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TMW - Roberto Baggio: "Sogno ancora il rigore col Brasile a USA 94"

di Luca Bargellini
Fonte: dal nostro inviato Lorenzo Marucci
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© foto di Federico De Luca

Dal palco del Teatro Sociale di Trento, nell'ambito del Festival dello Sport, ha preso la parola Roberto Baggio. Ecco quanto raccolto dall'inviato di TuttoMercatoWeb.com: "Da piccolo giocavo con la pallina da tennis in casa con i miei fratelli, rompevamo i vetri. Oggi quello che manca è il calcio giocato per strada. Quando ero piccolo volevamo giocare ovunque, anche in strada, passavamo ore ed ore sull'asfalto".

La maglia numero dieci: "È una maglia importante, che hanno indossato in passato tanti campioni che mi piacevano come Zico. Sognavo fin da piccolo di indossare quel numero".

La cosa più importante nella carriera di un calciatore? "L'umiltà. In questo modo non hai paura delle sconfitte perché sai come rialzarti nella vita":

L'affetto dei tifosi? "L'ho sempre vissuto in modo semplice, mettendomi dalla loro parte. So cosa vuol dire incontrare un giorno un idolo, so che è importante dedicare del tempo a chi è affezionato a te. Ho sempre cercato di regalare gioia alla gente attraverso il calcio. Giocavo col desiderio di regalare gioia".

Il gol più brutto che ho fatto? "Il secondo contro la Fiorentina nel 2002 dopo l'infortunio. Pensavo di essermi fatto di nuovo male per fare gol"

Il gol mancato a Francia '98? Avevano spostato la porta (ride, ndr). Avevo visto Barthez che mi veniva incontro e ho pensato di tirare al volo. Poi però si è fermato: me ne fossi accorto avrei calciato in altro modo".

Il Vicenza? "È stato un sogno, andavo da bambino a vederlo in A. Mi arrampicavo per vedere il campo. Indossare quella maglia è stato incredibile".

La Fiorentina? "Arrivai a Firenze dopo un grave infortunio. Non ho giocato per due anni e al terzo non stavo ancora bene. I due anni successivi ho giocato bene e mi sentivo in debito per l'affetto della gente che mi ha sempre aspettato. Con la tifoseria si era creato un legame profondo e a Firenze ho conosciuto anche il buddismo, la svolta della mia vita. La sciarpa raccolta per la prima gara a Firenze con la Juve è stato il mio modo per dire grazie. Tentai di rimanere in viola, ci stavo bene, ma avevano già deciso tutto. Bastava essere chiari".

La rivolta dopo la mia cessione? "Ci furono tre giorni di guerriglia, i tifosi non accettavano quella decisione e io mi sentivo colpevole di questa situazione, di questo caos che non avrei voluto. Anche se io ero il meno colpevole. Ho detto sempre la verità ma quello che è successo davvero è emerso solo dopo vent'anni. Io sono sempre stato coerente".

La vittoria del Pallone d'Oro? "Non me lo aspettavo, pensavo alla squadra, subivamo il grande Milan. Feci tanti gol e il pallone d’oro fu qualcosa in più"

L'avventura al Milan? "In rossonero ho avuto la possibilità di vincere uno scudetto, giocando con tanti campioni".

Il Bologna? "È stata una tappa importante perché al Milan c'era il rischio di non giocare con continuità e visto l'arrivo dei Mondiali scelsi Bologna. Ho scoperto una città fantastica. Avevo bisogno di giocare, solo così ero felice".

L'Inter? "Ero felicissimo di vestire la maglia nerazzurra. L'anno prima mi avevano già cercato a gennaio ma non me la sono sentita di lasciare Bologna e i suoi tifosi. Li avrei traditi".

I miei problemi con gli allenatori? "La gente mi voleva bene e quando non giocavo protestava, così per gli allenatori era difficile gestire la situazione".

Lippi? "Non tolgo i meriti a nessuno, ho avuto buoni rapporti anche con Sacchi poi si sono un po’ incrinati".

Brescia? "Cercavo una squadra vicino a casa dopo tre mesi ad allenarmi da solo. Speravo nel Vicenza ma forse non avevano capito... Una sera mi suona il telefono e mi dicono che Mazzone voleva parlarmi. Mi chiede se ero disposto ad andare al Brescia: dico va bene. Da lì è nata la favola di Brescia".

Il Mondiale di USA ‘94 e il rigore sbagliato "Non avevo mai tirato un rigore alto sopra la traversa: è stato l'unico nella vita. Non era l’ultimo rigore ma detti il colpo di grazia. Tante volte prima di andare a dormire mi viene in mente. Da bambino sognavo di vincere una finale Italia-Brasile. L’unica cosa che non avevo sognato era che potesse finire con un mio rigore sbagliato"

Il rapporto con la Nazionale? "La vivevo come un momento particolare, ci sentivo tanto. Avrei dato tutto anche per prendermi una grande rivincita dopo il 1994. Nel 2002 avevano allargato le rose perché speravano ci fossimo anche io e Ronaldo. Resto a casa. Forse passo per presuntuoso ma credo che meritassi di essere convocato per quel Mondiale anche se qualcuno aveva dubbi su come stavo. Meritavo di andare, me lo doveva il calcio. È forse anche per questo che mi allontano dal calcio (voce molto emozionata)

I tanti infortuni? "Un calvario, un giorno dopo la prima operazione dissi a mia madre di ammazzarmi".

Il Buddismo? "Cercavo qualcosa che mi facesse capire che tutto dipendeva da me. Davo la colpa agli altri fini a quel momento ma non era così. Ho trovato poi il mio Maestro del Buddismo, gli devo molto, ho imparato tanto e non avrei vinto su queste sofferenze della mia vita senza di lui. I miei genitori hanno visto il mio cambiamento ed erano felici. Noi abbiamo tutto dentro di noi per essere felici. Dal 1988 faccio meditazione minimo un’ora, mi fa star bene e mi dà energia, mi dà la forza per andare oltre, per superare le nostre paure.

Mazzone? "Mi ha trasmesso la sua semplicità. Non aveva problemi con i suoi giocatori, non viveva il conflitto tra giocatori e allenatori, persona saggia".

Soldi? "Non sono schiavo del denaro. È importante, ovviamente, ma credo gli vada dato il giusto valore. Certe cose non le compro col denaro".

La caccia? "È una parte importante della mia vita. Ci andavo con mio padre. Mi è rimasta dentro. Qualcuno abbina la caccia solo allo sparare, ma c’è un lavoro dietro che la gente non conosce. Lo sparare è l’atto finale ma c’è sempre una vena di malinconia quando torni a casa con le prede".

Gli amici? "Difficile sceglierli, viene tutto naturale col tempo, con cose che condividi insieme. Indipendentemente dal tempo che passi con loro"

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