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I segreti e le emozioni dell'Italia vista da vicino all'Europeo. Barella-Jorginho-Verratti: è il centrocampo più forte del mondo. Poi Spinazzola: la sua storia sia di lezione per tutta la Serie A

di Marco Conterio
Nato a Firenze il 5 maggio del 1985, è caporedattore di Tuttomercatoweb.com e ora inviato al seguito dell'Italia a Euro 2020. Commentatore per TMW Radio, in passato al Messaggero e Radio Sportiva
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Questo Europeo visto da vicino, dietro al piè sospinto di impietose sveglie e di complicate tratte aeree, è una sensazione fortissima. La prima. Un sogno. Vivere in un'eterea bolla, così lontani e così vicini. I caroselli degli amici e gli abbracci di chi conosci sui telefonini mentre templi magnifici si van pian piano timidamente e paurosamente riempiendo. Prima Wembley, con gli italiani con la valigia d'Inghilterra. Ieri l'Allianz, con i belgi che saranno pure stati meno ma erano indiavolati e rumorosamente assembrati. Quando il fischio è risuonato tre volte, poi l'azzurro è esploso, nei colori dello stadio e nei cieli di Monaco. Esserci è un privilegio e una sensazione unica. Speciale. Le più intense, finora: l'abbraccio tra Mancini e Vialli, come prima. Visto dall'alto, una stretta fortissima che va ben oltre il calcio. Che è vita, che è speranza, che è lotta, che è tutto quel che non ti dici mai e che vien racchiuso in pochi secondi. 'Lì c'è tutto, tutto', dice chi conosce bene entrambi da quando era bella la giovinezza che s'è fuggita. Tuttavia lo spirito è rimasto quello. Ed è straordinario vedere oggi quest'Italia che è un gruppo che apparteneva ai tempi andati. Quello del 'calcio di una volta', invece Insigne dice che mai s'è divertito così tanto, Bonucci e Chiellini parlano di 'amici' e pure i più giovani sono parte integrante, ognuno a suo modo, col suo carattere, con la sua personalità. Vediamo oggi le foto dei ragazzi del Mondiale del 1982, sempre abbracciati, sempre insieme, classe di ferro. Ricordano loro, questi azzurri, e non solo per la giacca di color Bearzot.

La seconda immagine sono le lacrime di Leonardo Spinazzola. A Cesare quel che è di Cesare, e pure a Claudio Chiellini che di Giorgio è gemello e che all'Allianz era a bordo campo e con lui s'è abbracciato al fischio finale in una stretta bellissima. Ora è direttore al Pisa, ma ha iniziato da agente e ha seguito lui in prima persona nell'agenzia con Davide Lippi, i passi e gli inciampi di Spina. Chi non ci ha creduto, chi lo ha fatto ma nel modo sbagliato. Chi lo ha abbandonato. Chi non ci ha puntato. La storia con la Juventus merita un capitolo a parte, perché nel calcio d'oggi le plusvalenze spesso contan più delle prospettive e delle potenzialità. Suo malgrado la Vecchia Signora l'ha salutato, Spinazzola ha trovato in Gasperini, dopo le solite alte maree, e prima ancora in Bisoli, e poi a Roma, allenatori e tecnici che hanno saputo capirne le qualità. Sfruttarle. Potenziarlo. Con Mancini, la sublimazione. La sua storia dev'essere un insegnamento per tanti ragazzi che vedono i club mollare gli ormeggi e lasciarli alla deriva, soli al proprio destino. Spinazzola al Lanciano, al Vicenza e all'Empoli ha faticato a trovare spazio. Molti gettano la spugna, molti non insistono, molti non hanno un'ancora a cui aggrapparsi. Fortuna, sorte, qualità. Le società inizino a valorizzare meglio i propri ragazzi, anziché tuffarsi nel mare magnum, e spesso ignoto, di un mercato che non ha ragioni tecniche, che non ha presente, che non ha futuro e paradossalmente talvolta neppure guadagni tali da spostare l'equilibrio della ragione. Guardino in C, in B, i club nostrani, e capiscano che c'è tanto di buono e ancora di inespresso. Le lacrime, poi. L'Italia che si stringe attorno a Spinazzola è il gruppo che non molla, la squadra di amici. Quella che sa i sacrifici di una vita, che conosce il percorso fatto, che ha già visto nella sua valigia carica di sogni. E vuol vincere ora anche per lui.

E poi c'è Jorginho. Poi c'è Verratti. Poi c'è Barella. Poi ci sono anche gli altri due attori protagonisti di questo Europeo, Locatelli e Pessina. L'intenzione iniziale era quella di ricalcare le pagelle vergate nelle prime sortite di questo Europeo quando l'interrogativo era aperto. "E' il miglior centrocampo del Mondo?". Sì. La risposta è ineluttabile, ma c'è ora una ragione specifica. Gli ingredienti funzionano quando trovano tra di loro la giusta alchimia. Sì, sulla carta la Francia di Paul Pogba, di Ngolo Kanté, di Corentin Tolisso e di Adrien Rabiot è più forte. Però son Galletti nel pollaio, e qualcuno pure fuori ruolo. Giù la cresta, fuori con la Svizzera. L'osannato, a ragione, Belgio, ha un giocatore fuori categoria come Kevin de Bruyne ma che gioca da trequartista. Se ragioniamo di mediani, uno tra Axel Witsel e Youri Tielemans giocherebbe titolare nell'Italia? La Germania, semmai: Leon Goretzka e Toni Kroos. Però in questa formula, con Joachim Low a fine ciclo, hanno dimostrato pure loro di non essere trascinatori e fulcro di un progetto tattico. L'Inghilterra? Kalvin Phillips e Declan Rice hanno un'alchimia straordinaria. In quanto a sintonia, sono gli unici che se la giocano, ma in questo caso pagano sul valore assoluto. Sicché sì. In alto la testa. L'Italia ha il miglior centrocampo al mondo, proprio perché come lui non ne funzionano altri così bene. Lascia delle sensazioni bellissime, anche visto da vicino. Ma non c'è troppo tempo per gli elogi e neppure per lasciar decantare queste emozioni. Suona ancora la sveglia. London Calling. Con una valigia carica di sogni. Anche quelli di Leonardo Spinazzola.

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