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Juve: Allegri-Chiesa, occhio a esagerare. Inter: il problema del gol e il contratto di Brozovic. Milan: la rivincita dei poppanti. Napoli: Spalletti deve fare un miracolo, ma non in campo

di Fabrizio Biasin
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Ben ritrovati nel fantastico mondo del bla bla. Nel fantastico mondo del bla bla, per fortuna o purtroppo, non c’è Amedeo Goria, soggetto assai curioso. E voi direte: cosa c’entra Amedeo Goria, inquilino al Grande Fratello facilmente ingrifabile? Niente, serve solo per distrarvi.

Il fatto è che oggi riparte il campionato che in realtà è terminato con il posticipo qualche ora fa e, quindi, tutto quello che scriveremo ora potrà essere smentito entro breve e, insomma, rischiamo clamorose figure di melma. Ma siamo qui per questo, del resto. E Amedeo Goria tifa per noi. E, quindi, grazie al suo supporto virtuale diremo tutto quel che pensiamo.

La Juve ha problemi seri, pensa te che scoperta. I risultati sono la cosa più visibile e impattante delle difficoltà allegriane, ma non dicono tutto rispetto al momento bianconero.
Ecco, la sensazione è che attualmente la Juve di Allegri sia tutto tranne che la Juve di Allegri, quella del “siamo tutti sintonizzati con il tecnico e per lui possiamo pure buttarci nel fuoco”, per intenderci. L’altra sensazione è che Allegri abbia scelto la via del bastone, più che quella della carota, una cosa del tipo “non hai capito al 100% quello che voglio da te? Allora ti accomodi in panca e lasci giocare gli altri”. Una via rischiosa, ma forse anche l’unica per ridare al gruppo l’identità pragmatica di un tempo e smarrita nel corso degli ultimi due anni.
Del resto Allegri se lo può permettere, ha 4 anni di contratto e credito praticamente illimitato. Ma la Juve no, non ha tutto questo tempo: la classifica è brutta come l’immagine di Amedeo Goria in mutande e, quindi, è chiaro che la “rieducazione” deve il più velocemente possibile passare anche da una gestione meno intransigente del gruppo squadra. Per non fare troppi giri di parole chiariremo il concetto: a meno che Chiesa abbia fatto qualcosa di clamorosamente sbagliato - ha forse parlato male del Gabbione di Livorno? - allora deve giocare, anche solo perché si tratta del più forte della compagnia.
Ultime due cosette. La prima: a prescindere da tutto fa sorridere vedere pletore di tecnici da tastiera (come il sottoscritto del resto) puntare il dito contro il sei volte vincitore dello scudetto. Sembra quasi che non vedessero l’ora di potergli dire “il tuo calcio è vecchio!” o “sei un miracolato!”. Ci vuole molto coraggio. La seconda: Agnelli si faccia vivo, dica qualcosa, dimostri di essere ancora il pater familias nella casa della Signora. Quattro chiacchiere non serviranno a raddrizzare i piedi di questo e quello, ma sono doverose nei confronti dei tifosi che, banalmente, al momento si sentono abbandonati al loro destino.

Del Milan che prima va sotto e poi pareggia a Torino, fa specie il carattere. E quello, parliamoci chiaro, o ce l’hai o non ce l’hai. In particolare stupisce la crescita mentale di alcune ex, definiamole, “pecorelle smarrite”: Tonali qualche mese fa sembrava un pupo in cerca della mamma, ora alla bisogna s’incazza come un lupo maremmano; Leao aveva l’atteggiamento di Lucignolo nel Paese dei Balocchi, ora è sul pezzo come pochi; Diaz pareva un funambolo buono per le Ramblas, ora le prende e le dà. La maturazione dei rossoneri, prima ancora che nel gioco, è arrivata nella testa di tutta una serie di “seconde scelte” che al concetto espresso dai più (“queste qui sono solo alternative ai titolari…”) stanno rispondendo con i fatti: “Alternativa sarai tu, bello di zio”.

E due parole le vogliamo dire anche sull’Inter che “deve risolvere il problema del gol, deve dimenticare Lukaku, deve…” eccetera eccetera. Se pensate che questa cosa non sia mai stata scritta/detta, pensate male, portali e media a vario titolo hanno approfittato dell’inciampo di Champions per far risuonare l’allarme. La risposta è arrivata sul campo: 6 gol al Bologna, 15 nelle prime quattro giornate di campionato, mai così bene in zona gol da 61 anni suonati. Si sono visti inizi peggiori, insomma. Ma lasciamo perdere questi numeri, in fondo quattro giornate sono troppo poche per sentenziare. Ma quattro anni sì.
E sono quelli trascorsi da quella che potremo definire “muta di Brozovic”, ovvero del centrocampista che sotto la gestione spallettiana ha letteralmente cambiato pelle, ha smesso i panni dell’inadatto per vestire quelli del quasi indispensabile. Intendiamoci, si può fare a meno di qualunque giocatore, ma alcuni sono meno sostituibili di altri. Il croato - per la quantità di lavoro che fa, per come lo fa, per la capacità di giocare contro Real e Binaghese con lo stesso “software” mentale - è praticamente unico. Ecco perché il suo rinnovo è fondamentale, ecco perché Marotta e Ausilio lavorano intensamente per trovare un accordo che porti al prolungamento dell’accordo in scadenza nel 2022. L’Inter offre 4 cocuzze + bonus, l’agente ne chiede quasi 6 tutto compreso. La distanza c’è, la voglia di colmarla… anche. Per fortuna.

E il Napoli. Uh, che Napoli. Contro l’Udinese ha fatto faville. Ma anche nel pari con il Leicester. Una squadra vera, compatta, molto spallettiana. Bene, se il tecnico dei partenopei riuscirà a convincere il Grande Capo a non pensare alle 4 vittorie su 4, ma alla sconfitta che prima o poi arriverà (oh, succede…), allora questa squadra potrà fare davvero bene.

Ps. I dati dicono che solo 852mila italiani hanno visto in video Juve-Milan, un terzo degli spettatori della stagione passata.

La sensazione è che dopo aver detto a ripetizione “occhio che la gente rischia di rompersi le balle” e “occhio che a furia di complicargli la vita la gente si romperà le balle” alla fine, la gente, si sia un po’ rotta le balle.

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