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L'eredità di Johan Cruyff

di Marco Conterio

Intorno alle cinque del pomeriggio, Johan Cruyff indica il sole. Un murales che si staglia sul muro interno, del parcheggio. Lontano da troppi sguardi ma per segnare anche lì, la strada di molti. Johan Cruyff, ad Amsterdam, è dovunque. Chioma, quattordici, calzettoni abbassati, come un'eterea presenza capace di controllare, visionare, instradare. Di costruire prima, di restaurare poi. Non è solo il nome dell'Arena, il busto all'ingresso, le effigi sulle pareti, le fotografie, seppia, bianco e nero, a colori, rosso su bianco, sangue su anima.

Quattro-tre-tre, una somma che fa quattordici. Quattordici perché lui, il suo numero, sono la sublimazione di un'idea tattica, di una filosofia. L'Ajax di Amsterdam che ha avuto un padre calcistico in Rinus Michels, un figlio splendente nel calciatore, allenatore, dirigente Cryuff. Ha imparato, ha disegnato, pittore e scultore, poi profeta di una filosofia che ha contagiato generazioni di pallone, da Frank Rijkaard a Pep Guardiola, da Andres Iniesta a Lionel Messi.

Le effigi e i disegni del 14 sono sul lato di un piccolo truck nel quartiere a luci rosse di Amsterdam. Sono nella parte est della città, al Park de Meer, un murales inaugurato due anni fa. Sono all'interno della sua nuova Arena, austere, pronte a indicare la via. Laggiù verso il sole, nascoste in un parcheggio, o con lo sguardo fisso verso l'infinito, all'ingresso del club. L'Ajax non è una squadra qualsiasi. Da Johan Cruyff in poi.


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