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Pres. Lega Pro: "Riportare la gente allo stadio non sarà facile: c'è paura e nuove abitudini"

di Claudia Marrone
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"E' una Serie C bellissima, peccato manchi il pubblico: mi immagino cosa sarebbe stato con la presenza dei tifosi. Purtroppo per il 30 maggio non ci è stata data la deroga per aprire ai tifosi, ma stiamo studiando con i club come poter consentire anche alla tifoseria ospite di partecipare ai match di ritorno, per garantire una sorta di equità sportiva": nell'intervista post sorteggi dei playoff, ai microfoni di Eleven Sport, esordisce così il presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli.

Che ha poi proseguito: "E' stato un campionato difficile e stressante per tutti, ma ne usciamo bene, guardiamo il lato positivo e la ripresa di una sorta di normalità, fissata al 2 giugno. Certo, non sarà semplice: è un anno e mezzo che le abitudini sono cambiante, si sta a casa in famiglia nel weekend, non sarà facile riportare gente allo stadio, e la paura del virus non sarà facile da superare per intero. La partita contro questo subdolo nemico non è effettivamente finita, è sempre li dietro l'angolo, quindi gioia, felicità ma grande attenzione. Ricordo che le partite rinviate sono state più di 120, il periodo tra metà ottobre e novembre ha visto anche un rischio serio di interrompere il campionato, l'attacco epidemiologico cui erano sottoposte le squadre non era indifferente, ma i club hanno risposto bene. E' stato poi complicato gestire i casi di Covid-19 durante playoff, c'era poco margine: penso al Matelica, che ha però dato un ottimo esempio di come si può gestire il tutto. Adesso, comunque, sono essenziali le riforme, e su questo si deve stare attenti ai tempi: ricordo che l'unica vera riforma negli ultimi 60 anni l'abbiamo fatta noi. Io sono anche portato a tagliare le società, lo abbiamo già fatto, ma se non si ragiona a sistema cambia poco. Qua dobbiamo imparare a rendere questo sport interessante per tutti, per i giovani soprattutti, altrimenti il calcio finisce".

E sulle nuove generazioni, ecco l'argomento dei partner digitali: "Dieci anni fa fummo i primi a ragionare sullo streaming: non avevamo giovani che ci seguissero, e ragionammo su come noi ci dovessimo adeguare ai loro desideri. Come e quando volevano vedere la partita, con mezzi alternativi alla tv, che rimane comunque uno spazio, ma per la mia generazione. Storia, passione, racconto, furono i temi cardine per costruire lo streaming".

Si passa poi al discorso Coppa Italia: "Il volere la C nella Coppa è una partita che ho giocato per tutti, non solo per noi, e l'abbiamo tenuta aperta con l'idea che si possa riformare una competizione che al momento vede solo Davide contro Golia, ma potrebbe essere diversa. Un segnale è stato dato, era intanto importante rientrare, tenere aperta per tutti una prospettiva, e il lavoro è stato duro, ma abbiamo trovato buona collaborazione da parte di tutti".

Spazio poi ai decreti in sostegno dello sport: "Dobbiamo fare un passaggio in avanti, non dobbiamo considerare lo sport solo come sport. Con il Decreto Cura Italia 1 siamo stati equiparati all'Italia produttiva, e di questo si deve tener conto: siamo intervenuti anche sulla questione del credito e dell'economia, e da questo punto di vista abbiamo usufruito del contributo di ministri, sottosegretari e anche di quello del presidente FIGC Gravina, ma un merito va anche al Comitato 4.0, per cercare di non far morire anche gli altri sport e il calcio dilettantistico. Noi come Serie C abbiamo responsabilità sociale, e portare le società alla sostenibilità economica era ciò che più ci interessava: sono felice delle decisioni dell'ultimo Consiglio Federale, alcune regole che abbiamo sperimentato sono state la chiave del mettere in sicurezza i nostri club, che non devono spendere oltre i costi che possono sostenere. La Lega A e B adesso hanno adottato questa tecnica, a dimostrazione che la C può essere il laboratorio del calcio italiano".

E in merito ecco la questione dei giovani calciatori: "Questo è un compito che ci può contraddistinguere. Noi esistiamo per due motivi, per il territorio e per divenire l'accademia del calcio italiano. Non è un lavoro facile, ma di medio e lungo periodo, in cui dobbiamo anche convincere le società ad adeguarsi: occorrono strutture, maestri, coloro che lavorano su alimentazione e psicologia. Il calcio non ragiona mai a programmazione, e imporre programmazione è come scalare l'Everest: noi però ci proviamo".

Conclude con una battuta: "Si, riuscirò ad andare in vacanza, perché questo è stato un anno complicato e difficile. Qualche giorno me lo prenderò".

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Lunedì 6 Maggio 2024
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