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Chi è oggi il miglior dirigente italiano? Gandini: "Escluso Galliani, direi Marotta"

di Tommaso Bonan
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© foto di Alessio Alaimo

Lunga intervista a Radio TV Serie A per Umberto Gandini, attuale presidente della Lega Basket Serie A, e storico dirigente del Milan e della Roma: "I 23 anni in rossonero? Sono anni che rappresentano una buonissima parte della mia vita, una vita straordinaria per tante cose. Dal punto di vista sportivo è stata una cavalcata ineguagliabile, pensare oggi che una squadra possa fare come quel Milan a livello internazionale è molto difficile, sono cambiati tantissimi riferimenti del mondo, in generale. È stata una crescita personale e professionale, una vera famiglia, perché ho passato praticamente una metà di vita col Milan. Momento più indimenticabile? È facile rispondere con la prima finale di Champions vinta, Milan-Barcellona ad Atene del 1994. La mia esperienza era iniziata con la sconfitta subita a Monaco di Baviera contro l'Olympique Marsiglia. Memorabile anche la vittoria nel 2007, sempre ad Atene, una città ricorrente nella mia storia. Due finali, due vittorie, una città santa per i milanisti".

Sul Milan di oggi
"Penso che sia una realtà ancora in divenire da un certo punto di vista, c'è stato un cambio di proprietà recente e credo che ci sia un'attenzione molto più elevata rispetto ai nostri tempi di quello che è il marchio. Nell'ultimo anno secondo me c'è un po' troppa attenzione sul fuori campo che sul campo vero e proprio. Stefano Pioli? Non l'ho conosciuto come allenatore di una mia squadra, ma come giocatore e allenatore contro cui ho giocato. L'ho incontrato la sera in cui è stato ingaggiato dal Milan, lui e Boban erano nello stesso hotel. È un eccellente professionista, ha vinto uno scudetto, cosa non semplice che viene data per scontata. Credo che abbia un ruolo non semplice, è difficile interloquire con una proprietà che non ha proprio i fondamentali di gestione di una squadra. Una squadra che ha una forza lavoro fatta da milionari, da gente che diventa famosa presto e che guadagna tanto, che è molto diversa dalla gestione di risorse umane di qualsiasi azienda. Avrei fatto la differenza in questo Milan? No, però ho pensato di poter tornare per fare qualcosa. Contattato da possibili acquirenti del Milan? Sì, ero stato sondato prima dell'operazione Elliot, quando sembrava che Rocco Commisso comprasse il Milan da Yonghong Li. Io ero in uscita dalla Roma, era l'estate del 2018. Tornerei al Milan? Se me lo chiedessero, ci penserei seriamente. È stata la mia casa, una famiglia".

Sulla Roma, Luciano Spalletti e Daniele De Rossi
Due anni intensi, molto belli e formanti, perché avere un rapporto diretto con l'azionista - che rappresentava un gruppo di azionisti - è stata una scuola, un'esperienza che non conoscevo. La Roma è una società con un rapporto straordinario con la sua tifoseria, estremamente legata alla città. Due anni da amministratore delegato a Roma, con una proprietà americana, è stata una grande esperienza. Abbiamo fatto bene, ricordo le semifinali di Champions League, ho lavorato con Spalletti, Di Francesco, Monchi...

Differenza tra Roma e Milan? Il legame con la città, il rapporto fortissimo che c'è, quasi un'identificazione simile a quello che succede a Barcellona, dove il club è più che una squadra, quasi una nazionale. È stato più difficile lavorare a Roma rispetto che a Milano? Per la mia esperienza potrei dirti di sì, per tutto quello che gravita attorno a una città come Roma, capitale e città del governo in cui c'è tantissima influenza: da quel punto di vista è più difficile. Mi piace ricordare il rapporto con Luciano Spalletti: era l'ultimo anno di contratto, non ero il suo riferimento diretto e me lo disse in totale trasparenza. Io gli dissi: "Quando vuole io ci sono, di qualsiasi cosa abbia bisogno". Ogni tanto ci scrivevamo: io insistevo per fargli vestire la divisa ufficiale al posto della tuta, perché penso che un club come la Roma dovesse essere anche dal punto di vista stilistico all'altezza della situazione e lui, senza dirmi che lo avrebbe fatto, lo fece. Si lamentava con me di cose che erano fuori dal mio "controllo", come i campi di Trigoria che non andavano bene. Ci sono state tante cose, anche un rapporto con personaggi di alto livello: ho vissuto l'ultimo anno di Francesco Totti in una serata struggente, ho pianto anch'io per quello che rappresentava. Daniele De Rossi? Immaginavo sarebbe diventato allenatore, suo padre Alberto è stato uno degli allenatori più importanti del settore giovanile della Roma. Lui rappresenta la romanità, così come Francesco, ma tra i due Daniele aveva più attitudine per il campo rispetto a Totti. De Rossi divenne il "mio" capitano, il rapporto divenne più stretto".

Chi è oggi il miglior dirigente italiano?
"Escluso Adriano Galliani, che reputo ancora il migliore, oggi forse Giuseppe Marotta può fregiarsi di questo titolo. Il club che lavora meglio? Di conseguenza l'Inter, a oggi è più avanti rispetto ad altri. Forse il fatto di non aver affrontato seri problemi nella gestione aziendale negli ultimi anni ha dato un vantaggio competitivo all'Inter".

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