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Noi e Cruyff

di Claudio Nassi
per Claudionassi.com
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Volevo fare il giornalista sportivo. Mi presentarono ad Aldo Bardelli, vicedirettore di Stadio, un maestro. Cominciai a collaborare a "Rotostadio", rubrica del giovedì di Luciano Parisini, con un titolo a doppia pagina: "Così si gioca in undici". Nei dieci anni da calciatore mi ero accorto che si era voluto costruire un difensore centrale, lo stopper, in grado di marcare il centravanti avversario. Forte di testa e sul piano fisico, ma avevano dimenticato i piedi. Non erano educati e un neofita notava la mancanza. Assunto da Tuttosport, rimasi sei anni al giornale, prima di lavorare nelle società. Rubai al basket le statistiche e dal '78, alla Pistoiese, le applicai al calcio. Poi lo psicologo. Vent'anni prima aveva accompagnato il Brasile ai Mondiali in Svezia.

Uscito il 30 giugno '82 dalla Sampdoria, non volevo più lavorare nelle società. Fondai la AIM con due soci e, primi procuratori in Europa, gestivamo i migliori calciatori. L'idea era quella di imitare McCormack e Donald Dell con i campioni di golf e tennis. Nell''84 tornai nel calcio, al Perugia in B. Poi la Fiorentina. Una nuova uscita e ad Arezzo l'addio. Da quel momento riordinai le idee e confezionai, con amici, un annuario tecnico-statistico: Tuttocalcio. Non aveva l'eguale. Condensava le esperienze, a partire dal tempo effettivo, denuncia quanto mai grave. C'era chi giocava tre partite più di altri. Si apriva con "I dieci comandamenti". Partivo da considerazioni determinanti: la sacralità del gol e la divisione del terreno di gioco in due metà, 89 metri e 16, dove sapevano giocare quelli baciati da Madre Natura o dal Signore.

A distanza di anni i profeti dello schema non hanno ancora capito. Correva l'anno '90. Grazie alle mie convinzioni, avevo fatto non male. Nella Sampdoria di Mantovani e la Fiorentina del Conte Pontello acquistavo, uno dopo l'altro, i giovani più interessanti di B e C. Dai 16 ai 22 anni. Nel 2016 esce l'autobiografia di Cruyff, letta nuovamente in questi giorni. Ecco alcune delle 14 regole, come il numero della maglia dell'olandese: l'iniziativa, il coraggio di fare qualcosa di nuovo; la personalità, siate voi stessi; la tecnica, è la base; le tattiche, sappiate cosa fare; la creatività, la bellezza dello sport. Non parla di schemi, che devono esistere solo su palla inattiva, chi è stato il più grande dopo Pelé e ha fatto la rivoluzione due volte, di piedi e con la testa, come vogliono Buffa e Pizzigoni. 


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