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Cagliari, Simeone: "Mi piacerebbe giocare in Premier. Calcio adatto alle mie qualità"

di Lorenzo Di Benedetto
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Lunghissima intervista di Giovanni Simeone al The Guardian nella quale ha parlato del passato, del presente e del futuro. Queste le sue parole: "Avevo 13 anni quando mi sono fatto il primo tatuaggio. In teoria dovresti essere maggiorenne, ma ero un tale fan della Champions League che non ho resistito e mi sono tatuato il logo. Mio padre non voleva che lo facessi ma a mia madre spiegai che lo volevo perché la prima volta che segnerò in quella competizione bacerò il tatuaggio. Il mio primo ricordo è di essere in campo, mi sono beccato una gomitata in faccia e mi è caduto un dente. Il primo che ho perso. Avevo circa cinque anni. Da piccolo volevo giocare a centrocampo come mio padre ma fu lui a dirmi di giocare in attacco e di tirare forte, i portieri erano piccoli, le porte grandi. Quando siamo tornati in Argentina la mia idea era quella di poter un giorno giocare in Europa, sono nato a Buenos Aires ma è come se fossi europeo a tutti gli effetti".

Quanto pesa essere un figlio d'arte?
"Appena sono arrivato in prima divisione in Argentina hanno iniziato a chiamarmi Cholito, ma io ho sempre detto di essere Giovanni Simeone, niente di più. Ho provato a dimostrare che sono arrivato dove sono perché posso dire la mia e non perché sono il figlio di mio padre. All'inizio un po' ha pesato questa cosa. Quanto giocavo nel settore giovanile del River avevo vicino a me ragazzi che non avevano neanche da mangiare, anche il contesto sociale era pesante e diverso per me. Volevo dimostrare di essere come loro ma non è stato facile. In tanti mi chiedevano il perché giocassi a calcio nonostante avessi tanti soldi. Era la mia passione".

Poi l'arrivo in Italia e i 50 gol in Serie A con Genoa, Fiorentina e Cagliari.
"Qui il calcio è molto tattico, come gli scacchi. Ho dovuto imparare a rientrare e ad aiutare in fase difensiva. Pensavo che sarei rimasto in Italia per un anno al massimo, per poi andare altrove e invece sono già passati 5 anni. Non lo avevo programmato".

Dove si vede in futuro?
"Un giocatore deve sempre essere pronto a qualsiasi cosa, senza adattarsi e progettare troppo. Mi piacerebbe comunque giocare nell'Atletico o in Inghilterra. Ho sempre detto a mio padre che il calcio inglese è il migliore e penso che potrei sfruttare al massimo le mie qualità in Premier League. Mi piacerebbe provare a giocare lì".

Cosa avrebbe fatto se non fosse diventato un giocatore?
"Ho studiato fitness e mi piacerebbe studiare le stelle. Mi piace la storia, leggere, i documentari e la psicologia".

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