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TMW RADIO - L'ex arbitro Baracani: "Dal '94 a oggi, la mia storia. VAR? Va sempre migliorato"

di Aleandro Laudadio
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L'ex arbitro Leonardo Baracani è intervenuto a Stadio Aperto, trasmissione pomeridiana di TMW Radio, parlando di vari temi, a cominciare dal VAR: "È stata un'agevolazione per gli arbitri, ho avuto la sfortuna di non usufruirne, avrei fatto tanti errori in meno".

Il VAR interviene anche su elementi dove non c'è l'oggettività
"Il VAR è in un momento d crescita, è una sperimentazione che va avanti da anni. Ogni anno vediamo dei miglioramenti. Dobbiamo seguire le direttive di UEFA e FIFA. Con il passare del tempo questo gap si ridurrà molto e si arriverà quasi a una perfezione".

Le piacerebbe essere in sala VAR?
"Quando entri a far parte di questa associazione c'è un percorso in cui si fa tutto. è una malattia positiva, come il calcio. Se ci fosse bisogno di un contributo farei".

Com'è stata l'esperienza da addizionale?
"Il primo anno in cui fu inserito il ruolo dell'addizionale non esisteva ancora la goal-line technology, nacque anche per vedere il gol-non gol. Erano degli occhi in più in campo, quando si arbitra una partita qualcosa sfugge. Il ruolo dell'addizionale prima del VAR è stato fondamentale in alcune circostanze".

Il primo ricordo che le sovviene dell'esordio in Serie A?
"Il mio ricordo è legato a mio padre. Quell'anno era il primo anno alla CAN, e scoprimmo la sua malattia. In questa attività non hai molti tifosi, ma i primi tifosi sono sempre il babbo e la mamma. Il mio impegno era che mio padre potesse assistere al mio debutto in Serie A: Catania-Napoli. Era la penultima giornata di campionato, in quella giornata esordimmo io e Calvarese, lui a Cagliari contro l'Inter. Era un sogno che si realizzava, perché entravo a far parte del calcio che conta".

Com'è il rapporto tra giocatori e arbitri? Ricorda un aneddoto?
"Borghese all'epoca giocava a Bari. Era un giocatore che ammonivo sempre. Nel tunnel, prima di una partita, lo incrociai e mi disse che non si sarebbe fatto ammonire: dopo sei minuti di gioco commise fallo al limite dell'area, lo ammonii e mi disse che non avrebbe potuto fare altrimenti. Sono dei jolly che cercavo di usare prima dell'inizio delle gare. Non si può avere sempre un approccio distaccato. Ciò agevolava il mio operato e tutelava lo svolgimento della gara".

In un certo momento l'arbitro deve prendere delle decisioni. In Roma-Bologna, a causa dell'infortunio di Trefoloni, da quarto si trovò ad arbitrare
"Era il mio secondo anno alla CAN, e fu il mio trampolino di lancio. Venivo dalla seconda direzione in Serie A il mercoledì a Parma. Collina mi comunicò, mentre ero in treno, che avrei dovuto arbitrare la gara. Una gara in Serie A si prepara per giorni, rivedendo anche le partite della settimana precedente di entrambe le squadre, come giocano le difese, gli attacchi. Dovetti preparare una gara in un'ora e mezzo".

Quando c'è stato il suo esordio in assoluto da arbitro?
"Era il 27 dicembre 1994, una partita di esordienti, all'Antella a Firenze. Fu un'emozione, io ho iniziato a fare l'arbitro per scherzo, la mia passione era giocare a calcio, dopo aver terminato gli studi decisi di fare l'arbitro".

Oggi ci sono pochi arbitri giovani
"Il lockdown ha fatto allontanare tanti ragazzi che si erano avvicinati al nostro mondo. Ogni settimana assistiamo a notizie di aggressioni su campi di periferia in partite tra bambini. Ci vorrebbe più educazione e senso civico".

Come si è arrivati a questo punto?
"Oggi non si danno le giuste sanzioni a chi provoca questi atti di violenza. Quando da ragazzo giocavo a calcio c'era attenzione anche nel come rivolgere la parola all'arbitro, oggi è normale mandarlo a quel paese".

Oggi si fa fatica a trovare arbitri di un certo spessore
"Quando arrivai alla CAN nel 2008 era ancora unificata, prima di essere divisa nel 2010. Subimmo questa conseguenza. Per crescere bisogna stare insieme, condividere le cose insieme, allenarsi insieme. Questo ci fu tolto. Hanno riunificato la CAN e questo servirà per far crescere i giovani in maniera più professionale e dare arbitri di maggiore livello in futuro. Abbiamo perso un grosso arco temporale in cui arbitri giovani non sono cresciuti come avrebbero dovuto. Ma la classe arbitrale oggi non potrebbe chiedere di meglio: Gianluca Rocchi è stato il numero uno".

Cosa ne pensa della possibilità di permettere agli arbitri di parlare?
"Il dopo partita diventa sempre un problema. Siamo ancora lontani, ma gli arbitri sarebbero pronti a parlare. Sarebbe importante, e l'AIA ci sta lavorando, far parlare magari anche un rappresentante degli arbitri".

Il fallo di mano per un arbitro è la cosa più difficile da gestire?
"Ogni anno ci sono delle piccole modifiche nel regolamento sui falli di mano. È il fallo più discutibile e più difficile da valutare. Oggi gli arbitri hanno questo strumento che spero venga migliorato sempre più di anno in anno, per andare il più vicino possibile alla perfezione".

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