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I qatarioti vogliono vendere il PSG, il budget prossimamente non sarà alto. Ronaldo come Mbappé e Messi: quando il Campione diventa più importante della squadra, il naufragio è dietro l'angolo

di Andrea Losapio
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© foto di Lorenzo Di Benedetto

Intorno all'Hotel Peninsula, il quartiere generale di Al Khelaifi a Parigi, sono sicuri. Il Mondiale è stata una vetrina, gli europei continuano a volersi infilare in questioni non calcistiche (diritti dei lavoratori, delle donne, alcolici, politica interna), ma c'è una ampia fetta di possibilità che i qatarioti decidano di non investire più nel calcio. Certo, verrebbe da pensare come faccia la FIFA a proibire la birra all'interno e all'esterno degli stadi, se poi nel box dei vip si festeggia con lo Champagne, ma questa è una questione da "Fattoria degli animali" di George Orwell. Ci saranno sempre quelli più uguali degli altri, che sia una scelta ipocrita - come in questo caso - oppure l'esercizio di un potere.

Preambolo a parte, la verità è che il qatarioti vogliono vendere il Paris Saint Germain e l'apertura dei giorni scorsi non accade a caso. Anche gli uomini mercato del PSG, sia Jorge Campos che Henrique Antero, non sanno esattamente quale tipo di budget potrebbero avere per il prossimo futuro. C'era l'idea di offrire circa 25-30 milioni per Skriniar, più una decina di ingaggio, ma in questo momento questo scenario appare decaduto. Anche perché le anime possono essere tante, ma alla fine decide Al Khelaifi per come si alza dal letto. Può darsi che dopodomani possa comprare Cristiano Ronaldo e poi chiudere i rubinetti, per gli ultimi sei mesi da album delle figurine, con Messi, Mbappé, Neymar e Cristiano... Forse un po' troppo e, d'altro canto, non si vince con le figurine. Però Jorge Mendes e Luis Campos hanno degli ottimi rapporti, chissà. La realtà è che è difficile fare delle previsioni, sicuramente ci sono dei limiti ma non si sanno nemmeno quali. Alla fine del Mondiale avremo un quadro più chiaro, le cose cambiano troppo rapidamente.

Ed eccoci, appunto, a Cristiano Ronaldo. Ma anche a Mbappé e Messi. Quando un giocatore diventa più importante della squadra in cui gioca, tutto diventa più difficile. Lo è stato per il portoghese al Manchester United, concedendo l'intervista che ha poi portato all'addio e alla risoluzione di questi giorni. Messi al Barcellona era il club, forse lo ritornerà, così come nell'Argentina tutti si affidano a lui, come l'oracolo. Quando le cose funzionano, come nella Finalissima contro l'Italia, tutto diventa più facile. Nel 2014 Messi ha trascinato pur non segnando, nel 2018 la Francia era più forte, semplicemente. Messi è andato via a zero dal Barcellona, dopo il Burofax dell'anno prima e trattative clamorose per commissioni e bonus alla firma con il Barça (e che ha avuto dal PSG). Con Mbappé sta diventando la stessa cosa, visti gli sbuffi e gli spifferi che arrivano dallo spogliatoio del Paris Saint Germain. Quando la situazione diventa insostenibile, qualcuno deve scegliere: meglio il club oppure il singolo? Quando si sceglie il singolo iniziano i problemi.

La domanda successiva, quindi, è: dove va Cristiano Ronaldo? Intanto è in Qatar, sperando di vincere il Mondiale da svincolato. Sarebbe una situazione incredibile, il Portogallo è molto forte ma ha bisogno di strappi - chi ha detto Leao? - e Ronaldo sembra più il numero nove che può giocare da fermo, salvo poi avere la qualità, la coordinazione e la forza mentale per determinare. Anche CR7 deve capire che è finita la sua giovinezza: forse lo ha fatto con i lucciconi dell'inno del suo ultimo Mondiale. A proposito, oggi c'è Messico-Argentina e una sconfitta sarebbe fatale per l'Albiceleste. Perdere Messi dopo due partite sarebbe davvero un pianto.

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