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ESCLUSIVA TMW - Rezai: "Alleno in Iran ma sogno il ritorno in Italia. Sono un trevigiano acquisito"

di Gaetano Mocciaro
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Ve lo ricordate Rahman Rezai? Oggi 45enne, si è affacciato nel calcio italiano quasi 20 anni fa, divenendo di fatto il portabandiera dell'Iran nel calcio italiano. Difensore roccioso che non disdegnava qualche avanzata nell'area avversaria, è rimasto da noi 7 anni divenendo un vero e proprio italiano. E col nostro Paese ha mantenuto forti i legami, come ci racconta in questa intervista, fra aneddoti del passato e obiettivi per il futuro:

Rahman Rezai, cosa fai oggi?
"Alleno una squadra iraniana, il Zob Ahan, che milita nel massimo campionato iraniano. Dopo aver chiuso la mia esperienza italiana nel 2008, sono tornato in patria dove ho giocato nel Persepolis, poi in Qatar e nuovamente in Iran dove ho chiuso la carriera. Cinque anni fa ho iniziato a fare l'assistente allenatore di una squadra iraniana e poi ho avuto l'opportunità di essere il tecnico principale in seconda divisione. Ora sto preparando con molti buoni propositi questa stagione nel massimo torneo".

Come ti trovi in questo nuovo ruolo?
"Mi trovo molto bene. Intanto mi sono posto l'obiettivo di fare bene in campionato. Mi piacerebbe fare esperienza in Iran per poi, fra 2 o 3 anni, rientrare in Italia ad allenare. Anche in Serie C sarebbe bello ma ovviamente dipende da quello che farò in questi anni".

Qual è il livello calcistico in Iran?
"Il livello calcio iraniano non è male. Ad esempio il Persepolis si è qualificato in finale di Asian Champions League e questo indica che il movimento calcistico iraniano è in crescita".

Sei arrivato a Perugia con Ali Samereh. Vi contendete la palma di primo iraniano in Serie A
"Lui ha iniziato prima di me due mesi prima, mi ha fregato per poco. Ma a differenza mia in Italia ha finito presto (ride, ndr)".

Che ricordi hai della tua esperienza da calciatore in Italia?
"Bellissima esperienza, anni bellissimi. Mi sono divertito come giocatore e anche fuori dal terreno di gioco. Torno spesso in Italia, abbiamo casa a Treviso".

Hai giocato a Perugia, Messina e Livorno... come mai Treviso?
"Mio suocero prima era a Perugia, poi si è trasferito a Treviso e nel 2006 e spesso li andiamo a trovare. Io ormai ho il passaporto italiano, mia moglie è di Assisi. I miei figli sono nati a Pisa e Treviso. Bellissima città, ci piace molto. Mi sento ormai un trevigiano".

Come mai non hai mai giocato per il Treviso?
"Non avevano la squadra in A, e io a parte una breve parentesi in B, finché ho avuto la possibilità ho sempre cercato di rimanere nel massimo campionato".

Qual è la situazione in Iran in merito alla diffusione del Covid-19?
"Un disastro, è peggiorata nuovamente la situazione. Ospedali pieni, da qualche giorno la gente non esce più da casa. Siamo tornati alla situazione di febbraio-marzo. Per quel che ci riguarda ogni settimana facciamo i test, siamo attenti, restiamo chiusi in albergo e non permettiamo a nessuno di andare in giro. È tutto sotto controllo e per fortuna finora non abbiamo avuto contagi tra i giocatori".

C'è il rischio che il campionato salti o slitti?
"No, il rischio non c'è".

Come sei arrivato in Italia?
"Guarda, ironia del destino ero stato appena convocato dal ct dell'epoca, Blazovic. Ero retrocesso in difesa da un anno, ma io in verità nasco attaccante. Si gioca Iran-Arabia Saudita, c'erano gli osservatori del Perugia che volevano vedere altri due giocatori. Alla fine sono tornati a casa con me".

Che ricordo hai di Luciano Gaucci?
"Non veniva spesso a Perugia. C'era Alessandro che era bravissimo, soprattutto con gli stranieri era un amico".

In squadra con te c'era Ahn, incubo dell'Italia
"Ricordo quel gol che estromise gli azzurri dai Mondiali del 2002 e ricordo Gaucci si arrabbiò parecchio (ride, ndr). Ahn non parlava l'italiano e anche con l'inglese sapeva giusto qualche parola. La mia fortuna è che parlavo un po' inglese, ho imparato l'italiano subito e dopo due anni ho imparato bene la lingua".

Dove ti sei trovato meglio fra le squadre in cui hai giocato?
"A Messina, dove ho centrato una promozione in Serie A che mancava da troppo tempo. La gente provava un senso di gratitudine nei nostri confronti e per questo ho sentito più affetto rispetto a Perugia e Livorno".

Quanto c'è della tua esperienza italiana nella tua carriera di allenatore?
"Mi ispiro al calcio italiano. Credo tantissimo nella tattica della squadra e cerco di fare tesoro di quel che ho imparato. Mi piace lo stile di Ancelotti, ma anche Conte, Capello, Allegri. Il mio modulo preferito è il 4-2-3-1, in alternativa 4-4-2 o 4-1-4-1".

Segui ancora la Serie A?
"Il calcio italiano è seguitissimo, sta diventando più bello e appassionante. Certo, per un decennio c'è stato un brutto calo con solo la Juve presente. Ora la situazione sta cambiando".

Da iraniano: è vero che Esteghlal-Persepolis è uno dei derby più caldi del mondo?
"Esteghlal-Persepolis è il derby più sentito del mondo, non c'è dubbio. A Teheran vivono 15 milioni di abitanti, la città è divisa tra queste due squadre. In tutto l'Iran abbiamo 30 milioni che tifano Persepolis, 25 milioni l'Esteghlal. E allo stadio sempre in 100mila, è un derby che dura un anno intero".

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