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Massimo Sandrelli: "Mario Sconcerti e quelle pagine mai lette..."

di Redazione TMW
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© foto di Federico De Luca

Qualche giovane collega mi ha chiesto un aneddoto dei miei anni di fratellanza con Mario Sconcerti.
Non so da dove cominciare.
Eravamo ragazzi, c’eravamo conosciuti ai campini dello stadio.
Lui era un “predestinato” e fu il più giovane inviato speciale sportivo.
Lo fece Antonio Ghirelli.
Un po’ lo invidiavo, anni dopo mi confessò che lui invidiava me che potevo fare il nostro mestiere stando a Firenze.
Già fiorentini sempre e comunque, soprattutto e dentro ogni avventura.
Era un vero fuoriclasse.
Approdò a Repubblica dove Scalfari gli chiese di inventare delle pagine sportive che fossero da Repubblica.
Lui si trovò a gestire Gianni Brera che lo chiamava il Navarro per il suo aspetto mediterraneo.
Ai mondiali di Spagna dell’82, mi chiese una mano. “Mi devi aiutare, tutte le sera a cena con Brera sono un tormento, Lui parla mangia, beve e parla. Facciamo i turni: una sera tu ed una io, d’accordo?” E come potevo rifiutare. Per me era come affacciarmi in un’altra dimensione.
Quindi cene luculliane e alla fine partite di scopone contro Mario Soldati.
Con Mario Sconcerti si parlava di Fiorentina, sempre, e di Firenze, la nostra Firenze: lui del Poggetto, io di via de’ Neri. Da Repubblica balzò alla Gazzetta, dove si sentiva stretto da un difficile rapporto con Candido Cannavo’. Lo chiamo e gli chiedo se è vero che Repubblica sta per aprire una redazione fiorentina. Lui, quasi seccato, mi risponde che non ne sapeva niente ma che all’indomani avrebbe incontrato Scalfari. Così fu e mi disse che il capo di quella redazione sarebbe stato lui, volevo essere il suo vice? Accettai anche se dentro masticavo amaro. Non mi è mai piaciuto fare il vice. Ma con Mario fu diverso. Pieno di talento e turbe, tanto ipocondriaco quanto fantasioso, inventò un altro giornale rispetto alle consuete cronache cittadine. Le quotidiane riunioni erano pirotecniche poi alla fine restavamo da soli e si parlava di Fiorentina.
Allo stadio, in tribuna stampa urlava come fosse in curva. Quando scoppiò il caso Baggio, da Roma ci dettero dei “soliti tifosi”. Lui non si dette per vinto. Con Massimo Sestini decise di far stampare un manifestino che sulla foto di Roberto portava la scritta Ciao campione e fu distribuito con il giornale. Che sofferenza. Sconcerti, dopo un’esperienza alla redazione milanese, volle cambiare ancora e andò a dirigere il Secolo XIX di Genova, per poi tornare da direttore dove aveva cominciato, al Corriere dello Sport-Stadio.
La sua anima viola non si era stemperata e su Stadio titolava le vittorie della Fiorentina con un cubitale GODO.

Nel 2000 si stanca e lascia. Vittorio Cecchi Gori lo chiama. Lo vorrebbe nella Fiorentina ma i suoi frenano. Lo inserisce nella Cecchi Gori Group ma il destino era segnato e lo nomina amministratore delegato viola. Mi chiama.
La mia esperienza nel gruppo Cecchi Gori l’avevo già fatta. Ero in Federcalcio. Insiste, non mi puoi dire di no, è il nostro sogno. Rischio una crisi con la mia compagna ma alla fine cedo. La situazione precipita. Cecchi Gori licenzia Terim, se ne vanno in otto compreso Antognoni. Viaggi notturni, veglie, lui convince Ottavio Bianchi.
Poi si smatassa la vicenda Mancini. Si ricomincia con la squadra sulle gambe. In campionato così e così ma si arriva alla finale di coppa Italia. Mario ha sempre preso sonno a notte fonda. Si consumava con le sue elucubrazioni, tormentando anche la povera e dolcissima moglie Rosalba. Quelle ore furono tremende. Tensione, timori, rabbia nella contestazione, poi il successo. Mi ricordo l’abbraccio in tribuna d’onore. Eravamo due fiorentini in cima ad un sogno. Tutto il resto poco importa. Cecchi Gori si era ingelosito. Lui dette le dimissioni e io me ne andai. Nella prefazione del mio libro, racconta che nella lettura aveva volutamente saltato quelle pagine.
Lo avrebbe fatto poi quando il ricordo fosse stato meno amaro.
L’ultima volta ci siamo visti l’estate scorsa, quando Franco Borghini sindaco di Monte Argentario gli ha consegnato un premio giornalistico alla carriera.
C’era anche Antonello Venditti.
Gli chiesi se avesse finalmente riletto quelle pagine. Sornione, non mi rispose. La vita ciclicamente offre delle stagioni, tutte diverse.
Quando ti volti e non trovi più un tuo “fratello” entri nella stagione della tristezza nella quale è dannatamente facile smarrirsi.

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