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Inter: l’ardito confronto Inzaghi-Conte. Milan: Theo, Leao e il problema più grande. Juve: idee chiare e critiche preconfezionate. Fantacalcio: due settimane di passione

di Fabrizio Biasin
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Siamo in regime di sosta, due maroni così. La sosta mi annienta, forse annienta anche voi. E questa volta anche di più. Il calendario è intasato come non mai e loro cosa fanno? Ci piazzano la Nations League che non interessa neanche a quelli che l’hanno inventata. Boh. Il dato di fatto è che decine e decine di calciatori interrompono la preparazione e raggiungono altri ritiri, con altre abitudini, altre intensità. Risultato? Il solito. Ne parliamo tra una decina di giorni…

Ma è anche la doppia settimana delle aste al Fantacalcio, che bellezza. Approfondiamo in fondo all’editoriale. Prima, pensierini.

Secondo Cassano l’Inter di Inzaghi gioca sulla falsariga di quella di Conte. Pare francamente una sparata senza costrutto. E il motivo è semplice ed è relativo alle “consegne”.
- Conte ti affida un compito e sei tenuto ad eseguirlo alla lettera.
- Inzaghi crede che ogni giocatore sia parte di un sistema in cui tutti (o quasi) sono interscambiabili.
Sono entrambi tecnici vincenti, lo dicono i fatti, ma hanno visioni diametralmente opposte. Trattasi di ragionamento persino banalotto ma, evidentemente, c’è chi non se ne è ancora accorto o finge di non accorgersene.

Riportiamo una dichiarazione del signor Nicolò Barella del dicembre 2021: “Inzaghi ci lascia più liberi di esprimerci, ci ha coinvolto con il suo carisma, dandoci la possibilità di prendere delle scelte. Questa cosa ci serviva e ci ha aiutato a tutti i livelli, dopo due anni intensi in cui lavoravamo sempre seguendo lo stesso concetto”.
E comunque a detta di Cassano persino Barella è un giocatore “normale”, pensa te.

Della questione Leao si è parlato fin troppo. Butto là anche la mia. Lui e Theo hanno sbagliato, eccome se hanno sbagliato. Ed è inutile spiegare perché. Ma la questione è un’altra: in presenza di una dirigenza più solida e di un allenatore meno “provvisorio” (almeno in apparenza) avrebbero fatto quello che hanno fatto? No, non si sarebbero permessi. E allora il vero problema è a monte: il Milan ha sempre basato la sua fortuna su figure extra campo solide, presenti, inattaccabili. La sensazione - che è solo una sensazione - è che al momento manchi “il manico”, un profilo di riferimento che abbia il Milan come unica ragione di vita, non come terza o quarta attività di riferimento. Senza un generale capace di dare solidità all’allenatore, e senza un allenatore particolarmente carismatico, la cosa più normale che possa capitare è che alle prime difficoltà la truppa pensi all’ammutinamento. Nel calcio, tristemente, è situazione tipica.

Hanno già rotto le balle a Thiago Motta e questo dopo un pareggio e 7 punti su 9 messi in tasca. Questa cosa era prevedibile, anzi, prevedibilissima. Gli amici della vecchia gestione non vedevano l’ora di poter puntare il dito e, forse, non si rendono conto che l’aria a Torino è già drasticamente cambiata.
L’allenatore ha idee chiarissime e i primi risultati sono frutto di una bella impostazione. Gli occhi, prima ancora che la classifica, sono tornati a brillare. La “sua” Juventus - quella di Koopmeiners e Nico, di Thuram e Conceicao - deve ancora nascere, nel frattempo si è vista quella delle seconde linee che si sono dimostrate fin da subito disponibili e capaci. Questo inizio ha regalato solo buone sensazioni ai bianconeri, chi vede altro lo fa per puro interesse personale.

Vi lascio a “Uh, il Fantacalcio” (Da “Odio il calcio”, Sperling & Kupfer, uno sciocco volumetto saturo di minchiate scritto dal qui presente).
 
…E niente, poi c’è il Fantacalcio. Il Fantacalcio è un universo a parte, serissimo e difficile da spiegare. Non esiste un Fantacalcio serio dove non volino stracci, si rovinino amicizie secolari, ci si mandi pericolosamente affanculo o si utilizzi ogni mezzo - lecito, ma soprattutto illecito - per sconfiggere avversari e nemici dei tuoi amici. Se il tuo Fantacalcio non rispecchia queste caratteristiche, credimi, non è un buon Fantacalcio. Ma qui, in questa occasione, non scriverò di regolamenti, metodi, tattiche, tipologie di aste, malcostumi, partecipanti furbi e meno furbi. E non lo farò perché ognuno ha il «suo» Fantacalcio e ogni Fantacalcio – come i fiocchi di neve – è diverso da tutti gli altri.
A ogni modo c’è una cosa che accomuna genere di Fantacalcio – già di per sé raro baluardo di libertà dell’uomo italico fidanzato e/o sposato – ed è la difficoltà bestiale nel convincere sei, otto o addirittura dieci persone a ritrovarsi sotto lo stesso tetto in quell’unico giorno dell’anno dedicato all’asta. Puoi anche partire con l’organizzazione sei mesi prima dell’inizio del campionato, ma stai certo che non troverai l’incastro giusto. Mettere d’accordo dieci umanoidi, in Italia, è più difficile che costruire uno stadio di proprietà o assistere a un sorteggio dei calendari dove almeno uno dei protagonisti non dica: «Tanto prima o poi bisogna affrontarle tutte». E questa – sia chiaro – è una visione delle cose credibile per la categoria degli under 30; se invece sforiamo tra gli over 30 – dove, tendenzialmente, aumentano gli sposati –, allora l’idea di organizzare una banalissima asta per questo minchia di gioco si trasforma in impresa stile Ulisse che tenta di tornare a Itaca. E il motivo – e scusateci se caschiamo nei classici luoghi comuni, ma purtroppo di questo si tratta – sono le nostre straordinarie, meravigliose, ammirevoli e insostituibili compagne di vita. E noi fantacalcisti ci dividiamo in tre categorie.

Il terrorizzato
«Amore, gli altri vorrebbero organizzare questa cosa del Fantacalcio… Io non vorrei andare, figurati cosa me ne frega, ma insistono… Che faccio?» «Hai 40 anni e vuoi giocare al Fantacalcio? Non avevi detto che eri stufo e non avresti più partecipato? E la coerenza?» «…Eh, ma insistono…» «Ok, allora fai come vuoi…». Il «fai come vuoi» è una forma di ricatto subdola e devastante, e vale come una condanna a morte senza possibilità di grazia: se non vai all’asta hai perso ogni briciolo di dignità e i tuoi amici diranno «Minchia che brutta fine ha fatto…»; se invece vai all’asta sai perfettamente che prima o poi te la farà pagare, e passerai una serata di merda a guardare l’orologio. «È l’una, devo andare ragazzi…» «Ma pirla, abbiamo appena finito i portieri…».

Il finto coraggioso
«Amore, patti chiari, amicizia lunga: ho l’asta con gli amici. Mangerò due pizze con sopra delle pizze, berrò Vov e Nutella, mi drogherò col metadone in granuli e popper, parleremo di donne dalle dubbie qualità morali, soprattutto tornerò quando minchia voglio, forse anche a mezzanotte e quaranta. L’udienza è tolta.» Lei ti lascerà andare, questo è certo, e lo farà per darti l’illusione di avere un qualche genere di potere tra le quattro mura. Ma quella, invece, sarà la tua fossa, la concessione di una sera a fronte di successivi mesi passati in una sorta di carcere coniugale, laddove l’eventuale ora d’aria – stanne certo – non contemplerà in nessun caso gli amici. Tu: «Amore, posso uscire con Coliandro? Gli hanno amputato un braccio ed è un po’ giù». Lei: «Eh eh, furbetto… Te la ricordi l’asta del Fantacalcio? Quella del ‘Stasera faccio come voglio?’ Coliandro ha anche l’altro braccio, su, dai, fai il bravo e a cuccia».

Il rassegnato
«Amore, i ragazzi organizzano il Fantacalcio…» «Ah, bravi. E TU COSA C’ENTRI?» «…Io? Niente amore, niente…»

Grazie lo stesso, Fantacalcio.

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