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Le eliminazioni altrui dal Mondiale non ci rendono migliori, anzi. Per ripartire bisogna aspirare alla grandezza

di Carlo Pizzigoni
Giornalista, scrittore, autore. Quattro libri, tanti viaggi. Tutti di Calcio. Su Twitter è @pizzigo. Su Twitch con @lafieradelcalcio
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Diceva Jorge Valdano che va sempre letto, studiato, imparato a memoria che "a vincere ci provano tutti, ma solo i mediocri non aspirano alla grandezza.”In giorni di Mondiali siamo a Doha in cerca di qualche ombra di grandezza, e la manifestazione più importante del calcio regala sempre soddisfazioni. La fase di gruppo è volata via portando con sé, come accade in ogni edizione, qualche scalpo importante. Stavolta è toccato a nobilissime europee come Germania (è la seconda volta consecutiva per i tedeschi, out anche in Russia) e Belgio. L’uscita prematura di questi giganti ha riammesso alla discussione, non si capisce bene perché, anche chi al Mondiale non è arrivato. Cioè, noi.

Sono partite quindi ironie (nel cabaret siamo sempre fenomeni), sulle squadre che, come l’Italia, vedranno gli ottavi in televisione. Mal comune, mezzo gaudio, insomma. Ecco, appunto, per riprendere i mediocri di cui parla Valdano.
La Germania se ne va dal Qatar dopo aver mostrato almeno 45’, i primi, di buonissimo livello contro il Giappone, avere giocato alla pari con la Spagna e, naturalmente, sculacciato la Costarica, una delle peggiori compagini giunte qui. L’harakiri spagnolo contro i nipponici ha però prodotto la loro eliminazione (nell’ultima gara è bastato alla squadra di giocare un principio di secondo tempo con coraggio e impeto), ed ecco giungere le ironie italiche: il sistema tedesco? La loro formazione e i loro centri federali? L’intero movimento? Questi insomma, volevano insegnare a noi e si ritrovano fuori come noi!
Il Belgio vive nello stesso girone del “tutto qui?”, la generazione d’oro cos’ha prodotto? Cosa sarà mai una semifinale mondiale, come quel piccolo Paese fosse abituato a riempire bacheche di trofei.

Il discorso potrebbe allargarsi all’Uruguay, arresosi a Portogallo e Corea del Sud, sostanzialmente prendendo il foglio di via al termine di una sorprendente performance degli asiatici nell’ultimo match, non decisivo per i lusitani. E poi chissà a chi.
Eppure i tedeschi hanno messo in mostra uno dei fenomeni del futuro, Musiala, e possono mettere in campo una batteria di giovani giocatori tutti tendenti all’élite, da Sané ad Havertz (che ha deciso con un suo gol una Champions), senza contare quel Florian Wirtz non ripresosi in tempo dall’infortunio per giocare il Mondiale. Un processo di rinnovamento che non può essere lo stesso del Belgio, che con undici milioni di abitanti non può ritrovarsi pieno di De Bruyne ma che investe sul proprio piccolo campionato ormai da tutti considerato una palestra formativa importante. Lasciamo da parte l’Uruguay che saluta la generazione dei Godin/Cavani/Suarez per accogliere un gruppo guidato da Federico Valverde e Rodrigo Bentancur, principi del centrocampo e presto affermate star nel Madrid e in Premier, senza scordare Darwin Nunez.
La fase dei gironi al Mondiale riserva sempre più sorprese anche per i miglioramenti che in ogni angolo del globo le Nazionali compiono: sono tutti preparati fisicamente, tecnicamente e tatticamente.
Torniamo quindi all’ “anche voi siete fuori”.

Un ragionamento che se nasce dalle viscere del tifoso può anche scivolare via senza complicare la situazione. Purtroppo, invece, addetti ai lavori di diversi ambiti balbettano loro pure il refrain, ed è qui che nasce il problema di un movimento come quello italiano, che è incapace di rinnovarsi. La parentesi della vittoria europea, col colpo di genio di un Commissario Tecnico che ha creato dalle ceneri un gruppo credibile, non può rappresentare un punto di partenza se anche il mondo di comunicazione, federazioni varie, responsabili tecnici e dirigenti non avvertono il drammatico momento che il movimento italiano vive, improduttivo a livello di numero di talenti e miope sotto il punto di vista delle visioni. Mancano (tante) idee. e uomini, che nemmeno si scorgono all’orizzonte.
L’idea di vedere uscire dal mondiale gli altri non migliorerà il nostro calcio, che anzi dalla più importante manifestazione del globo deve trovare spunti di rinascita.

Le quattro stelle per i quattro mondiali vinti che l’Italia ha sul petto non sono necessariamente da lucidare, sono da meritare, per ritrovare la grandezza di cui parla Valdano. Prima lo capiremo, prima ripartiremo (ora godiamoci la bellezza del Mondiale).

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