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Dybala +10: alla Juventus comincia il post-Cristiano. La Lazio sente la pressione. Inter da svegliarsi

di Tancredi Palmeri
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C'era una incantevole pubblicità durante i Mondiali2006 chiamata Teamgeist, spirito di squadra, con il famoso claim composto da un nome di un giocatore a scelta appartenente allo sponsor tecnico a cui aggiungere il suffisso +10, per dichiarare come il giocatore fosse così decisivo e dirompente da caratterizzare tutta la squadra, al punto da fare diventare il resto dei compagni solo i +10 che gli venivano appresso. Insomma come succedeva quando si giocava in cortile tra bambini (situazione per l'appunto ricreata nello spot) e i due giocatori più forti erano i capitani che facevano il tocco e si sceglievano i +10 giocatori.
Questo preambolo ludico non vuole mancare di rispetto ai suoi compagni di squadra della Juventus, ma il tipo di calcio che Paulo Dybala sta giocando, ma soprattutto la sua maniera decisiva di spaccare le partite ma anche di animarle, fa sì che davvero in questo momento la Juve sia Dybala +10. Peraltro i +10 non sono nemmeno dieci qualunque, ma questo accresce ancora di più l'importanza di ciò che sta facendo la Joya. La Juve a Genova ha giocato la sua prima vera partita convincente dal rientro in campo, padrona con il gioco anche all'intervallo pur essendo ancora 0-0, ma chi in tutte le prestazioni non è mai mancato e ancora di più stavolta è risaltato è Dybala, che semplicemente al momento non ha eguali per continuità nell'essere presente nel gioco. Perché in verità la maniera di segnare dell'argentino, mai banale e mai gratuita per il risultato finale, non è nemmeno la cosa più importante, ancorché sia la più decisiva. Perché la differenza vera tra Dybala e il resto della Juve e il resto della Serie A in questo momento è la sua capacità proprio di essere miccia e bomba. Attaccante totale come era Tevez, che scende a centrocampo a contribuire alla costruzione, coinvolge di sponda gli altri, e poi va a concludere. La Juve cresce, ma la squadra fa la differenza quando Dybala prende le redini del gioco, non solo della conclusione. E quello che mi fa proclamare questa differenza tecnica con gli altri è che in verità questa maniera di incidere Dybala aveva già cominciato da un bel po' di tempo a manifestarla in questa stagione.
Al punto che tutto fa pensare che sia cominciato il post-Cristiano Ronaldo. Durerà ancora CR7, e da Marassi in poi è già sembrato un altro giocatore per la qualità della giocata, rispetto alla versione incartata vista fino ad ora. Ma è ormai pacifico che Cristiano non sia anima del gioco ma finalizzatore, cosicché questa versione totale di Dybala è un sul piano della costruzione un salto ulteriore: ovvio, per essere davvero il post-Cristiano servirà essere continuo e decisivo in Europa.

In siciliano esiste un detto, non elegantissimo ma piuttosto efficace: “Cchiù longa è 'a pinsata, cchiù gruossa è 'a minchiata”; ovvero, “più ci si pensa su una cosa da realizzare, più grossa sarà la m... che si commette”. Ecco, alla Lazio sembra che la pausa forzata stia facendo l'effetto della “longa pinsata”. Finché eravamo a febbraio, e non aveva il tempo di fermarsi a pensare e realizzare l'impresa che avrebbe potuto realizzare, la Lazio viaggiava come un treno. Nella testa soprattutto, spensierata: proviamoci e sia quel che sia. Adesso invece sembra tutto diverso. E' ovvia la consapevolezza di una occasione forse unica e irripetibile per questo ciclo, e le tre partite disputate finora hanno mostrato il braccino di Jana Novotna a Wimbledon. Il Torino rinculato per 45 minuti in area ha permesso di recuperare fiducia, ma adesso la Lazio rischia di giocarsi la fiducia, già alla prossima contro il Milan dove non ci saranno né Caicedo né Immobile (ammonizione francamente incomprensibile quella comminatagli): sicuramente entrerà Correa, ma poi? Ripescare Luis Alberto dietro la punta come due anni fa, e rimettere Lucas Leiva in mezzo, o tenere il mondo com'è e affidarsi a Adekanye? Anche perché di fronte c'è il Milan che non ruba esattamente l'occhio, ma a cui sicuramente è diventato dannatamente difficile segnare.

Adesso tocca all'Inter contro il Brescia, ed è un adesso eufemistico perché in verità nessuno crede che l'Inter possa rientrare nella lotta scudetto. Ma a Parma per la prima volta è mancata la prestazione, molto peggio rispetto al pareggio con il Sassuolo: da salvare solo lo spirito di rimonta ma non certo il gioco. Qualcosa di strano per Antonio Conte, che ha tra i suoi migliori pregi la assoluta affidabilità della qualità espressa. Che succede ad Antonio? Non è da lui rassegnarsi agli eventi, e sicuramente non lo è il non imporsi di provare l'impossibile. Ma come a febbraio dalla Lazio in poi, sembra essersi abituato a un buon cabotaggio ma senza ricerca ossessiva del migliorarsi.
Ognuno ha una propria natura a cui non può sottrarsi. E sicuramente non è nella natura di Conte quella di prendere le cose per come vengono.

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Lunedì 6 Maggio 2024
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