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Carlo Nervo, dal calcio all'arredamento. E un intermezzo da sindaco

di Gaetano Mocciaro
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Archivio Maracanã 2020
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Maracanà con Marco Piccari e Cinzia Santangeli - Ospiti: Carlo Nervo - Per la rubrica ANDATE A LAVORARE collegamento telefonico con Carlo Nervo. Lasciato il calcio si dedica alla politica e nel 2009 viene eletto sindaco di Solagna, suo paese natale. Terminato l'incarico ha fondato un'azienda legata al mondo dei mobili.
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Calciatore, politico, arredatore. Carlo Nervo ha lasciato da tempo il pallone e al contrario di molti colleghi non ha scelto né di allenare né di fare il dirigente. Dal 2007, ultimo anno tra i professionisti, è passata tanta acqua sotto i ponti. In esclusiva per Tuttomercatoweb ci racconta la sua esperienza di vita:

Carlo Nervo, di cosa ti occupi adesso?
"Dopo cinque anni di mandato da sindaco, esperienza bellissima, mi sono accorto che non era quello che faceva per me. Ho fatto bene il mio mandato non avevo più tempo. Avevo del resto un'attività che si stava peraltro espandendo: ho uno showroom dove vendo mobili. Ho trovato delle persone che mi hanno dato una mano, mi hanno spiegato il meccanismo. Non è facile rimettersi in gioco, dopo che hai passato una vita a fare il calciatore. Lavoriamo molto in Europa e per cinque anni ho fatto avanti e indietro dall'Algeria, dove arredavamo hotel di lusso. Abbiamo una produzione all'estero mentre in Italia ci occupiamo della parte commerciale. Vivo a Mantova, l'azienda è a Bassano del Grappa e quindi faccio avanti e indietro quando posso".

Che è esperienza è stata quella in Algeria?
"I primi quattro anni bellisismi. Un paese difficile ma in via di sviluppo. L'anno scorso c'è stata una crisi politica che ci ha un attimo fermato".

Come è nata questa idea di lavorare nell'arredamento?
"Mio nonno e papà hanno lavorato nel mondo dell'arredamento, per cui diciamo che ero di casa. Durante le vacanze estive andavo nel capannone a dare una mano come falegname. Qualche attrezzo lo so usare, non tantissimo ma qualcosa ho imparato (ride, ndr)".

Stai portando avanti la tradizione di famiglia. Diciamo prendendola larga
"Molto larga direi! Ma sono felice della scelta fatta. Adesso a seguito di questa pandemia siamo in ansia, ma passerà. Lavoriamo in smart working, cerchiamo di creare, sfruttando il tempo a disposizione per fare nuovi cataloghi, nuove cose".

Il calcio è stato per molto tempo il tuo lavoro. L'hai praticato fino ai campionati locali, in controtendenza con la moda attuale di chiudere all'estero
"Il mio sogno era di fare tutte le categorie. Sono partito dall'Interregionale, ho fatto C2, C1, B, A e Nazionale. A quel punto per chiudere ho puntato a fare tutti i campionati dall'Eccellenza in giù. Non ce l'ho fatta, mi sono fermato prima. Le ginocchia a un certo punto hanno suggerito di chiudere".

Come mai non c'è stato un dopo?
"Penso ad esempio che se uno vuole fare il dirigente debba avere delle competenze, non può inventarsi da un momento all'altro da calciatore a uno che dirige. E comunque mi ero portato già avanti per il post carriera: creandomi la strada che è quella dell'arredamento. Avevo investito, creando il marchio "Kela", inizialmente in Romania. Parlo del 2004 e lì ci viveva mio fratello. Poi nel 2007 in Emilia-Romagna".

In mezzo c'è stato un mandato da sindaco. A Solagna, il tuo paese
"Un mio amico mi fa: perché non provi? C'era un sindaco che aveva fatto bene ma aveva completato due mandati, non poteva essere rieletto. Abbiamo fatto una lista e io sono diventato sindaco".

Non c'è stato bisogno nemmeno di fare campagna elettorale
"Ho fatto solo una riunione in teatro dove ho spiegato quello che la mia lista voleva fare in modo molto trasparente. Mi conoscevano bene, io conosco tutti. Solagna ha 2mila abitanti, non era necessario".

Ti eri interessato di politica in passato?
"Guarda, non sapevo nulla. Non avevo mai visto un consiglio comunale. Non che gli altri lo facciano..."

Quindi da digiuno di politica a sindaco. Dev'essere stata dura
"Un po' d'imbarazzo all'inizio ce l'avevo. Un po' alla volta sono entrato nel meccanismo, mi hanno spiegato come funziona. E credo che abbiamo fatto un bel lavoro".

Dopo un mandato, però, hai salutato
"Ero stato chiaro dall'inizio: faccio un mandato e basta".

Magari potevi averci preso gusto...
"Ma no. Guarda, non sono portato a farlo. Ci vogliono le competenze e poi, scusa il termine, ti rompono sempre i maroni".

Ti sei candidato per la Lega. Come l'ha presa il tuo ex tecnico Ulivieri, notoriamente comunista?
"Mi ha massacrato (ride, ndr)".

C'è stato anche il sogno di entrare in politica a Bologna
"A Bologna mi hanno fatto una proposta come lista civica, ho avurto qualche incontro. Poi riflettendo seriamente ho pensato di lasciar perdere. Come dicevo prima ci vogliono le competenze e un conto è fare politica in un comune di 2 mila abitanti, un altro in una città metropolitana".

Analogie della politica col calcio?
"Il lavoro di squadra. Se funziona, se i ruoli sono chiari anche l'amministratore può fare bene".

È vero che sei diventato leghista dopo l'esperienza al Catanzaro?
"A Catanzaro sarei rimasto tutta la vita per la gente. Ma a far calcio era impossibile, è successo di tutto e di più. Un professionista deve essere messo nelle condizioni di lavorare e lì professionalmente era un disastro. Ero arrivato a settembre e già a novembre avevo in mente di andar via. Sono stato leghista e il mio orientamento politico è centrodestra. Ma la frase che ho detto a suo tempo era da interpretare come battuta. Non fraintendetemi, non sono razzista".

In un'intervista di dieci anni fa dici che progetti per decadi. E nel 2020 ti vedevi in Brasile
"Sono schematico sugli anni: vado a obiettivi. Come raggiungerli ci penso dopo. Ed è effettivamente è un'idea. Certo, adesso con la situazione attuale è tutto più complicato. Ma non è una cosa che escludo".

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