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Due anni di Elliott: da Gattuso a Rangnick, brutte figure in Europa. Ha speso già 650 milioni

di Andrea Losapio
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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Il dieci luglio del 2018 il fondo Elliott diventava il nuovo proprietario del Milan. Una soluzione capitata quasi per caso sulla testa del fondo di investimento che aveva prestato 303 milioni di euro al misterioso Yonghong Li, senza però ricevere il pagamento delle rate per ripagare il debito. Così Gordon e Paul Singer, da uomini senza volto incominciavano la loro scalata nel calcio, per cercare di scardinare il Fair Play Finanziario così afflittivo nei confronti del Milan, a causa (anche) di un mercato davvero costoso da parte di Mirabelli e Fassone.

ALLENATORE E DIRIGENTI - Come molte persone che si confrontano con un mondo nuovo, Elliott ha deciso di affidare il timone a Leonardo, vecchia gloria rossonera nonché dirigente già da un decennio di club importanti. Il brasiliano ha cercato di mantenere la barra dritta, dando una continuità aziendale con Gattuso come allenatore della prima squadra. Poi è arrivato Paolo Maldini per integrare il reparto dei dirigenti, infine Ivan Gazidis come l'uomo dei conti, l'amministratore delegato scelto perché l'azienda non sia in rosso (per ora non ci è riuscito granché a dir la verità).

IL TAS - C'era poi la questione relativa al fair play finanziario, perché il Milan era stato escluso per un anno dalle coppe a causa del rosso, imperante sul nero, almeno nei bilanci. Puntando molto sul fatto di avere un nuovo corso societario, i rossoneri erano riusciti ad avere delle restrizioni molto inferiori rispetto al solito, evitando quindi la squalifica per un anno dall'Europa League. Mossa giusta? Da capire, perché la seconda coppa continentale non porta certo gli incassi della prima. La squadra di Gattuso, da par suo, non fa niente per onorare la competizione, uscendo subito in un girone con Dudelange, Betis Siviglia e Olympiakos, perdendo ad Atene una partita che non sembra impossibile.

ACQUISTI E QUINTO POSTO - Gattuso veleggia discretamente verso la zona Champions, alzando i giri del motore a gennaio e febbraio, in concomitanza degli arrivi di Piatek e Paquetà. C'è qualche malumore per l'arrivo del brasiliano, fra commissioni e domande sul non avere pagato troppo un calciatore proveniente dal Sudamerica (35 milioni), ma all'inizio mostra ottimi numeri. Piano piano si perde, come Piatek e, in generale, il Milan. Rientra in corsa l'Atalanta che con un finale di stagione ottimo si inserisce fra le due meneghine e va in Champions League. Elliott perde qualcosa come 50 milioni di euro per un punto, preferendo terminare l'esperienza con Gattuso e affidare la panchina a Giampaolo. Non un bene.

ANNATA INCOLORE - Arriviamo ai giorni nostri, ricordando le pochissime partite di Giampaolo - insegnante di calcio a cui non viene data nemmeno una cattedra - e la buona striscia di Pioli, l'ultima. Un qualcosa già successo all'Inter prima di ripiegare su se stesso, non centrando la Champions. Il Milan non ha avuto impegni extra - perché quest'anno ha accettato di buon grado la punizione dell'UEFA di rimanere fuori dalle coppe - ed è uscito in semifinale di Coppa Italia. C'è una diversa gestione mediatica tra Milan e Inter: i primi, generalmente, riescono a evitare polemiche troppo feroci sulle persone guardando il bicchiere mezzo pieno. I secondi invece non hanno grandi sconti, con il bicchiere sempre mezzo vuoto. Sta succedendo anche ora, con Pioli che meriterebbe la conferma e Conte meditando l'addio.

IMPEGNO DA 650 MILIONI - Intanto le spese di Elliott nel Milan sono praticamente raddoppiate dai 303 milioni di euro di prestito a Yonghong Li, più la ricapitalizzazione degli anni passati (per non avere debiti) e il mercato della scorsa estate, dove sono stati spesi oltre 110 milioni. Considerate queste premesse bisognerebbe pensare a un Milan tra le primissime in Italia. Vero è che anche Napoli e Roma hanno fatto un buco nell'acqua in quest'annata, forse proprio per questo non è accettabile vedere il Milan in quella posizione, dopo tutti i soldi spesi nel corso delle stagioni.

IL FUTURO - L'idea è quella di portare un corpo estraneo all'interno della Serie A per gestire problemi della piazza che non sentirebbe come suoi rispetto a una bandiera come Maldini oppure Leonardo, o Boban. Ralf Rangnick porterebbe un progetto tecnico che economicamente dovrebbe funzionare sulle proprie gambe, magari non vincente sin da subito ma con l'intenzione di diventarlo, magari rientrando tra le prime quattro del campionato e poi metterci le tende stabilmente. È l'unico modo per una big di essere sostenibile, inserendo poi un tetto salariale intorno ai 2,5-3 milioni, per non gravare troppo su un bilancio che, in dieci anni, ha perso 4 milioni di fatturato, caso unico in Europa fra le big. Se Elliott prometteva una rivoluzione, tutto questo è rimasto solamente sulla carta.

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Domenica 5 Maggio 2024
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