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ESCLUSIVA TMW - Sgrò: "Bergamo mi ha adottato. Paratici? Era un computer, meno bravo da calciatore"

di Gaetano Mocciaro
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"Sgrò, ci porti in Europa o no?" cantavano i tifosi dell'Atalanta all'indirizzo del suo idolo a metà degli anni '90. La Dea all'epoca era una squadra-ascensore del calcio italiano, con qualche caduta in cadetteria inframezzata da buone stagioni nel massimo campionato, dove ha anche regalato grandi soddisfazioni ai propri tifosi: basti pensare ai giovani lanciati, come Christian Vieri e Pippo Inzaghi. A quelli rilanciati come Gigi Lentini. E dal 1993 al 1998, salvo una parentesi in prestito all'Ancona, il punto fermo del centrocampo era Marco Sgrò. Pontino di nascita, bergamasco d'adozione, ha regalato ai nerazzurri i suoi anni migliori. Che fine ha fatto? Ce lo racconta lui stesso, ai microfoni di Tuttomercatoweb

Cosa fa oggi Marco Sgrò?
"Sono rimasto nel mondo del calcio. Faccio l'allenatore, ho iniziato da farlo da tre anni, alla Tritium. Li ho presi in Promozione, facendo la scalata fino al quinto posto in Serie D. Poi il Covid ha fermato tutto. Oserei dire che ha rovinato tutto. Personalmente avevo richieste in Serie C e avevo comunicato per tempo alla società che avrei lasciato a fine stagione l'incarico. La situazione chiaramente è stata stravolta".

Quali sono le sue prospettive?
"Valuto, chiaro che se le cose sono così mi guarderò attorno. Spero di allenare in Serie C, non escludo nemmeno l'ipotesi estera. Certamente non sarò disposto a pagare di tasca mia pur di restare nel mondo del calcio".

Lei è stato una sorta di highlander come calciatore, avendo finito molto tardi
"Ho smesso a 40 anni, in Serie D, giocando 32 partite su 34. Al mio ultimo anno da calciatore mi hanno chiesto di allenare. Per un punto non siamo andati ai playoff".

Il suo nome è legato indissolubilmente all'Atalanta
"Ormai sono un bergamasco acquisito. Sono arrivato nel 1993 e ho messo radici. Il rapporto con i tifosi è splendido, mi fermano ancora per strada e quasi tutti i lunedì vado a commentare l'Atalanta, dove ho vissuto i miei anni migliori in particolar modo con Mondonico in panchina".

Nel suo primo anno di Atalanta c'era già Antonio Percassi, alla prima parentesi da presidente in nerazzurro
"Percassi in quell'anno non si faceva tanto vedere, del resto retrocedemmo a fine stagione e quando le cose vanno male è un casino".

Il ricordo più bello?
"Ho fatto quattro anni e mezzo, in quegli anni salvarsi era davvero complicato e noi ce l'abbiamo fatta per 4 anni. Tra i momenti più belli scelgo l'aver raggiunto la finale di Coppa Italia, dopo aver eliminato la Juventus. E poi l'aver fatto gol al Milan che all'epoca schierava in difesa Tassotti, Baresi, Costacurta e Maldini".

Tra i compagni di squadra Christian Vieri e Pippo Inzaghi, divenuti fra i migliori centravanti della storia del calcio italiano. Su quest'ultimo si aspettava la carriera di allenatore?
"Magari come allenatore non me lo sarei aspettato, ma è uno che vive di calcio e te lo potevi aspettare".

Da quale allenatore prende ispirazione?
"Emiliano Mondonico. Aveva una grande dote che nessuno ha: come leggeva la partita lui nessuno ed è una cosa innata, non puoi imitarlo. Negli allenamenti invece devo dire che Spalletti era davvero molto bravo".

Spalletti però alla Samp, con Lei in campo, fece male. Ci fu addirittura la retrocessione
"Sono quelle annate dove tutto va male: eppure la società investì molto, basti pensare a Ortega. Ma il problema è che arrivarono troppi giocatori stranieri, di paesi diversi, e in campo non si capiva nulla. E nemmeno nello spogliatoio. Non c'era amalgama, di conseguenza non c'erano grandi risultati".

Non si è mai chiesto: 'Chi me l'ha fatto fare di lasciare Bergamo?'
"Guardi, stavo così bene a Bergamo che chiesi al presidente Ruggeri di rimanere anche in Serie B. Ero il numero 10, i tifosi mi amavano. Ma non posso dimenticare le parole che mi disse: 'Con i soldi della tua cessione prendiamo tanti giocatori'. A malincuore dovetti andar via. E pensare che negli anni precedenti ero in odore di Nazionale e fui vicino al Milan".

Perché l'affare non si concretizzò?
"Capello mi voleva a tutti i costi. Dovevo solo andare a firmare, ma il giorno prima mi chiama il mio procuratore e mi dice che è saltato tutto: Capello ha litigato col Milan e al suo posto arriva Tabarez. Pensi, ci fu anche un contatto con la Juve al mio primo anno di Samp; con Spalletti non giocavo, mi chiama Pippo Inzaghi che aveva parlato con Marcello Lippi. Alla fine saltò anche quella possibilità. Insomma, quando le cose devono andare male, vanno male".

Fra i suoi compagni di squadra in carriera Fabio Paratici. Avete condiviso l'esperienza al Fiorenzuola
"Ad essere onesti non era un grande giocatore. Lo sapeva anche lui. Eravamo vicini di spogliatoio, glielo dicevo anche. Però aveva una conoscenza del calcio spaventosa, sapeva tutto dall'Eccellenza alla Serie A: era una sorta di computer. Glielo dicevo infatti di fare altro, restando nel calcio. Era predisposto per fare il lavoro che fa attualmente".

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