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TMW RADIO - Cusin guarda all'Iran: "Ma la situazione è seria, non c'è tanta voglia di riprendere"

di Dimitri Conti
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Archivio Stadio Aperto 2020
TMW Radio
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Stefano Cusin, allenatore dello Shahr Khodro, intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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Stefano Cusin, allenatore del Shahr Khodrou, si è collegato in diretta ai microfoni di TMW Radio, intervenendo nel corso della trasmissione Stadio Aperto condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini: "Sto lavorando con la società alla ricerca del volo per poter tornare in Iran. Lì c'è stata una situazione paragonabile a quella italiana, nessuno sa i numeri veri ma la situazione è molto grave. Abbiamo smesso di giocare a fine febbraio, poi abbiamo ricominciato un po' come successo anche alle squadre italiane, ma anche ora che siamo tornati in campo c'è qualche problema. Ci sono alcune società, tra cui anche noi, che non sono d'accordo con riprendere il campionato. Tranne il Persepolis, le altre cinque-sei dietro non hanno volontà di riprendere, perché i giocatori stessi non sono tranquilli. Anche noi ci giochiamo l'ingresso alla Champions League (asiatica, ndr) ma per poterlo fare bisogna avere dei giocatori che siano pronti, e invece hanno timore. E lo condivido anche io, anche perché giocare senza pubblico mi sembra una bestemmia, e perché il calcio viene dopo altre cose".

Sulla Champions League asiatica ci sono novità?
"Si parlava di fine agosto, centralizzando le partite in alcuni paesi e poi di andare avanti. Le problematiche dell'Europa le ha anche l'Asia, stanno pensando dove giocare queste quattro partite e delineare le qualificate agli ottavi".

Com'è andato il rientro dall'Iran all'Italia?
Rientrare in Italia è stato molto difficoltoso, perché l'Iran era un mese avanti a livello di protocolli, precauzioni e dispositivi di protezione già dall'ultima settimana di febbraio. Ho preso un volo che ha fatto scalo a Francoforte e sono rimasto colpito del fatto che sembrasse non essere successo nulla. La procedura per rientrare è stata molto difficoltosa, mentre in Iran veniva fatto semplicemente un test".

C'è un protocollo per gli allenamenti?
"Ce n'è uno abbastanza generico. L'Iran è un paese molto grande ed ha enormi differenze culturali e di mentalità. Difficile controllare, anche se hanno chiesto a tutte le società eventualmente di emarginare i positivi. Noi al primo allenamento ne abbiamo riscontrati due, uno dello staff tecnico e l'altro tra i sanitari. Per il resto è più morbido rispetto al protocollo italiano, lascia più spazio al buonsenso".

Come pensa sarà la ripresa del calcio italiano?
"Noi lavoriamo sulla fase aerobica, è quella che ti permette di correre ed evitare infortuni, anche se non hai accelerazione e cambio di ritmo. Saranno partite più blande, e vedo che anche in Bundesliga c'è un calcio più lento. Credo che questo sport sia fatto per il pubblico, e non credo che in questo momento il pubblico abbia tanta voglia del calcio quanta ne hanno i presidenti. Io avrei ripreso con una preparazione classica, finendo la stagione entro dicembre e proseguendo a quel punto con gli anni solari. Credo sarebbe stato meglio anche per far arrivare meglio la Nazionale ai Mondiali".

Come ha strutturato la ripartenza dei suoi?
"Con la tecnologia puoi seguire il lavoro come se tu fossi a bordo campo anche a distanza. Quello non è un problema, ovviamente i ragazzi sono stati tutti in casa e, tranne per chi ha un giardino, è stato fatto quasi tutto lavoro sulla forza, ora stiamo mirando più all'aerobica, facendoli giocare a tutto campo per trovare i 90 minuti sulle gambe, in attesa che la condizione arrivi con le partite. Sempre se si gioca, perché ad oggi in Iran non è scontato".

Quanto importante il riposo mentale e fisico per i giocatori?
"La mente è basilare, io mi preoccupo molto di quella. Un giocatore non convinto o che ha paura di tornare a casa per non infettare i familiari è peggio di uno stanco. Se si riesce a riprendere senza positivi, ma se dopo poche partite spunteranno nuovi casi, sarà difficile poi ripartire".

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