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Gandolfo: “7°posto un sogno per il Toro e Juric deve rimanere”

di Elena Rossin
Fonte: Torinogranata.it
Ivan Juric
Ivan Juric
© foto di Image Sport

Beppe Gandolfoè stato intervistato in esclusiva da TorinoGranata.it. Gandolfo è giornalista corrispondente delle reti Mediaset dal Piemonte e Valle d’Aosta e grande tifoso del Toro. Con lui abbiamo parlato della squadra e della società granata e dei tifosi.
Il Torino a 11 partite dalla fine del campionato è al 9° posto insieme a Bologna e Fiorentina, l’Udinese ha un punto in più e la Juventus che è 7ª ne ha quattro. E’ solo un sogno sperare che i granata possano arrivare settimi?
Credo che sia un sogno. C’è stato qualche momento durante la stagione in cui poteva esserci una piccola possibilità, però poi per una serie di vicende, non ultimi una serie di infortuni e partite sfortunate, è andata un po’ sfumando. Oggi come oggi, credo che forse anziché il 9° rispetto a Bologna, Fiorentina e Udinese si può sopravanzare l’ Udinese visto che negli scontri diretti abbiamo fatto meglio e magari anche il Bologna, ma penso che la Fiorentina sia più o meno al nostro livello e la Juventus, al di là de 15 punti di penalizzazione in più o in meno, sia decisamente più avanti. Per cui oggi il 7° posto è una chimera”.
In prospettiva futura, chi dell’attuale rosa dovrebbe rimane?
“Lo dico da un po’ di anni, ma evidentemente non sono ascoltato perché non conto nulla, però evidentemente non c’è più la mentalità che io penso. Credo che dovrebbero essere mantenuti assolutamente tutti perché o si crea uno zoccolo duro, uno spogliatoio, una squadra che si compatta attorno a se stessa, che gioca a memoria, ma se ogni anno si cambiano quei 6-7-8 elementi che poi vengono rimpiazzati quasi a calciomercato finito allora diventa proprio difficile ogni volta ricominciare da zero. In questa squadra non ci sono dei fenomeni, alcuni sono giocatori di rilievo che andrebbero tenuti con i denti, però evidentemente non è più questo il modo di concepire il calcio. Sull’attuale centrocampo, non foss’altro per l’età, con Ricci, Ilic e Adopo, sui quali veramente si può contare in prospettiva guardando al futuro perché sono tutti ragazzi di 21-22 anni, si può costruire un qualche cosa d’importante. Poi lo capisco che se domani arrivasse il magnate arabo piuttosto che il fondo americano che offre 50 milioni di euro per Schuurs lo si può anche vendere e va bene. Come successe l’anno scorso con Bremer. Se è uno soltanto ancora, ancora lo accetto, ma se sono più di uno e, soprattutto, nei ruoli nevralgici della squadra diventa difficile poi. Ogni volta si ricomincia da capo arrivando ancora una volta al 9°, 10°, 8° posto e dicendo ma, ma, ma. Non credo che Lukic fosse un calciatore di un altro pianeta, un fenomeno, un fuoriclasse guai a perderlo, ma proprio nel momento in cui bisognava tenere questa solidità di squadra, vuoi anche con l’arrivo di Ilic nel mercato di gennaio, ecco che va via. Ripeto, un buon giocatore ma non un fenomeno, e l’allenatore deve ricostruire gli automatismi, i meccanismi che specie a centrocampo sono importantissimi. Non son di re un nome in particolare di chi dovrebbe restare, ma ho fatto esempio del centrocampo giovane che non si può sfaldare. E anche con l’aiuto di un Linetty, che giovane più non è, e che in questo momento è in grado di dare una mano molto forte e lo abbiamo visto in alcune delle ultime partite. Se, invece, si punta tutti gli anni a monetizzare con la cessione di 2-3-4 giocatori è ovvio che poi si ricomincia tutto da capo. Anche i giovani, nessuno è straordinario e alcuni li abbiamo visti poco, Bayeye, Seck e altri, però devono avere dei punti di riferimento nello spogliatoio e nella squadra.

Adopo, lo abbiamo visto pochissimo fino adesso, è stato un’ottima intuizione di chi lo ha preso a poche centinai di migliaia di euro e oggi vale sicuramente il doppio, il triplo, ma deve essere inserito accanto a 2-3-4 compagni di reparto con i quali pian piano comincia a giocare a memoria. Serve formare lo zoccolo duro, il blocco che deve avere continuità negli anni. Non credo che Djidji sia un fenomeno, Rodriguez si sta dimostrando un fior di capitano, uno che trascina la squadra e dovunque lo posizioni è utile e allora se non tieni questi elementi si deve sempre ricominciare da zero e si deve trovare l’ambiente giusto, i compagni giusti. Se tutte le volte tagli i gerani magari crescono e in estate ne hai di belli, ma l’anno dopo devi ricomprarli di nuovo e ripiantarli e non è detto che i nuovi germoglieranno bene come quelli che avevi piantato la volta prima”.
I tifosi del Toro sono effettivamente diminuiti parecchio di numero oppure una parte non va allo stadio principalmente perché non condivide la linea societaria?
Non credo siano diminuiti, ma c’è un po’ di disaffezione da parte dei tifosi del Toro. Io, ad esempio, sono uno che è tanto tempo che non va più allo stadio, ma vedo tutte le partite in televisione. Non perché non tifo più per il Toro o perché sia particolarmente critico, anche se rivolgo critiche nei confronti della presidenza e della dirigenza, però non c’è più quell’essere il popolo granata che almeno io sentivo fino a un po’ di anni fa. Vuoi complice il Covid che ci ha allontanati molto, ma lo stare insieme, sarò sentimentalista, però, come diceva Don Aldo Rabino, quell’essere famiglia granata, trovarsi nei Toro club, fare comunità, oggi è stata un po’ snaturata quest’immagine del Toro, che era una delle caratteristiche importanti di questa società calcistica e forse questo la rendeva differente da tante altre. Oggi non arrivando anche tanti risultati di un certo tipo la gente dice: “Magari mi guardo la partita in televisione”, “Magari la registro e poi la vedo”. Non c’è più quello stare insieme, quella voglia di tifare, non dico la Curva Maratona, che è sempre piena, ma una volta era sempre piena anche la Primavera o per lo meno c’era una buona partecipazione, poi alcune scelte fatte o non fatte di cederne metà ai tifosi ospiti di certo non aiutano a creare quel sentimento che non è soltanto tifare per una squadra che vince, abbiamo passato anni in cui eravamo in B eppure lo stadio aveva gli stessi spettatori di oggi se non di più, bensì creare quella comunità granata che i questi anni piano, piano si è andata perdendo o non si è aiutata a crescere. Quante volte oggi c’è la presenza dei giocatori nei Toro club? Quanta presenza c’è da parte della società nei Toro club? E poi, se ogni anno si cambia metà e più di metà della squadra è difficile per un giovane, per un tifoso affezionarsi perché quello che un giorno era il proprio beniamino, il proprio idolo l’anno dopo lo si vede con un’altra maglia, in un’altra squadra o non si sa neppure dove sia finito. Diventa complicato in certi momenti tifare Toro rispetto a com’era tifare Toro soltanto una decina di anni fa. Oggi è quasi come tifare per un’altra squadra e questo non è nel Dna del Toro e non lo è mai stato”.
Il presidente Cairo ha aperto alla possibilità, a determinate condizioni favorevoli, di acquistare dal Comune il Grande Torino Olimpico e il Filadelfia. Che tipo di segnale dà con questa eventualità?
“E’ lo stesso che aveva dato nel 2010 quando stava parlando con l’allora sindaco Chiamparino per l’acquisto ipotetico dello stadio: siamo nel 2023, sono passati tredici anni, e non è successo assolutamente nulla”.
Potrebbe eventualmente preludere a una futura cessione del club?
Non credo. Anzi, penso che stante i risultati economici sia della Cairo Communication sia di Rcs MediaGroup e dello stesso Torino Fc non credo che sia un’ipotesi. Poi tutto può succedere domani mattina, ma se non arriva veramente uno sceicco o un fondo che offre chissà quanti milioni di euro non peso che nelle intenzioni del presidente Cairo ci sia quella di mollare. E’ troppo importante nella sua geopolitica editoriale, industriale, imprenditoriale il Toro perché è una pedina importantissima del suo scacchiere”.
Secondo lei, Juric il prossimo campionato sarà ancora l’allenatore del Torino?
M lo auguro perché quest’anno le alcune cose belle che ho visto del gioco del Toro credo siano frutto dello spirito di Juric e di quanto lui sia riuscito ad infondere il suo modo di vedere il calcio nel Toro. E vedo anche che in talune occasioni ha supplito a un’organizzazione societaria, come diciamo ormai da tanti e tanti anni, molto, molto ridotta all’osso e allora lui si è caricato sulle spalle anche certe responsabilità, vuoi nella gestione del rapporto con i tifosi, nella gestione dello stesso Filadelfia ed altre. Me lo auguro perché se manteniamo la gran parte di questa rosa di quest’anno, se manteniamo lui allora basterebbe che Pellegri per un anno potesse giocare in condizioni normali e non soltanto qualche scampolo di partita e con un paio di acquisti di giocatori giusti e ben indovinati forse allora si potrebbe fare quel salto di qualità o, come dicono gli esperti, alzare l’asticella per puntare a qualche cosa di più importante e allora ritornerebbero anche i tifosi allo stadio e tornerebbe il granatismo, il sangue di color granata che è stato da sempre la caratteristica di questa squadra”.

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