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Tra sogni e incomprensioni: Juric non nasconde l'inquietudine e medita sul futuro

di Luca Chiarini
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Ivan Juric è così, da sempre. Un libro aperto renitente a diplomazie e frasi sibilline. Dice quello che pensa, o quello che sente. E in questo momento si sente incompreso, avverte un'impercettibile brezza ostile laddove sino ad oggi non aveva mai spirato nemmeno un vento di levante. "Mi sembra di essere andato un po' oltre con il mio entusiasmo - ha ammesso ieri in conferenza -. Forse è meglio tornare nella mia comfort zone".

Juric a Verona continua a godere di stima incondizionata, beninteso. È il totem dell'età biennale dell'oro gialloblù, l'artefice di una galoppata che, qualunque sarà il suo epilogo, avrà fatto la storia della città. La sua smania di crescere, di alzare sempre il livello (che è poi uno dei suoi punti di forza), rischia però di essere un elemento perturbante, più che costruttivo. Perché le legittime ambizioni di chi sognava l'Europa (l'ha ammesso lui stesso nella conferenza di ieri) si scontrano ineluttabilmente con l'imprescindibile e ben più profano diktat di far quadrare i conti, di garantire la continuità di una gestione che, sotto il profilo finanziario, è sempre stata virtuosa e accorta.

Juric si guarda intorno, è inevitabile che lo faccia. Il difetto di comunicazione con Setti, con il quale (a suo dire) non ha ancora avuto modo di confrontarsi dopo aver messo in ghiaccio l'obiettivo salvezza, l'ha rabbuiato, pur non intaccando il senso di riconoscenza verso una società che gli ha consentito di "ritrovare il sorriso" e di "riscoprirsi". A Crotone, questa sera, si dispiegheranno le tre linee temporali della sua carriera: il trionfale passato in rossoblù, l'attualissima rincorsa a una vittoria che sfugge da più di un mese, e il futuro sempre incombente sullo sfondo. Che allo Scida andrà messo in pausa, accantonato, ma non potrà mai essere eclissato completamente nei suoi pensieri e in quelli di chi lo circonda.

Certo la sensazione è che, giunti a questo punto, occorrerà un'abile opera diplomatica (D'Amico è da sempre trait d'union tra proprietà e allenatore, e in questo è una garanzia), unita ad uno sforzo programmatico e di risorse molto importante per convincerlo a confermare il suo sodalizio con l'Hellas. Gli estimatori, in giro per l'Italia, non mancano di certo: se a Napoli il cerchio sembra essersi ridotto a Gattuso o al sogno Allegri, c'è chi giura che a Torino siano intenzionati a sedurlo con argomenti piuttosto convincenti.

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