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ESCLUSIVA TMW - Castagnini: "Palermo in D? Pensavo di non essere all'altezza"

di Andrea Losapio
Fonte: Dall'inviato a Carini (PA)
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© foto di Luigi Putignano/TuttoLegaPro.com

Il Palermo riparte dalla Serie D, con 37 punti in tredici partite, frutto di dieci vittorie consecutive, un record. TMW racconta la ripartenza dei rosanero, dopo il fallimento di Zamparini e l’epopea Tuttolomondo, ripartendo da Castagnini, Sagramola e Pergolizzi

“All’inizio non sapevo se fossi all’altezza”. Renzo Castagnini può vantare una lunghissima carriera, tra Juventus e Genoa, Brescia e Vicenza. Eppure a Palermo, quando chiamato da Sagramola, non sapeva se accettare o meno. “L’ha raccontato? Abbiamo lavorato insieme, c’è un feeling particolare, ci conosciamo bene. Però non conoscevo la categoria, non sapevo cosa fosse. Quando brancoli nel buio non puoi sapere il valore di quello che vai a costruire”.

Falsa modestia?
“No, era complicato. Ero terrorizzato, poi quando cominci a lavorare tutto cambia, ci metti al testa. Finché non c’è il campo come giudice non sai quello che hai costruito. Essere più o meno forte non è valutabile a tavolino”.

E quindi?
“Qui c’è una responsabilità importante. Se vinci hai fatto il tuo, se non vinci sei un coglione. Si può dire? È così, è la verità, non è semplice”.

Come ha fatto a sorpassare quel momento?
“Succede così: io vado a vedere una partita, a fine luglio, a Coverciano. Disoccupati contro una D che vuole arrivare ai playoff, toscana. I disoccupati camminavano, gli altri correvano, c’era un caldo terribile”.

Risultato finale?
“3-0 per i disoccupati. Ho capito che bisognava puntare sulla qualità, è quello che fa la differenza in categoria. Almeno questo è stato l’insegnamento”.

Avete preso qualcuno?
“Dellafiore si è allenato con noi per qualche tempo, poi abbiamo preso Lancini, Crivello, più giovani. Abbiamo deciso di puntare su di loro anche per la futuribiltà, anche se Dellafiore aveva fatto bene”.

L’obiettivo è evidente.
“È ovvio, abbiamo costruito per la Serie C. Non possiamo nemmeno però pensare di smantellare ulteriormente la squadra, l’anno prossimo, cambiando 27 giocatori. Siamo contenti, c’è un impianto di livello”.

Qualcosa bisognerà fare.
“Di sicuro. Non penso molto, questa squadra non è così lontana da una B. Almeno come percezione, come qualità. Devi rimpinguare i reparti, mettere a posto un po’ di cose, lo fanno tutti. Juventus compresa”.

A proposito di Juve, l’under23 non vince la C…
“È una frase fatta, ma vincere è sempre difficile. Anche se ti chiami Palermo. Magari c’è il campo piccolo, come con la Palmese, e pareggi perché le distanze tecniche si annullano. La palla è sempre in aria, gli avversari, non riesci a mettere qualità”.

Ma la C è più difficile?
“A Salerno e Cosenza l’ho vinto, non è impossibile ma ne sale solamente una, poi ci sono i playoff. Ci sono squadre che spendono molti soldi: il Monza, la Reggina, il Benevento di tempi. Ci sono investimenti pazzeschi e non salgono tutte. Devi trovare equilibrio ed entusiasmo, non basta spendere per vincere. Servono giocatori nella testa. A Brescia abbiamo fatto cose straordinarie, la nostra squadra aveva poco meno di 21 anni di media. Abbiamo vinto con 4 gol contro il Cagliari, ci vuole fortuna”.

Però Palermo dovrebbe essere favorita.
“Ci siamo messi lì, abbiamo fatto un sacco di telefonate, tutti i giorni. Poi una cernita, era già agosto, non potevi scegliere. Devi andare su quelli rimasti, abbiamo avuto la fortuna, con Sagramola, di scegliere giocatori che avevano fatto la Serie B. Palermo li attraeva”.

Un mestiere difficile.
“Non dormivamo la notte. È stata l’esperienza più stressante da quando faccio questo lavoro. A Brescia, per dire, abbiamo avuto il tempo necessario per lavorare. Non avevi soldi, né nulla, ma il tempo sì”.

Qui no…
“Abbiamo incominciato il 5 agosto, il campionato era l’1 settembre. Non puoi arrivare senza squadra, a Palermo non puoi abbozzare, devi vincere subito. A Brescia finiva il campionato, costruivi pian piano. Qui dovevi vincere la prima partita, fare risultato subito, senza conoscere la categoria”.

Domanda retorica: ora l’obiettivo qual è?
“Vincere. Poi vincere l’anno prossimo. Palermo ti impone questo, è la quinta città d’Italia. La società è seria e solida, l’impegno è difficile. Ma possiamo farcela”.

Non avere un centro tecnico pesa?
“Il presidente lo farà presto. Magari passerà un anno. Allenarsi a Carini, pur se coccolati, è un limite perché per fare le cose in grande serve il centro sportivo. Sarà una cosa veloce”.

Però avete portato 20 mila persone in D.
“Non voglio regalare sviolinate, non ne ho bisogno, ma è grazie al presidente Mirri. È una persona straordinaria, un tifoso”.

E Sagramola…
“Ha fatto otto anni qui, a grandissimi livelli. Sono persone serie. Poi i palermitani erano stanchi dell’altra società, c’è questo entusiasmo che la squadra ha contribuito a mantenere con dieci vittorie consecutive. Il calo successivo è stato fisiologico”.

Però si parla anche di un cambio proprietà.
“Bisogna vivere il momento, cercare di fare risultato. I palermitani vogliono loro concittadini, questa è la chiave di questo entusiasmo. Vinci un campionato, ma poi devi vincere quello dopo. Il sogno è di fare come il Parma, lavorare per quello. Ce lo impone la città, con 20 mila spettatori, che possono diventare 30. È una responsabilità”.

Il modello è quello dell’Atalanta?
“Beh, sarebbe fantastico. Si vive di sogno, non solo di stipendio. La nostra professione è quella di difendere il nostro lavoro. Se non avessi stimoli, a 63 anni, starei a casa con i nipotini e non a Palermo. Qui c’è uno stimolo, il lavoro non ti pesa, l’età, le distanze. C’è un mondo da scoprire. Questa è la quinta città d’Italia. A me ora non interessa la A, la B, la C. Sono in D, guardo queste squadre. Sognare è bello, ma viviamo il momento”.

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Lunedì 6 Maggio 2024
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