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ESCLUSIVA TMW - Palermo, Pelagotti: "Voglio restare a lungo. Fino alla A"

di Andrea Losapio
Fonte: Dall'inviato a Carini (PA)
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© foto di Mario Giglio/TuttoPalermo.net

Il Palermo riparte dalla Serie D, con 37 punti in tredici partite, frutto di dieci vittorie consecutive, un record. TMW racconta la ripartenza dei rosanero, dopo il fallimento di Zamparini e l’epopea Tuttolomondo, ripartendo da Castagnini, Sagramola e Pergolizzi

“Me lo ha chiesto mia moglie, dove volessi andare. A Palermo, ho risposto”. Alberto Pelagotti, portiere del Palermo, ha giocato in Serie A, in B, l’anno scorso è stato uno dei migliori portieri della C. Nonostante questo ha scelto di retrocedere ancora, prendendo la rincorsa. “Ero a casa, mi ha chiamato Castagnini, dal nulla. Ci speravo tanto”.

Avevate già lavorato insieme.
“Lui e Sagramola, a Brescia. Speravo potesse nascere questa cosa, ero incuriosito dal progetto, stimolante, spero vincente. Alla fine la chiamata è arrivata, non ho esitato nemmeno un secondo”.

Ad Arezzo aveva fatto bene.
“Avevo richieste dalla B, ma per come sono fatto io… non so se sia maturato, ma volevo un progetto, non giocare per salvarmi o metà classifica. Fosse arrivata una squadra veramente forte ok, ma non è successo. Così ho preferito questa scelta per un futuro importante qui”.

Obiettivo?
“Centrare promozioni, possiamo dire la nostra in questo campionato, nonostante qualche difficoltà. Dobbiamo fare un boccone di questa D, poi ci mettiamo al tavolo e i direttori costruiranno una squadra per vincere la C. Sono sicuro al 100%”.

Com’è nata l’idea?
“Ero al bar, la mattina. Ho detto “spero mi chiami il Palermo”. Ed è arrivato davvero, pur non avendo nessun sentore. Non avevo sognato nulla, solo ci speravo”.

Com’è passare dalla B alla D?
“Lo scalino più grosso è tra la A e le altre categorie. La A è un campionato a parte, dopo avere fatto 3-5 anni totali in A ripartire è stato molto difficile”.

In che senso?
“C’era un complesso nella mia testa, dovevi fare una mappatura dei campionati minori e non era facile. Ad Arezzo è stato semplice perché non avevamo nulla da chiedere, ma abbiamo rischiato di andare in B”.

Diverso da Palermo?
“Oh, sì. Qui sembra che l’organizzazione sia da Serie A. Calarmi dentro è stato semplice, poi quando giochi a Biancavilla o Palmi, beh, no. Devi cambiare visione. Il livello tecnico è bassissimo, c’è solo aggressività, recuperare palla, stare alti e fiato sul collo. C’è più intensità che tecnica”.

I campi non sono il massimo.
“Ho visto la nazionale italiana contro l’Armenia, se dovessero giocare in certi campi di D farebbe fatica. Perché le distanze tecniche si annullano, i campi sono tre metri quadri per tre. Al Barbera imponiamo il nostro gioco, abbiamo più spazi”.

Però vi allenate sul sintetico.
“Non ho paura a dire che chi ha un centro sportivo adatto guadagna 3-4 punti all’anno, fanno la differenza. Noi ci alleniamo sul cemento e poi ci spostiamo sulla terra, sull’erba. Non ci favorisce, ma la categoria è questa. Speriamo ci sblocchino Boccadifalco per i prossimi 4-5 mesi della stagione, così ci rimettiamo a posto a livello fisico. Non è un caso avere avuto tanti infortuni. Si potrà dire sfortuna, ma il campo incide”.

Dovete solo vincere…
“E non è mai facile. Voglio spezzare una lancia in favore dei direttori, sono due persone straordinarie. Sanno fare il lavoro al massimo, con loro hai quella chance di salire subito”.

Chi conosceva a Palermo?
“Beh, Santana. Mi ha impressionato, è ancora un giocatore devastante, altamente sopra la categoria. Gli altri sono tutti bravi, lavorano bene, i giovani si mettono a disposizione di noi anzianotti. Il plauso va a tutti”.

Beh, però Martinelli, Lancini e Accardi…
“Sì, certo, ho giocato a Brescia con loro. Poi sono rimasto colpito dalla qualità di Felici. Io gli rompo le scatole, si può dire? Gli sto addosso perché può dare tanto tanto tanto di più. Ha le qualità tecniche per giocare in un’altra categoria, ma se non lavora… rimane un giocatore normale”.

Avete avuto due partite di stop…
“Per me non è un problema, non leggo mai niente, i social li seguo pochissimo. Instagram l’ho dato in gestione. C’è il nostro team manager che ci passa i giornali, ma riesco a isolarmi dalle critiche o dagli elogi”.

Cosa ti ha colpito di questa città?
“Il calore. Io sono di Empoli e certe dinamiche si sono perse, da noi è passato di moda il fatto di dare una mano alle persone. Qui c’è il valore della famiglia, dell’amicizia”.

Obiettivo?
“Rimanere qui tanti anni. E arrivare in Serie A”.s

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