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Mondiale per club, Calcagno: "Comportamento inspiegabile della FIFA. Senza dialogo si va allo scontro"

Esclusiva TMW
di Ivan Cardia
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© foto di www.imagephotoagency.it

Un mondiale fantasma: è quello per club voluto, nel nuovo format, dalla FIFA di Gianni Infantino. Programmato nell'estate 2025, al momento se ne conoscono i club qualificati e poco altro. Non sono note le sedi delle partite, gli accordi di sponsorizzazione e quelli televisivi, il montepremi per le squadre partecipanti. La collocazione temporale, a cavallo tra la stagione 2024/2025 e quella 2025/2026, crea inoltre diverse problematiche, alle società e soprattutto ai calciatori. Questi ultimi sono sul piede di guerra: è di ieri la notizia dell'adesione dell'assocalciatori italiana, insieme ai sindacati inglesi e francesi, alla causa intentata contro la FIFA da FIFPro Europe, il sindacato europeo dei calciatori.

A TMW ne ha parlato Umberto Calcagno, presidente dell'AIC. Inevitabile, nel day after la sconfitta con la Spagna, partire però da un breve commento sulla Nazionale di Luciano Spalletti: "Oggettivamente non abbiamo affrontato la partita nel modo giusto. Certo, avevamo di fronte forse la nazionale con i migliori talenti che si siano visti finora agli Europei".

Ci siamo sopravvalutati dopo la gara contro l'Albania?
"No, secondo me se si fanno partite come quella contro l'Albania, anche contro la Spagna, si riesce ad avere un equilibrio differente. Al di là dell'impatto che certe individualità possono avere, oggettivamente se fossimo stati quelli visti contro l'Albania sono convinto che le frecce al nostro arco le abbiamo anche noi. A me è dispiaciuto che ieri le nostre individualità, che ci sono, non siamo riusciti a metterle in condizione di poter fare male alla Spagna".

Torniamo al tema centrale. Avete aderito alla causa intentata contro la FIFA dalla FIFPro Europe.
"Era una cosa concordata sin dall'inizio. Abbiamo fatto riunioni che hanno coinvolto anche le associazioni delle leghe mondiali ed europee. È qualcosa che speriamo possa essere portato avanti, quantomeno anche dalle leghe europee. C'è unità d'intenti, a partire dalla volontà di preservare la salute dei calciatori: oggi anche i club, che vivono a contatto con i calciatori, stanno iniziando a capire quanto sia importante evitare questa china che pare ormai irreversibile. I dirigenti delle squadre che dovrebbero giocare questo mondiale sono molto preoccupati da questo punto di vista".

La speranza, immaginiamo, è che non serva arrivare alla fine dell'iter giudiziale ma che la FIFA cerchi un terreno d'incontro.

"Senza dubbio. La cosa che lamentiamo più di altre è che ci sia mancanza di dialogo. A livello giuridico, contestiamo il fatto che un ente, peraltro l'ente regolatore, organizzi una nuova competizione senza dire niente a nessuno. Credo che anche solo per questo, sotto il profilo strettamente legale, ci siano buone possibilità circa l'esito. Ma spero che ci si possa sedere a un tavolo, sul serio: non vogliamo passi il messaggio che i calciatori intendono ostacolare le grandi competizioni, siamo consapevoli che da lì arrivano le risorse che portano avanti il calcio".

Ha la sensazione che anche i club interessati, e che magari avevano celebrato la qualificazione, stiano iniziando a dubitare di questa competizione?
"Io credo che le società si siano rese conto che la maggior parte degli introiti finisce in stipendi pagati a calciatori infortunati. E anche che gli infortuni portino ad abbassare il valore dei tesserati. Ci si sta rendendo conto che tutelare la salute dei giocatori vuol dire tutelare il patrimonio della società. Anche il più bravo, se deve giocare 80-85 partite, non può rendere al massimo. E così la qualità del prodotto diventa più scadente".

Come si spiega questo processo unilaterale di decisione da parte della FIFA?
"Per me è inspiegabile. Come gente di calcio, penso a Infantino che fa parte di questo mondo da una vita, possa pensare di imporre unilateralmente una cosa del genere mi sfugge".

E che rischia, penso alle parole di Platini di ieri, di spingere la gente verso la Superlega.
"Voglio chiarire un punto: noi non siamo contro il sistema. Vogliamo però che funzioni meglio, che ascolti le istanze che provengono dal mondo dei calciatori e da quello delle leghe. Preservare la salute, il merito sportivo e i campionati nazionali credo siano valori di gran lunga superiori a quelli che possono stare alla base di una mega competizione".

Voi non siete contro il sistema, chiaro. Ma così la FIFA, e di riflesso anche la UEFA, si rendono impopolari…
"Beh, è chiaro che un comportamento del genere della FIFA non aiuta a stare tutti insieme. Non parlo dell'aver creato una nuova competizione, ma di averla imposta unilateralmente senza ascoltare nessuno".

La FIFA non è andata troppo avanti negli annunci per poter tornare indietro sul mondiale senza farlo passare come un autogol?
"Se si riconosce che farlo con queste modalità e tempistiche è stato un errore, ci si siede a un tavolo e si riprogramma il futuro. Se invece entriamo in queste dinamiche, si va allo scontro muro contro muro e vedremo alla fine chi avrà avuto ragione. Mi auguro però che si entri nella stagione del dialogo, con tutti".

L'impressione è che si vada sempre nella direzione di aumentare il numero di partite. Mondiale per club, nuova Champions, supercoppa...
"Beh, i nostri campionati interni generano lo stesso numero di partite da vent'anni. Se n'è aggiunta una con la supercoppa a quattro, ma non cambia molto. Non possiamo risolvere la questione noi con la lega, anzi siamo in sintonia ma vanno creati nuovi equilibri. Io non dico che il nostro mondo non debba cambiare, ma dobbiamo capire con quali modalità. Oggi ci sono delle forzature dalla FIFA che non ci piacciono. Nel merito, si può discutere. Se non si può fare, però, il problema è alla base".

A proposito di problemi: quello dei contratti in scadenza al 30 giugno 2025 è sostanzialmente irrisolvibile.
"Guardi, le faccio un esempio dall'attualità. Pensi a Mbappé: secondo lei il Real Madrid lo lascerebbe al Paris Saint-Germain fino a fine mondiale? Stiamo parlando del nulla, di calciatori che farebbero la prima metà del mondiale con una squadra e la seconda con l'altra. Ma questa è solo la punta dell'iceberg. Penso alle ferie: i calciatori sono bravi e fortunati, fanno il lavoro più bello del mondo, ma hanno diritto anche loro a passare quattro settimane all'anno per rigenerarsi. Conviene a tutti. Già hanno perso la pausa invernale, sulla quale per inciso continuiamo a insistere: oggi si parla di togliere anche il periodo estivo. Penso ai giocatori di Inter e Juventus: mi chiedo come faranno a iniziare in tempo il campionato se avranno, come è sempre stato, le tre settimane di break. Cosa facciamo, Lautaro o Chiesa fanno ferie differenziate? Si fermano tre settimane a novembre? È una cosa ingestibile, e aggiungo un dato: il danno che hanno subito alcune società dagli infortuni è superiore agli introiti derivanti dalla partecipazione alla Champions League. Sono aspetti inevitabilmente collegati".

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