Tres Coraçoes (nasce da lì la proposta di inserire tre cuori sulla maglia verdeoro del Brasile, per un tributo eterno al Rei), ma cresce paulista, nell’interior come si dice in portoghese per indicare le località sperdute non sulla costa di questo continente chiamato Paese che prende il nome da un albero, il Pau Brasil, incrociato dal navigatore portoghese Cabral.
Três Corações, Bauru, Santos. Lì prende il volo il giocatore che nel 1958 esaudisce la promessa che fece davanti al papà in lacrime, otto anni prima, davanti alla radio che annunciava il Maracanazo. Pelé è il diciottenne che porta il primo titolo al Brasile, l’uomo che introduce il Gigante nella storia del calcio, con qualche chapeù sulla testa dei malcapitati svedesi, anche se la partita da mandare a memoria ( si trovano spezzoni anche in rete) è quella contro la fortissima Francia, liquidata 5-2 con tripletta del mineiro-paulista.
Pelé-Santos diventa poi binomio inscindibile: il Peixe vince due Coppe Libertadores (nel 1962 contro il grande Peñarol di Béla Guttmann, e questa la racconteremo per bene un’altra volta, nel 1963 contro il Boca Juniors), poi preferisce dedicarsi alle tournée in giro per il mondo, ambasciatori per conto del Futebol.

Pelé rimane santista fino al 1974, poi inizia il post carriera nel Cosmos, nel primo dei numerosi tentativi di portare il Calcio, il Soccer negli Stati Uniti. L’eredità del genio viene raccolta da un gruppo di ragazzi. Che però il tecnico Chico Formiga, ex guardaspalle di O Rei in campo poi formatore e tecnico, non chiama crianças o garotos ma col meno comune meninos: ragazzi, insomma. E siccome quei ragazzi crescono a Vila Belmiro, quartier generale del Clube, ecco che inizia la storia dei Meninos da Vila, i figli del Santos. Che fino ad oggi continua ad essere una società che ha la profonda vocazione nel formare talento, senza disdegnare la conquista dei trofei, perché lì i giovani li mettono presto in campo senza preoccuparsi di bruciarli, come si dice qui. La lista dei meninos da Vila è interminabile, Diego e Robinho si fermano in finale di Libertadores, Neymar riesce invece a far tornare il Santos sul tetto del Subcontinente. Due anni fa, il Santos è ancora lì, a battagliare nella finale diventata unica di Libertadores contro il Palmeiras, viene sconfitto forse immeritatamente. Il direttore sportivo, l’ex Siviglia Renato, il giorno dopo doveva già occuparsi delle cessioni: Lucas Verissimo era già promesso al Benfica, Kaio Jorge andrà alla Juventus. Routine, per i meninos. Oggi i nuovi nomi, tutti prelibati sono quelli del bomber Marcos Leonardo (classe 2003) e l’esterno creativo Angelo (2004, ai suoi esordi il più giovane marcatore di sempre in Libertadores, i meninos si fanno sempre riconoscere), di cui si parla, in queste ore di mercato, in ottica Milan: parte da destra, si accentra col suo educatissimo sinistro e manda in porta i compagni che è un piacere ( sette assist nell’ultimo Brasileirao, dove ha giocato 1500 minuti circa: mica male…).

Angelo era in coda insieme a tanta gente ( ma tanta, tanta: code chilometriche, chi regala gioia, merita sempre) per porgere l’ultimo saluto a Pelé, ieri: aveva una maglia con la foto di O Rei e parlava con l’orgoglio del Menino da Vila: è stato uno di noi. E’ senso di appartenenza, è Santos, è futebol, quindi vita.

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