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Juve: i perché della scelta Pirlo e il piano di mercato. Inter: una semifinale stra-meritata (e Eriksen...). Milan: una pedina a destra e una in attacco, finalmente c'è una logica. Napoli: il difetto di Gattuso

di Fabrizio Biasin
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© foto di Alessio Alaimo

Ben ritrovati. È agosto. Di solito ad agosto si cazzeggia sul nulla. Quest'anno si cazzeggia sul nulla ma con le coppe in mezzo. Il sottoscritto è arrivato al mare ieri l'altro e scrive dallo scoglio. Son 13 anni che produciamo editoriali ogni santo martedì, uno peggio dell'altro, ma possiamo garantirvi che questa volta cercheremo di batter ogni record di miseria. Provate voi a scrivere dallo scoglio. Con 34 gradi. Senza capelli e senza berrettino. Non è semplice.

Pensierini sparsi.

La Juventus è uscita dalla Champions e ha cambiato allenatore. Se la sono presa tutti con Sarri. "Inadeguato e mal sopportato". Gli hanno detto così. Ha vinto uno scudetto ma non è bastato e il motivo è semplice: il grande capo non lo voleva e comunque "lo scudetto alla Juve lo vinco anch'io" (multicit.).
Il grande capo è Andrea Agnelli e Andrea Agnelli era tutto tranne che felice di sposare il progetto Sarri. Lo ha avallato, certo, ma solo nella speranza di poterne uscire dicendo "io quello lì non lo volevo, per fortuna abbiamo vinto lo scudetto, ora si torna a fare come dico io". Non ha detto così, ma a volte le parole non servono.
Hanno sbagliato i suoi "fidati" - Paratici e Nedved - perché sì, è vero, Sarri ci ha messo del suo per non farsi amare dalla piazza, ma probabilmente non ci sarebbe riuscito neanche se avesse passato il turno in Champions o se fosse arrivato in finale.
Paratici e Nedved hanno commesso un errore elementare: fare la rivoluzione a metà. Hanno preso l'allenatore "del bel calcio", lo hanno abbandonato: niente mercato funzionale alla sua visione del calcio, una rosa (carissima) costruita senza logica, per nulla sarriana, nessuna protezione in generale. Il risultato non poteva che essere questo: esci dalla coppona, il capro espiatorio è bello è pronto.
Ora la Juve proverà a fare quello che non ha fatto l'estate passata: abbassare il suo monte ingaggi (Matuidi è il primo di una lunga serie), aiutare e proteggere il nuovo tecnico. La scelta Pirlo è certamente azzardata, ma ha molto più senso rispetto alla precedente: il campione del mondo avrà tutta la protezione necessaria (quella di Agnelli, per intenderci) che poi "è l'unica cosa che conta". Il resto toccherà al prescelto e vedremo se sarà Pirlolandia (i media che hanno dipinto un quadro che ancora non ha neppure la cornice... non gli hanno fatto un piacere) o se aver puntato su uno dei più grandi centrocampisti della storia del calcio italiano si rivelerà un clamoroso errore. Puntare sugli "Zidane" in panchina ha senso se in campo ci sono... gli Zidane. In questo momento la Juve ha altre priorità: deve vendere, deve prendere almeno un "nove" come si deve, deve soprattutto abbassare il suo monte ingaggi e contemporaneamente accrescere il valore della rosa. Un anno fa questa operazione - complicatissima - non è riuscita e, oh, comunque è valsa uno scudetto che sarà arrivato più per demerito altrui che altro... ma è arrivato. Conclusioni: Paratici e Nedved hanno sbagliato a credere di essere infallibili, Agnelli ha sbagliato a liquidare Marotta, Sarri ha sbagliato a credere che a Torino avrebbe trovato il suo ambiente ideale. Sapete chi è l'unico che non ha sbagliato? Allegri, quello del gabbione.

(Post Inter-Bayer, giù dallo scoglio).
L'Inter conquista la sua semifinale di Europa League: ci riesce con la voglia, con i denti, con merito assoluto. E sono bravi tutti, ma soprattutto Barella. E soprattutto Lukaku che rende merito a Barella. E soprattutto Eriksen. E allora sì, Conte e Eriksen sono come quei due che all'inizio non hanno troppa voglia di venirsi incontro ma poi imparano a conoscersi e diventano migliori amici. Il primo è troppo preparato per non saperlo, il secondo è troppo forte per non convincerlo.

Il Milan ha le idee chiare. Dopo tanti anni passati a scrivere l'esatto contrario è già molto. Il diavolo andrà avanti con Ibra, cerca rinforzi a destra, prenderà un'altra punta. Innesti logici per una squadra che finalmente non deve più ripartire da zero, ma può ragionare su pedine mirate. Questa cosa difficilmente la renderà una squadra in grado di ambire al titolo, ma a uno dei primi quattro posti sì. Dopo gli anni dei disastri gestionali è già molto.

Gattuso e De Laurentiis si sono fatti la chiacchierata. In 99 casi su 100 questi incontri servono alle parti per trovare accordi di carattere economico. "Io voglio 100!", "Io ti do 50!", "Io voglio 70", "Ok, chiudiamo a 60". Nel caso specifico sono servite per altro: capire se le linee guida del mercato sono comuni, garantire agli uomini vicini al mister un futuro meno incerto. Gattuso è unico, lo diciamo una volta di più, e questa è una cosa meravigliosa per questo mondo fatto di "persone poco limpide", molto meno per lui che rischia sempre di fare la figura di quello "troppo corretto". La correttezza nel calcio non esiste, figuratevi "l'eccesso di correttezza".

Qui dallo scoglio è tutto. Anzi no, forza Atalanta: contro il Psg c'è bisogno di quella che quelli bravi chiamano "impresa". Se c'è una squadra che può riuscirci è quella di Bergamo.

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