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29 maggio 1985, la strage dell'Heysel: muoiono in 39 persone prima di Juventus-Liverpool

di Andrea Losapio
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Il 29 maggio del 1985 è uno dei giorni più cupi del calcio europeo in generale, italiano in particolare. Perché allo stadio Heysel di Bruxelles si gioca Juventus-Liverpool, ma è quello che succede prima a sconvolgere il mondo. Trentadue italiani, quattro belgi, due francesi e un nordirlandese muoiono in seguito ai tafferugli, mentre in seicento sono feriti. La finale di Coppa Campioni è attesissima per i bianconeri, sesti in Serie A in uno Scudetto vinto dall'Hellas Verona di Osvaldo Bagnoli. Il Liverpool è il vincitore uscente, dopo avere battuto dodici mesi prima la Roma, in un match ricordato soprattutto per i balletti di Grobelaar ai rigori.

L'Heysel è uno stadio vecchio, che ha ospitato però le finali del 1958, del 1966 e del 1975, oltre agli Europei del 1972. La ristrutturazione è di una decina di anni prima, ma l'impianto è comunque fatiscente e senza vie di fuga, con muri vecchi e fragili da cui cadono anche i calcinacci. I biglietti in vendita sono sessantamila, la richiesta è molto maggiore. Gli italiani sono di più, ma la UEFA decide di destinare il settore Z ai tifosi che non appartengono ai gruppi organizzati. In tempi di hooligans, non proprio la migliore delle idee, anzi. La scelta è contestata da entrambi i club che temono l'incolumità dei propri supporter, ma chi decide non vuole sentire ragioni.

All'Heysel entrano molti tifosi inglesi senza biglietto. Ci sono anche ultrà del Chelsea infiltrati. Alle 19.20, a meno di un'ora dal fischio di inizio, si scatena il pandemonio. La rete che divide i settori è decisamente inadeguata per contenere i tifosi inglesi, mentre dall'altra parte del settore Z - per i tifosi neutrali, appunto - c'è il muro. Insomma, sembra una trappola per topi e si rivelerà tale. In quel momento incominciano le cariche da parte degli ultras del Liverpool per cercare di "prendere la curva", il settore dei tifosi italiani. I poliziotti a fare da cordone di separazione sono cinque e quando le reti di recinzione vengono giù non c'è modo di evitare il contatto.

Così tutti cercano le vie di fuga. Impossibile uscire dall'alto, entrare in campo non è previsto perché gli agenti lo manganellano. Così tutti si schiacciano verso la file del settore Z, con qualcuno che salta giù. Il muretto, a un certo punto, non regge più e crolla. In molti restano schiacciati e alcuni muoiono calpestati da altri tifosi. Il battaglione della polizia arrivò oltre mezz'ora dopo, a disastro compiuto.

In campo la partita si gioca comunque - con un'ora e venticinque di ritardo - con Platini che segna su rigore il definitivo 1-0. Una coppa insanguinata. Va detto che nessuno voleva giocare, ma la UEFA e le autorità belghe obbligano entrambe le squadre, perché l'effetto rinuncia avrebbe portato a ulteriori rivolte. Perché chi era dall'altro capo dell'impianto non poteva percepire il problema. Il rischio di "un'apocalisse", come spiegò poi Boniperti, sarebbe stato troppo ampio.

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