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ESCLUSIVA TMW - Progettazione e continuità: ecco il sogno Feralpisalò. Lo racconta Luca Siligardi

di Claudia Marrone
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Mesi invernali molto prolifici per la Feralpisalò, che ha da poco tesserato Marco Sau: colpo offensivo di questo anno, mentre lo scorso anno la formazione gardesana riuscì a calare un altro asso. In riva al Garda, nel gennaio 2022 arriva infatti Luca Siligardi, attaccante che non necessità certo di presentazioni. Carriera divisa tra Serie A e Serie B, una serie, quella cadetta, dove spera di riapprodare presto insieme ai verdeblù.
Un'analisi di tutto quello che è il momento dei Leoni del Garda, è stata fatta ai microfoni di TuttoMercatoWeb.com proprio dal classe '88.

Diverse gare al termine della stagione, ma una sorta di bilancio si può tracciare: che stagione è per voi?
"Stiamo facendo un'ottima annata, nella quale siamo partiti con l'intenzione di miglioraci dalla passata stagione. Chiaramente di gara in gara è arrivata una sempre maggiore consapevolezza, e non mi sorprende la classifica che attualmente abbiamo: quest'anno, rispetto allo scorso anno, abbiamo più continuità, e questo credo stia giocando a nostro favore".

Parola chiave, continuità. Credi che questo, unito alla progettazione da tempo in atto nel club, sia poi un punto a favore anche del campo?
"Assolutamente sì, nel calcio anche la continuità progettuale conta, e quando ho scelto di venire qui ho avuto solo feed positivi sul club, che ho poi visto concretamente con mano. È una società giovane, è vero, ma ambiziosa e intelligente nello sviluppare un progetto, si lavora veramente bene. Basta vedere come stanno crescendo i giovani: ne abbiamo tanti bravi e promettenti".

Giovani che però crescono perché il club ha dato alla rosa anche profili di esperienza come il tuo. La regola degli under, a tal proposito, non è fine a sé stessa?
"Io non mi trovo particolarmente d'accordo con questa regola, nei giovani dobbiamo crederci, come fa la Feralpisalò, ha senso solo questo, non farli giocare perché lo impone una normativa: non è così che si permette loro di maturare e costruirsi, anche un futuro".

Una delle anomalie della Serie C, campionato per altro a te sconosciuto fino a un anno fa. Che torneo stai trovando per quel che hai avuto modo di vedere?
"È vero, per me era un campionato nuovo e dovevo capirlo anche io, ma ho trovato tante squadre attrezzate con idee di gioco, non è il campionato che spesso dall'esterno viene descritto come senza qualità: ci sono molti giocatori che potrebbero fare la B per la qualità e il livello che hanno. E dirò di più, probabilmente la Serie C è anche più difficoltosa della B, ci sono realtà con moltissime più sfaccettature, campi alle volte ostici anche a livello di terreno su cui serve grande spirito di adattamento. Vincere non è facile".

A proposito, nel vostro girone Pordenone e Vicenza erano le favorite. Vi aspettavate di dover invece battagliare con le outsider Pro Sesto e Lecco?
"A inizio stagione tutti pensavamo che Pordenone e Vicenza, retrocesse dalla B, fossero le due favorite, quelle da battere, ma non sempre spendere tanto vuol dire vincere automaticamente. Il Lecco e la Pro Sesto hanno mostrato compattezza di gruppo e ottime idee di gioco, hanno preso fiducia e stanno dimostrando che possono stare li dove sono. Quando non ci sono tante aspettative si gioca più spensierati, quando invece queste sono troppo alte il rischio passo falso c'è".

Chiaro però che la pressione ora si inizia a far sentire, anche per voi...
"Noi vogliamo migliorarci rispetto all'anno passato, come dicevo, abbiamo più continuità e questo già è ottimo, ma chiaramente, per come si è messa l'annata, dispiacerebbe non sfruttare una certa occasione. Però, come si vede dalla stessa classifica e dai risultati di ogni weekend, c'è molto equilibrio. E ci sarà da combattere fino alla fine".

Anche il Parma, club che conosci bene, dovrà combattere fino alla fine. Ti aspettavi che faticasse così tanto nel campionato di B?
"Già da quando ho lasciato io la formazione ducale ci sono stati molti cambi, ma per me la società ha azzardato troppo con tanti giocatori stranieri in rosa: giocatori sì di qualità, ma senza conoscenza del campionato di Serie B, dove serve invece una certa esperienza. Pecchia è un allenatore top, averlo significa avere l'ambizione di vincere, ma a Cremona è andato tutto liscio perché la rosa grigiorossa era formata da calciatori italiani che avevano già vinto campionati cadetti. È questo quello che manca al Parma".

Chi invece non vincerà il campionato, salvo clamorosi colpi di scena, è il Livorno. Ti fa male vederlo in Serie D dopo una travagliata stagione in Eccellenza?
"Sì, davvero molto, perché a Livorno sono legato da tanto affetto, mi è stato dato e sono certo di averlo ripagato. Quelli in Toscana sono stati per me anni importanti, ho svoltato perché è da li che ho potuto avere una certa continuità di carriera, è li dove, nonostante due infortuni, mi è stata data quella fiducia che mi ha fatto rivenire fuori. Purtroppo il rischio che con l'addio di Spinelli ci fossero problemi era alto, è successo ma spero che che l'attuale proprietà abbia in mente un progetto che riporti i labronici dove meritano. E per "dove meritano" intendo almeno la Serie B".

Riavvolgiamo il nastro: nel 2008 hai vinto il Torneo di Viareggio, a oggi forse l'emblema maggiore di un calcio da rifondare. Poco appeal, poca gloria.
"Ai miei tempi il Torneo di Viareggio era il più importante a livello giovanile, era una competizione bella e affascinante, e, soprattutto in caso di vittoria, una grandissima vetrina per i giovani. Negli ultimi, purtroppo, se ne sta parlando sempre meno, e quando di una cosa si parla poco è perché sta scemando, anche tanti ragazzi giovani con cui ho parlato mi dicono che è molto trascurato: un vero peccato. Era anche una bella opportunità per le leghe dilettantistiche, una grande opportunità. Spero si possa tornare ai fasti di un tempo".

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