.

La fuga dalla Sierra Leone, l'incubo Libia e poi l'Italia. Kallon racconta la sua storia

di Tommaso Maschio

In una lunga intervista rilasciata al canale youtube del Bari l’attaccante Yayah Kallon ha parlato non solo dell’accoglienza ricevuta dalla piazza pugliese, ma si è soffermato anche sulla sua infanzia in Sierra Leone e della sua odissea per approdare in Europa comune a tanti migranti che cercano una vita migliore per se stessi e le proprie famiglie anche a costo di rischiare la propria vita in una traversata piena di insidie e pericoli: “Spesso i miei pensieri sono rivolti alla Sierra Leone dove vive ancora la mia famiglia, sono anni che non li vedo e per questo a volte sono sovrappensiero. Là la situazione è un po' particolare, anche se ultimamente va meglio, c’è un grande commercio di diamanti e quando ci sono queste risorse nascono anche molti problemi che se non gestiti sfociano in guerre. Quando ero piccolo c’era un gruppo che rapiva i bambini per fargli fare i soldati e per questo ho deciso di andarmene via a 14 anni perché era meglio avventurarsi nel viaggio verso l’Europa che diventare un bambino-soldato. I miei hanno pianto quando mi hanno accompagnato per l’inizio di questo viaggio, mentre mio fratello si è dovuto scontrare contro questa realtà anche se fortunatamente è poi tornato a casa”.

Spazio poi al racconto dell’odissea verso il Vecchi Continente: “È stato un viaggio verso l'ignoto, ho trovato sul mio cammino alcune brave persone con cui ho lavorato per pagarmi i viaggi. Ho fatto di tutto dal muratore al meccanico, a volte venivamo pagati, altre no. Dormivamo nelle case ancora in costruzione, nelle macchine o nei pullman. La tentazione di tornare indietro c'è sempre stata, ma i miei mi spingevano per andare avanti. In alcuni posti, come in Burkina-Faso, c'erano delle guerre e spesso ci toglievano tutti i nostri averi. - continua Kallon come riporta Tuttobari.com soffermandosi poi sulla Libia - Lì non c'è nessuno che può aiutarti e spesso chi vuole andare in Europa muore lì, l'ho visto con i miei occhi. La parte più difficile è attraversare il deserto, di notte fa freddissimo, di giorno il contrario. Lì non era possibile nemmeno parlare con i miei genitori e ci sono stato 6 mesi. Poi ci hanno messo sul gommone e siamo stato fortunati perché molta gente è morta in mare. A Lampedusa mi hanno fatto chiamare i miei e sentivo solo mia made che piangeva dalla gioia".

Infine il calcio e ora l’approdo al Bari a gennaio dopo l’esperienza all’Hellas Verona: “Sinceramente per me il calcio era solo quello per strada, in Sierra Leone c'erano anche le squadre, ma io non mi sono mai interessato, mi divertivo più per strada. La mia intenzione era quella di tornare a casa una volta diventato maggiorenne, ma prima di compiere gli anni è arrivata un'opportunità in questo sport. Io cerco sempre di migliorare e di aiutare gli altri, in campo e fuori, per questo io amo fare gli assist, mi dà gioia. - conclude Kallon – Bari? Il gruppo mi ha accolto molto bene e la città benissimo, ogni volta che vado in giro ci sono tifosi che ci danno la carica prima delle partita. Qui c'è il mare e tanti bei ristoranti, la cucina pugliese è buonissima. Sono un ragazzo semplice che ama stare con gli amici e trovarne di nuovi, l'importante che siano ragazzi seri. Sono felice, spero di trasmettere la mia felicità alla gente che c'è attorno".


Altre notizie