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Juventus, Roma e Inter sarebbero fallite in un anno se non pagasse Pantalone. Ma anche Bologna, Milan e Monza non se la passerebbero bene. Dare soldi al calcio significherebbe gettarli nel vuoto (ancora)

di Andrea Losapio
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© foto di Lorenzo Di Benedetto

Il nostro viaggio all'interno dei bilanci della Serie A spiega esattamente a che percorso è la notte per i nostri club. E la verità che ne esce fuori è desolante, impietosa, difficilmente equivocabile. Qualsiasi azienda che non sia in fase di startup chiuderebbe con un anno di bilanci come la Juventus, la Roma oppure l'Inter. -239, -214, -140. Milioni, non migliaia di euro. A che serve esattamente il fair play finanziario quando i club fanno come vogliono? Perché non liberare tutto, magari semplicemente trovando il modo che chi vuol far debiti li paga all'inizio dell'anno? Esempio: se io Juve voglio sforare di 500 milioni nel 2023-24, posso farlo se li anticipo sul piatto. Così le squadre non falliscono, perché se li metti in anticipo (e non dopo) vuol dire che hai la forza economica per mantenerti.

Il giochino è semplice: tutti quanti fanno debiti perché prima o poi penserà Pantalone a pagarli. Come del resto sta facendo Zhang, con un interesse ai limiti dell'usura su un bond enorme. Ora che i tassi sono anche in rialzo, come farà il presidente cinese a tenersi l'Inter? Semplice: non può. A meno che non succedano cose ancora più straordinarie delle vendite di Hakimi e Lukaku: l'Inter esultava perché aveva ridotto di 105 milioni le perdite rispetto all'anno prima, ma siamo ancora a -140 milioni. Zhang si permette di non vendere Skriniar e perderlo a 0. Ma sul serio? Non stiamo davvero perdendo di vista la realtà delle cose?

La realtà è che finché si trova qualcuno che si accolla il debito, la marcia prosegue. Quando si tira troppo la corda, muori. Con la fine delle plusvalenze allegre - perché con il Covid non è possibile farne - si è capito quanto il nostro calcio stia sopravanzando la realtà. I bilanci sono ingolfati di spese fittizie negli ammortamenti. Gli stipendi sono fuori portata e nessuno se ne rende conto. Tutti quanti stiamo magnificando il Lecce, straordinario, di questa stagione. Ma in due anni ha perso 40 milioni di euro: se non fosse andato in Serie A sarebbe stato ridimensionamento lacrime e sangue, invece è andata bene. Insomma, siamo alle prese con grandissime scommesse e pazzeschi rossi. Come quello della Roma: chissà Friedkin cosa starà pensando e se è contento della piega che hanno preso le cose. Friedkin è il Pantalone della situazione, ma con lo stadio come si fa? Perché sarebbe magnifico se la Roma ne avesse uno suo, probabilmente potrebbe competere con Milan e Inter. Arrivare all'Olimpico è un'esperienza di vita, perché logisticamente è davvero particolare. E non parliamone dopo la partita. Penelope avrebbe aspettato Ulisse invano.

Non è nemmeno questo il problema, perché gli stadi di proprietà non sono la panacea di tutti i mali. Sono un asset per vendere meglio, eventualmente, ma non certo per guadagnare di più. Basti vedere la Juventus, anche se poi l'area della Continassa è un affare edilizio, più che per la Juve in sé e per sé. Incidentalmente poi diventa un fattore, ma stiamo parlando di 40-50 milioni di ticketing all'anno: non pochi, ma poi il Milan ne fa 9 in un ottavo di finale contro il Tottenham, 5-6 ogni partita importante, in generale 3-4. Con una trentina di partite casalinghe, fate voi quanto può valere San Siro più dell'Allianz Stadium.

Il Milan sta cercando di tirarsi fuori dalle sabbie mobili delle spese pazze, pagando anche caro gli errori del passato. Calhanoglu, Donnarumma e Kessie dovevano essere venduti prima. Con Leao siamo ancora a quel punto, probabilmente quest'estate andrà via in caso non si decida a firmare. Una squadra è formata per larga parte dai calciatori. Quello che le squadre italiane dovrebbero capire è che ogni pedina è un asset che può diventare una plusvalenza. Non siamo la Premier League. Prendiamo il Bologna, per dirne uno: Saputo ha speso oltre 220 milioni nella propria presidenza, con risultati sempre negativi. È incredibile e fuori dal mondo che non sia riuscito a fare, nemmeno per sbaglio, un bilancio positivo. È brutto da dire, ma significa che c'è un'incapacità strutturale di scegliere in che direzione andare. Orsolini andrà venduto, Ferguson è una plusvalenza annunciata, Dominguez anche, Posch può diventarlo.

Spendere non vuol dire avere la certezza di vincere, quindi per una provinciale è sempre meglio incassare quando c'è l'opportunità. Mettere fieno in cascina per i momenti bui, ma anche per reinvestire. Perché Alexis Mac Allister ora costa 150 milioni, mentre Enzo Fernandez è stato pagato 127... La scorsa estate erano degli sconosciuti sui grandi giornali. Siamo diventati il Portogallo, magari un filo più competitivo perché lì ci sono sempre le solite quattro in cima. Ma non dev'essere un problema, bensì una risorsa: ricalibrarsi sui soldi per rimbalzare e cercare di creare uno spettacolo più divertente.

Ecco perché non serve dare soldi ai club di Serie A. Perché tanto sarebbero utilizzati per investimenti inutili con calciatori che non danno valore al nostro calcio. Ah, poi qualcuno mi ricorda le ultime riforme negli ultimi 20 anni a questa parte? Perché sarebbe un gran privilegio conoscerle.

I dati squadra per squadra

Inter: -140 milioni
Sassuolo: -13,8 milioni
Torino: -37 milioni
Lazio: -22,3 milioni
Salernitana: -16,8 milioni
Bologna: -46,7 milioni
Cremonese: -3 milioni
Sampdoria: --25 milioni
Juventus: -239,3 milioni
Monza: -39,4 milioni
Fiorentina: +46,8 milioni
Lecce: -17,4 milioni
Atalanta: +11 milioni
Empoli: -3,5 milioni
Udinese: -69 milioni
Hellas Verona: -5 milioni
Milan: -66,5 milioni
Roma: -214,4 milioni
Spezia: -17,7 milioni
Napoli: -51,9 milioni

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