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Il pepe sul mercato di Palermo e Torino: cosa è successo?

di Luca Marchetti
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© foto di Federico De Luca

Se non ci pensano le grandi a movimentare il mercato visto che (almeno al momento) tutto rimane come 24ore fa (sia per le milanesi che per la Juventus), ci pensano le “piccole” a dare pepe alla giornata. Piccole volutamente fra virgolette perché parliamo di Torino e Palermo a loro modo protagoniste di vicende roboanti, probabilmente inaspettate (almeno nelle dimensioni). Strade e percorsi opposti con gli allenatori sempre protagonisti (insieme ai direttori sportivi).
Ha iniziato il Palermo a far parlare di sé, poco dopo pranzo le prime voci. Ma davvero Baldini si è dimesso? In realtà sì, ma l’ufficialità arriverà solo nel tardo pomeriggio, giusto per metabolizzare quanto successo nell’arco di poche ore. All’allenamento della mattina Baldini aveva detto ai suoi ragazzi che avrebbe avuto bisogno di chiarimenti con la società per continuare bene il suo lavoro. E così la seduta è stata in palestra mentre Baldini parlava con i dirigenti rosanero. Comunicandogli la propria insoddisfazione per quello che stava accadendo. Ha bisogno di esprimersi in altro modo, Baldini.

La nuova società con l’impostazione Manchester City non lo fa sentire bene. La percezione di non sentirsi centrale nel progetto, di non essere mai riuscito a parlare con la proprietà, il passare dallo scouting una volta individuati i giocatori. Sono tutte cose assolutamente legittime, ma che non rientrano nel modo di pensare e di essere di Baldini. E così sono arrivate le dimissioni. Che la società ha accettato (insieme a quelle di Castagnini, che nel corso della cavalcata trionfale dello scorso anno è stato fianco a fianco con l’allenatore del Palermo) non senza una sorpresa di fondo, manifestata anche nel comunicato. Nessuno si aspettava una soluzione del genere e anche dall’Inghilterra sono rimasti molto sorpresi. Ora sanno che non possono sbagliare quindi non sarà una decisione lampo, quella del nuovo Palermo.

Si dovranno prendere i giusti tempi, anche se nel frattempo le candidature (ovviamente) fioccano.
Discorso diverso in casa Torino: la litigata fra Vagnati e Juric è stata violenta. Con toni duri da entrambe le parti. Ma che potesse esserci una situazione esplosiva con una squadra ancora da completare e un allenatore come Juric sempre molto esigente non c’erano molti dubbi. E si poteva anche immaginare che questo tipo di confronto (molto crudo) non sia stato l’unico, in questi anni! Certo fa scalpore, vederlo (sui social). Ma l’epilogo della vicenda è stato opposto a quello di Palermo. Si ricompone tutto (almeno così giurano i diretti interessati), è stato un modo per sfogare le tensioni precampionato e si riparte più tonici di prima. Che è esattamente quello che ha detto Vagnati a Sky “è un punto di partenza, siamo due persone schiette che amano il proprio lavoro e vogliono il bene del Torino”.
Il caso sembra chiuso, anche se proprio per il carattere dei contendenti finché il mercato non sarà finito sappiamo che le richieste che arrivano da Juric saranno sempre pressanti (come successe anche lo scorso anno, stavolta davanti ai microfoni quando Juric chiedeva sempre un sforzo sul mercato). Forse un filo rosso che lega le due vicende c’è: è nella natura degli allenatori chiedere sempre a tutti il massimo. Ai giocatori, alla società, alla proprietà. Alle volte andando anche allo scontro, magari anche non valutando le conseguenze dello stesso. Ma di fondo c’è la grande voglia di perseguire gli obiettivi sapendo che la strada da seguire è una sola: quella delle proprie convinzioni. Perché l’allenatore alla fine è quello che paga, è quello che ci mette la faccia (nelle sconfitte, soprattutto), è quello che rimane da solo. E quindi sa che per tirarsi fuori dalla burrasca ha bisogno di tutto il supporto possibile. E se lo deve sentire addosso, anche con le urla. Oppure meglio non andare avanti. Non perché non ci sia, ma perché se non lo senti è come se non ci fosse.

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