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LIVE TMW - Vlahovic: "Ho voluto tanto la Juve, abbiamo lo stesso dna"

di Simone Dinoi
Fonte: inviato al Salone del Libro di Torino
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Dusan Vlahovic, attaccante della Juventus, è ospite presso la Sala Olimpica del Padiglione 1 del Salone del Libro di Torino in occasione della presentazione del libro, scritto dal direttore di Tuttosport Guido Vaciago, intitolato “Vlahovic, non finisce qui”.

Sull’avvicinamento al calcio: “Ringrazio tutti voi che siete qui oggi. Penso che in Serbia da quando siamo piccoli ci mettono sempre la palla in mano. Da quando ero piccolo avevo una voglia di essere sempre in movimento, ho cominciato prima col basket che era la mia prima passione, anche perché nella mia scuola elementare c’era una scuola di basket. Ho fatto due-tre anni di basket, poi giocando con i miei amici a calcio ho deciso di fare quello. Poi mia madre mi ha portato al primo allenamento”.

Su come migliorare: "Come detto nella presentazione, mi piace il dna della Juve, questa voglia di combattere e di non mollare, di andare oltre il limite, fino alla fine. Un po' così sono anch'io. Mi piace lavorare, soprattutto perché quando smetto di giocare anche se è presto, non voglio avere rimpianti. Voglio dare tutto, non vorrei avere rimpianti. Questo è il mio lavoro, sono un privilegiato e non vedo perché debba essere diverso. Come dice lei, si può fare sempre meglio. Anche quando hai fatto una cosa straordinaria, devi essere consapevole e soddisfatto, senza esagerare".

Su Prandelli: "Vorrei dire che parlando di me come un campione non mi piace, c'è tanta strada da fare, da lavorare. Darò tutto me stesso e spero che diventerò un campione. Prandelli? Mi emoziona sempre, mio padre non avrebbe fatto ciò che ha fatto lui per me. Mi diceva: guarda al posto suo non avrei fatto questo. Lo ringrazio tanto, ci sentiamo spesso. Lui è stato quello di cui avevo bisogno, mi ha spinto avanti, mi ha supportato. Lo ringrazierò per tutta la vita, qualsiasi cosa per lui ci sono e ci sarò sempre. Sono veramente grato, spero di vederlo presto, finora è l'uomo sportivo più importante. Uno vero".

Su Chiesa: "Marangon? Lo ringrazio per le parole che ha speso, per ciò che ha detto lui. Lo ringrazio tanto, sono arrivato come diceva lui, da ragazzino. Mi ha visto crescere, mi ha aiutato tanto. Io queste persone non le dimentico. Tutti quelli che hanno fatto qualcosa per me, sono grato sempre a loro. Con Chiesa abbiamo condiviso tre anni alla Fiorentina, fortunatamente siamo di nuovo insieme. Si è infortunato quando sono arrivato, spero torni il prima possibile, lo conosciamo come calciatore. È stato un piacere vederlo, speriamo di ritrovare la nostra intesa sul campo che è rimasta a Firenze. Non vedo l'ora di giocare con lui, per scendere in campo, lottare e vincere insieme".

Sulle sue paure: "Nel mondo del calcio paure non ne ho, fa tutto parte del gioco. Alla fine è un divertimento, dobbiamo farlo sereni e col sorriso e alla fine viene tutto da solo. Nella vita siamo umani, tutti abbiamo delle paure. Sono molto legato alla mia famiglia, ci sono cose a cui non voglio nemmeno pensare. Anche se abbiamo delle paure dobbiamo affrontarle".

Sulla Champions: "Quando si dice che sogni l'inno della Champions a inizio partita... Non avevo quell'esperienza, non ce l'ho ancora avendo fatto solo due partite ma tutta la settimana si respira un'aria diversa quando c'è la Champions. Ero orgoglioso di me stesso, è una cosa speciale. Tra me e me stavo pensando "ci siamo!". Poi il gol segnato, le emozioni che provi. Vorrei provare queste emozioni tante volte e per molto tempo. Speriamo che arriveranno tutte queste partite e che saranno tantissime. La prima partita di Champions che ho visto in tv è stata Milan-Liverpool di Istanbul, me la raccontava anche mio padre. Me la ricordo poco ma ricordo i racconti di mio padre".

Sul futuro: "Non lo so, non guardo così in avanti. Ho miei obiettivi, che tengo per me e sono chiari. Quello che sto immaginando io, alla fine sarà scritto da qualche parte, ma li terrei per me. Non mi piace parlare di queste cose, né con la mia famiglia, né con nessuno. Obiettivi Juve? C'è poco da aggiungere, sappiamo che la Juve vincerà sempre e vincerà per sempre, è l'unica cosa che conta e dobbiamo tornare su questa strada. A vincere e basta. C'è poco da parlare, dobbiamo vincere. Pressione forte? Secondo me ce l'hanno le altre, come ha detto qualche allenatore... le pressioni sono altre. Una famiglia che lavora tutto il mese non sapendo se arriva a fine mese, questa è la pressione. Noi giochiamo a calcio, ci divertiamo, provando a far felici quante più persone possibili. Ho iniziato a giocare per passione, per rendere orgogliose tutte le persone che mi guardavano. Sono felicissimo, la mia vita sta andando bene. Io e i miei genitori stiamo bene e questa è la cosa più importante. L'affetto del pubblico è quello che mi dà la spinta in più anche se qualche volta sei stanco, ti spinge a fare cose che non puoi neanche immaginare. Sono felice di stare alla Juve, l'ho voluta tanto. Spero di vincere tante cose".

Sulla lingua italiana: "Ho imparato il più possibile, la minima cosa da fare era imparare la lingua del paese in cui gioco. Tutti qui dovrebbero sapere e imparare la lingua. Sono abbastanza socievole, chiacchierone. Per via del mio carattere ho conosciuto tante persone, anche a Firenze. Sono curioso, quando non capisco una parola chiedo sempre. Spero un giorno di parlare italiano perfettamente".

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