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ESCLUSIVA TMW - Scarafoni: "Ho scelto il mare e i fornelli. Il calcio di oggi mi fa addormentare"

di Gaetano Mocciaro
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Dal pallone ai fornelli, con vista mare. Lorenzo Scarafoni ha lasciato da qualche anno il mondo del calcio, dopo una vita a girare fra Serie A e B: Ascoli, Bari, Pisa, Cesena, Palermo fra le tappe più significative, ma anche Triestina, Ravenna e Ancona. E poi una carriera di allenatore che lo ha visto tra le altre essere vice di Carlo Mazzone a Bologna e Livorno. Da 10 anni ha optato per il mare, prima in Abruzzo e oggi nelle sue Marche, precisamente ad Altidona. E ci racconta la sua nuova vita. In esclusiva per Tuttomercatoweb:

Lorenzo Scarafoni, il calcio è alle spalle. Cosa fai oggi?
"Quello che domina nella mia vita è sempre il mare. Abbiamo uno stabilimento balneare, con bar e ristorante, a Marina di Altidona. Si chiama 'Bagni Sant'Andrea'. Classica attività sull'Adriatico e con grande semplicità e serenità portiamo avanti questa attività".

Nello specifico sei passato dal pallone ai fornelli
"Sì, sono un cuoco che si avvale di buoni collaboratori e collaboratrici. Mia moglie Elena sta in sala, ci dividiamo i compiti".

Quanto ha influito in questi ultimi anni il Covid?
"Facendo attività solo stagionale devo dire che non ha influito tantissimo. Il mare è stata una sorta di liberazione per tutti, un rifugio dove trovare un po' di sfogo e quindi per quel che ci riguarda ci riteniamo fortunati".

Il calcio lo possiamo ritenere un capitolo chiuso?
"Il calcio forse non era più per me o viceversa, non so di chi sia la colpa o il merito. Ci siamo lasciati bene e questo è importante quando ho visto che non c'era più niente da fare, che non c'era futuro quell'attività e passione mi son detto: mi paice cucinare, mi piace il mare e ho sfruttato queste due passioni per renderle una professione".

Cosa ti ha fatto maturare l'idea che il calcio non fosse più per te
"Sono strafelice di aver fatto quelche ho fatto, rifarei tutto. Ma questo calcio non mi piace, anche solo da spettatore faccio fatica a guardare una partita senza addormentarmi dopo due secondi, figurarsi viverlo in prima persona. Salvo le grandi sfide di Champions, per il resto il campionato italiano è inguardabile".

In una vecchia intervista il tuo compagno di squadra a Bari, Pietro Maiellaro, disse che nel calcio di oggi giocherebbe con la sigaretta in bocca
"Pietro era un giocatore vero e oggi veramente giocherebbe davvero con la sigaretta in bocca. Io non vorrei fare retorica, dire che noi eravamo fenomeni e quelli di ora schiappe, anche perché fare confronti fra le generazioni è complicato, sono due mondi diversi. Diciamo che determinati giocatori che sono stati osannati 30-40 anni fa non sarebbero mai entrati in uno spogliatoio di Serie A e non mi riferisco per il lato tecnico quanto comportamentale, etico".

C'è un riferimento preciso?
"Ho avuto la fortuna di avere presidenti come Rozzi, Anconetani, Matarrese, Lugaresi. Da questi presidenti imparavi sempre qualcosa, erano delle icone che hanno fatto epoca. Ripenso a un aneddoto legato ad Anconetani durante la mia esperienza a Pisa, con Christian Vieri. Aveva 18 anni ed ebbe un alterco col presidente e da quel momento non giocò più. Sono certo che quell'episodio e quell'esperienza servirono tantissimo a forgiare Vieri, che pian piano è cresciuto ed è diventato quel che è diventato".

Calcisticamente hai avuto grandi tecnici, da Mazzone a Boskov
"Mazzone è stato calcisticamente un padre, mi ha dato molto come calciatore e sono stato anche il suo vice in panchina. Boskov fu altrettanto importante, colui che fece giocare a tutti noi ragazzi ad Ascoli. Diciamo che ancora non ci avevano sdoganato. Ma in generale ho avuto grandi allenatori, penso a Castagner, Bolchi, Veneranda che a mio avviso è stato uno dei migliori e sottostimato".

Nel tuo post carriera hai avuto l'occasione di lavorare con Maurizio Sarri
"Ero ad Avellino, andai per allenare e mi ritrovai a fare il direttore tecnico. Mi chiesero quale allenatore prendere e c'era una rosa di tre candidati: Pioli, Carboni e Sarri. Con Pioli avevo fatto il corso di allenatore, sapevo che era bravo ma per la piazza di Avellino serviva uno un po' più 'fumino'. Scelsi pertanto Sarri, l'esperienza però durò poco per entrambi poiché vigeva un clima di grande confusione all'epoca con i fratelli Pugliese".

Da calciatore ti paragonavano a Valdano. A cosa si doveva questo accostamento?
"È un paragone che fece Castagner perché avevo caratteristiche di gioco alla Valdano, ossia giocavo a tutto campo per non dare punti di riferimento. E poi per qualche leggera somiglianza nell'aspetto ed è nata questa diceria".

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