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11 novembre 2007: omicidio di Gabriele Sandri

di Redazione TMW
Fonte: Saladellamemoriaheysel.it

11 novembre 2007, ore 9.20 del mattino: si profila un’altra tragica giornata di cronaca nera nella storia del calcio nazionale con una dinamica assurda al limite della follia umana.
Nell’area di servizio di Badia al Pino, sull’autostrada A1, nei pressi di Arezzo, tifosi della Lazio, in viaggio verso Milano per assistere alla partita di campionato in trasferta contro l’Inter, si scontrano con alcuni tifosi della Juventus sul piazzale di sosta antistante all’autogrill.
Lo scontro è notato dagli agenti della Polizia Stradale in pattuglia, ma sono dalla parte opposta della carreggiata a più di una cinquantina di metri di distanza.

I tifosi bianconeri ripiegando nella propria Mercedes fuggono in macchina di corsa dal parcheggio.
Anche i tifosi della Lazio risalgono velocemente nelle loro due automobili, una Megane ed una Clio, forse per inseguirli, ma è proprio in questi attimi fatali che si consuma la famigerata tragedia.
La Polstrada aveva acceso subito le sirene per dissuadere, avendo buon esito, gli attori della rissa in corso, ma uno degli agenti, Luigi Spaccarotella, non contento scende dall’autovettura e corre per 200 metri sul bordo strada prima di individuare una posizione ottimale per sparare alle gomme della prima macchina dei laziali in movimento.
Secondo una fondamentale testimonianza è salito su un avvallamento del terreno e allargando le gambe ha sparato un colpo "con le braccia tese ad altezza d'uomo".
Il proiettile esploso dalla sua Beretta in dotazione attraversa prima l’autostrada da una carreggiata all’altra e poi il lunotto posteriore della Megane in ripartenza, colpendo al collo un passeggero accomodato sul sedile posteriore.
Si tratta di Gabriele Sandri, noto dj romano e accanito tifoso biancazzurro, che si era addormentato per la stanchezza dopo la notte di lavoro trascorsa in un locale della capitale. I compagni fermando subito l’auto lo soccorrono mentre rantola e sanguina, chiedono aiuto e chiamano un’autombulanza, ma nonostante i tentativi di rianimazione il giovane muore sul posto.
Straziante la scena dei familiari accorsi qualche ora dopo sul luogo del delitto. Si disperano e non si capacitano dell’accaduto mentre già emergono le prime evidenti e ingiustificabili responsabilità dell’agente di polizia e dall’incongruenza della sua ricostruzione dei fatti.

L’indomani, il questore di Arezzo, Vincenzo Giacobbe, nella sua conferenza stampa non escluderà a priori la possibilità di un "omicidio preterintenzionale o volontario". Nel frattempo la tragica notizia rimbalza negli stadi italiani e gli ultras di tutte squadre chiedono, come già successo in occasione della morte dell’ispettore Raciti, la sospensione del campionato di Serie A.
Le autorità del calcio tergiversano poiché non risulta loro del tutto chiara la dinamica del fatto che, fra l’altro, non è avvenuto in prossimità di uno stadio di calcio.
Alle ore 14.00 l’incontro Inter-Lazio viene ufficialmente rinviato e da San Siro parte un corteo di tifosi, creando anche qualche momento di panico davanti alla sede Rai di corso Sempione, diretto in piazza Duomo per manifestare il lutto e la protesta.
Gli ultras inferociti urlano uno slogan in cui rivendicano che "la morte di un tifoso non vale quanto quella di un poliziotto".
A Bergamo viene sospesa dopo 7' e 40" la gara Atalanta-Milan per le intemperanze del pubblico dopo che era cominciata già con i 10' di ritardo canonici decisi in tutti gli stadi. In curva neroazzurra c’è moltissimo nervosismo fra i tifosi che stanno distruggendo una vetrata in plexiglass, infatti a nulla serve la mediazione del capitano della loro squadra, Cristiano Doni, minacciato severamente dagli ultrà che "se si riprende succede qualcosa di grave".

Cinque le partite portate al termine, ma il Viminale decide per il rinvio del posticipo serale Roma-Cagliari per motivi di ordine pubblico, poiché si teme il peggio e così sarà…
Nel pomeriggio, dopo le 18.00, centinaia di ultras romanisti e laziali si coalizzano in strada davanti all’Olimpico cercando di ingaggiare uno scontro violento con le Forze dell’Ordine, barricate dentro lo stadio su disposizione del Questore di non rispondere alle provocazioni.
Parte una sassaiola e il lancio di petardi per stanarli, il clima degenera sempre di più e un centinaio di persone si spostano a devastare gli uffici della sede del Coni, adiacente, presidiato da poche guardie giurate non armate che fuggono nei piani superiori. Il fine è quello di attirare celerini e carabinieri per affrontarli in campo aperto.
Così accade e già nei primi scontri alcuni di questi restano feriti, prima di arretrare tatticamente. I rivoltosi hanno bloccato il ponte sul Tevere "Duca d'Aosta" con alcune transenne, isolando l'area intorno allo stadio.

Un fotografo dell'Ansa viene picchiato e derubato, un cameraman aggredito. Parte un blitz contro una caserma dei carabinieri a Ponte Milvio dove è incendiata una loro auto parcheggiata.
Altri attaccano la sezione delle volanti della polizia in via Guido Reni e il commissariato in via Fuga a Porta del Popolo. A volto coperto gli ultras rovesciano fioriere, ciclomotori e cassonetti in mezzo alla strada, usano spranghe, tondini di ferro e sanpietrini per spaccare i vetri dei portoni o dei negozi, danno anche fuoco ad un autobus.
Intorno alle 22.00 una decina di camionette di Polizia e Carabinieri in tenuta antisommossa li disperde e si ritirano. La lunga notte di un intero quartiere della capitale, ostaggio del caos, della distruzione e della violenza, produce "danni ingentissimi", decine di feriti fra le forze dell’ordine e alcuni arresti. Per questi soggetti le istituzioni chiedono l’imputazione di "terrorismo", ma l’aggravante andrà a decadere in fase processuale.

La mattina seguente viene proclamato a Roma il lutto cittadino in occasione dei funerali previsti per il giorno 13 ai quali partecipa una grande folla di tifosi, giunti da ogni parte d’Italia, a stringersi attorno alla sua famiglia, ai parenti ed agli amici di Gabriele. L’accusa per l’agente Spaccarotella è ormai ufficialmente di "omicidio volontario" secondo le perizie degli inquirenti.
Francesco Molino, suo avvocato difensore, nel febbraio 2008 sostiene la tesi del "colpo di pistola deviato nella traiettoria".
Il 25 settembre 2008 ha inizio il processo, ma il gup rinvia l'udienza accogliendo l'eccezione della difesa per un cavillo legale (non gli è stato trasmesso l'atto di chiusura dell'indagine preliminare). I familiari di Gabriele Sandri insorgono contrariati, temendo una lunga melina giudiziaria della controparte. Qualche giorno dopo Spaccarotella chiede loro perdono, intervistato dall'Ansa, dicendo: "Non volevo ucciderlo".
L’ 11 novembre 2008, il capo della polizia Antonio Manganelli si assume la responsabilità della morte di Gabriele Sandri definendola "una tragedia causata dall'avventatezza".
Il 13 gennaio 2009 in un filmato della procura si ricostruisce l'omicidio del tifoso laziale effettuando una simulazione grafica in base alle testimonianze.

Nell’animazione delle immagini l’agente spara stringendo l'arma con due mani. Tre giorni dopo Luciana Cicerchia, gup di Arezzo, lo rinvia a giudizio per "omicidio volontario". Il giorno 22 dello stesso mese il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano annuncia pubblicamente la sospensione di Spaccarotella dal servizio. Il processo, intanto, riprende il suo iter e il 9 luglio 2009 il Pm Giuseppe Ledda porta in aula una Beretta e mima l’atto del reato nella requisitoria in cui chiederà 14 anni di reclusione per il poliziotto.
Al contrario il 14 luglio 2009 la sentenza di primo grado lo condanna a soli 6 anni di carcere per "omicidio colposo" fra vibranti proteste sia in sede processuale che a Roma. Indignata la reazione di tifosi e opinione pubblica, ma soprattutto della famiglia Sandri che ricorre in secondo grado. Il 1 dicembre 2010 la Corte di Appello di Firenze corregge la condanna per Spaccarotella a 9 anni e 4 mesi, poiché, secondo il nuovo giudizio, il suo reato è di "omicidio volontario".
L’ 11 novembre 2011, a quattro anni di distanza dalla tragedia, viene posta una stele in ricordo di Gabriele nella stazione di servizio di Badia al Pino.
Intorno ai familiari si stringono i tifosi di numerose società calcistiche.
La sua memoria unisce ancora oggi i tifosi di tutte le "curve" italiane al di là delle rivalità.
Il papà Giorgio e il fratello Cristiano, presenti assieme alla madre di Gabriele, ringraziano commossi i giovani intervenuti che hanno deposto le loro sciarpe colorate ai piedi del piccolo monumento. Il 13 febbraio 2012 la Cassazione conferma la sentenza di appello, riconoscendo la colpevolezza dell'agente della Polstrada per "omicidio volontario" e lo condanna alla stessa pena di 9 anni e 4 mesi di carcere.
Luigi Spaccarotella si costituisce al comando provinciale dei carabinieri di Arezzo e dopo un breve periodo di detenzione nell’ istituto di massima pena di Sollicciano a Firenze entrerà nel penitenziario militare di Santa Maria Capua Vetere dove sconterà la sua pena.
Il padre della vittima dichiara alla stampa che "giustizia è fatta".


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