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L’evoluzione dei top player: un solo profilo, tante varianti…

di Fabrizio Ponciroli
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C’era una volta il top player. Specie pregiata, presente in natura (calcistica) in pochi esemplari. Stava ad indicare il giocatore in grado di cambiare, da solo, il corso delle partite. Caro, carissimo, irraggiungibile. Riuscire ad avere nel proprio roster un top player era impresa ardua, economicamente imponente (chiedere alla Juventus per conferma aprendo il file acquisto di CR7 del 2019). Crescere un top player in casa e poi rivenderlo, era paragonabile al ritrovamento di un Prince Adam della Mattel (1984) in soffitta (una fortuna sfacciata ed economicamente molto remunerativa).
Oggi, portarsi a casa un top player non sembra così impossibile, anche perché la razza è mutata. La pandemia ha stravolto la vita e le regole di tutto e tutti, calcio compreso. Quello che un tempo costava 100, ora ha un valore variabile che dipende da più fattori. Il 99% dei club di prima fascia è in crisi (fanno eccezione il PSG e il Manchester City) e, quindi, di soldi (veri) in circolazione ce ne sono pochi. L’idea di cambiare i giocatori come le figurine Panini è bellissima ma non sempre attuabile. Tanti procuratori, per continuare ad avere introiti adeguati, si sono inventati il top player a parametro zero. Il numero di tali esemplari è in costante aumento. Sono top player che, per avere poi mercato, decidono di non rinnovare con il proprio club di appartenenza, diventando liberi e, appunto, a parametro zero. Donnarumma è un esempio calzante, Messi sta pensando se questa etichetta gli possa andar bene (è formalmente svincolato) e Mbappè potrebbe diventare il parametro zero per eccellenza a breve.

Una specie particolare che costa di meno (cartellino a zero) ma ti dissangua a livello di ingaggio…
C’è poi il “una volta era un top player”, ovvero la variante (termine che odio perché ormai lo associo solo a situazioni sempre spiacevoli) che punta su “sono stato grande un tempo”. Fino al pre Covid-19, uno come Isco non sarebbe mai stato quotato 20 milioni di euro. Oggi, con il Real Madrid alla disperata ricerca di incassi, ecco che il fantasista spagnolo può arrivare a costare una cifra simile (Milan, io ci penserei). Fanno parte di questa lista tanti altri grandi nomi, come Griezmann ad esempio. Lui sì che è stato un vero top player ma il Barcellona non pare più intenzionato a garantirgli circa 20 milioni di euro all’anno…
C’è poi il top player saggio, quello che guarda al futuro. Cristiano Ronaldo è il fautore di questa specie. Da buon imprenditore, pare aver capito che è meglio guadagnare 40 milioni in due anni che 31 in un solo anno, soprattutto in questi tempi di vacche magre. Infine, diffidare dal “potevo essere il più grande ma…”. In questo gruppo sono presenti tantissime giocatori. E’ una sottospecie già nota prima del Covid-19. Allora, tanti club ci cascavano e davano, a questi presunti top player, una chance. Oggi, per tutti loro, è diventato complicato strappare un contratto importante. Lo ha capito bene Balotelli. A 30 anni è costretto a vedere il suo nome associato a club, diciamo così, non proprio esaltanti.
E’ la legge del nuovo calcio, prendere o lasciare…

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