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Bertoneri: "Tradito dal Toro e nauseato dal calcio. Il mio presente è il podismo"

di Gaetano Mocciaro
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È stata una grande promessa del calcio italiano nei primi anni '80, idolo dei tifosi del Torino che in lui hanno visto l'erede di Gigi Meroni. L'esordio nel massimo campionato a soli 17 anni, il primo gol a 18. A 20 il Toro, squadra nel quale è cresciuto, lo scarica. E da lì inizierà una parabola discendente che l'ha portato anche ad appendere le scarpette al chiodo molto presto. Parliamo di Dante Bertoneri. Massese, classe 1963, è uno dei tanti prodotti calcistici della città. Si pensi a Roberto Mussi, Sergio Battistini, Giovanni Francini: stessa classe, stessa città. È un "figlio del Filadelfia", all'epoca vivaio prolifico. Sembrava destinato a scrivere pagine importanti della storia granata, l'addio brusco è stato un vero e proprio shock. Negli anni si è detto e scritto tanto sul suo conto. Illazioni, leggende metropolitane che l'avvento di Internet ha amplificato. Oggi, a 57 anni, Bertoneri ha detto basta. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua storia:

Dante Bertoneri, si sente tradito dal mondo del calcio?
"Le dirò, il calcio mi ha dato alla nausea. Avevo esordito in Serie A a 17 anni, ho fatto tutte le trafile delle nazionali giovanili e a un certo punto di parlava anche di Nazionale maggiore, che potessi far parte del gruppo del Mondiale del 1982. Io e Dossena eravamo i giovani in rampa di lancio di quel Toro. Dossena fu convocato da Bearzot, io no. Eppure non ero certo peggio di lui. Poi è cambiato tutto".

Parliamo dell'addio al Torino nel 1983
"C'erano Luciano Moggi come direttore generale ed Eugenio Bersellini allenatore. Non credevano in me, addirittura mi stavano mandando in Serie B, al Cesena, come contropartita per portare in granata Schachner".

E Lei?
'Ma come?', pensavo. Ero osannato dai tifosi, titolare fino a poco prima e ora finisco in B? Pensi che in quel periodo erano arrivati dei giornalisti dall'Argentina, per vedere da vicino Daniel Bertoni. Dopo un Torino-Fiorentina scrissero: 'Siamo venuti per Bertoni e abbiamo scoperto Bertoneri'. Un giornalista, Franco Rossi, mi disse: 'Perché devi scendere in B? Vai ad Avellino che ti cercano'. Mi convinsi".

Le cose non sono andate come sperava?
"Guardi, avevo 20 anni e stavo 1000 km lontano da casa. Per giunta gli obiettivi della squadra erano quelli di salvarsi. E per me fu un trauma, anche perché l'essere stato liquidato così dal Toro non mi andò mai giù, la presi come un'ingiustizia. Insomma, iniziò un periodo di grande delusione. Putroppo non avevo nemmeno un procuratore che mi potesse consigliare, indirizzare, tutelare".

La carriera è finita presto
"Problemi fisici alla base di tutto. Anche se c'è chi ha provato a screditarmi, dicendo che non avevo voglia di correre".

Qual è stato il post-carriera?
"Dopo aver smesso ho iniziato ad allenare Juniores, Allievi, squadre giovanili a Massa. Ero rimasto nel giro e un po' di anni fa ho messo su una squadra, l'Atletico Massese. Si proponeva come prima squadra della città di Massa, dato che la Massese era fallita. Avevo fondato la società, ho portato allenatore, i ragazzi. Poi la Massese è stata rilevata e quindi noi siamo partiti dalla Terza Categoria".

In rete si trovano notizie discordanti circa la sua vita
"Ho messo su Facebook la mia storia per sfatare alcuni miti, sono 37 anni che passo per quello che non sono e ora sulla mia pagina spiego le cose come stanno, la mia quotidianità. È stata data una visione distorta della mia vita: cosa fa, cosa non fa. Io conduco una vita tranquilla, mi sono buttato da tempo nel podismo. La corsa è la mia passione sin da quando facevo il calciatore".

Nello specifico delle visioni distorte. Girava voce fosse diventato un sacrestano
"Macché. Sono un semplice fedele. Adesso non si può andare in chiesa perché poi dicono che sei diventato un sacrestano. Sono credente e praticante e nella fede ho trovato appiglio, un rifugio in momenti delicati della mia vita, dove ho anche conosciuto la depressione. Direi che la fede mi ha salvato da eventuali gesti inconsulti".

Anche quella del badante è una leggenda?
"Una volta ho fatto un corso, per mettere a disposizione la mia persona. Una cosa personale, ma non per lo scopo per fare il badante, con tutto il rispetto per la categoria. Magari scrivere che facevo il badante faceva risaltare il personaggio ma io il badante non l'ho mai fatto e comunque non sono certo una figura che potrebbero richiedere, dato che si cercano donne".

È vero che il Torino le aveva proposto un ruolo da osservatore?
"Precisiamo. Sono io che per 15 anni ho chiesto al Torino di fare l'osservatore. L'ho fatto in tutti i modi, anche attraverso i quotidiani ma loro non hanno dato seguito alla mia richiesta e intendo con un regolare contratto sportivo, quindi assunzione e busta paga che mi avrebbe consentito di raggiungere la pensione considerato che mi manca qualche anno di contributi. Una richiesta più che lecita ma non accolta purtroppo".

Contributi che sono rimasti da versare
"Mi manca qualche anno. Qualcuno me lo sono versato volontariamente e per qualche anno mi ha dati una mano l'Associazione Italiana Calciatori, e di questo tengo a ringraziare il direttor Grazioli e il presidente Tommasi".

Anche con gli altri club stesse richieste inascoltate?
"Chiedevo anche ad altre società sportive. Non c'è solo il Toro, però avendoci fatto 7 anni ed essendo cresciuto al Filadelfia ho un legame particolare con i granata".

Capitolo calcio chiuso, quindi?
"Visto che ormai è tramontato del tutto il discorso osservatore, mi dirigo da altre parti. Ho perso tanto tempo, mi sono illuso. Mi occupo di podismo, sono tornato a correre e spero di rientrare nella mischia".


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