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TMW RADIO - D. Rossi: "Lazio in Champions possibile, Roma no. Icardi-Juve? Meglio Mertens"

di Dimitri Conti
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport
Archivio Stadio Aperto 2020-2021
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Delio Rossi intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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L'allenatore Delio Rossi ha parlato a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini: "Se per lo Scudetto sembra tutto deciso, per il quarto posto ci sono numerose squadre che possono ambire. Chi è avanti sicuramente è avvantaggiato".

La Roma ci rientra?
"Secondo me ormai sono fuori dalla corsa, indipendentemente dall'Europa League. Anche perché la corsa non la fai su una soltanto, chi mi sembra che invece possa ancora sperare, ma senza sbagliare, è la Lazio".

Fonseca è l'esempio che sottovalutiamo gli allenatori non italiani?
"Penso che il calcio ormai sia globale, certo è che noi italiani siamo i più evoluti sul lato tecnico-tattico e a volte questo è un limite, in altri campionati ci vanno più leggeri".

Sopreso dalla long run dell'Inter?
"Il valore dell'Inter era assoluto già da prima del campionato, e a questo va aggiunto un allenatore impattante. Il fatto di essere usciti dalla Champions ha agevolato Conte, sapendo la maniacalità del suo lavoro. Conoscendolo ci ha messo persino troppo a trovare la quadra, anche perché il livello dei giocatori è importante, ma conoscendolo sapevo l'avrebbe troppo. In più è rientrato Eriksen che gli dà maggiore imprevedibilità rispetto a prima: appena ha capito il nostro modo di fare calcio, essendo un campione ha dato il quid in più. No, non mi sorprendono, anzi ero sorpreso prima quando non sembrava esserci la quadratura".

Lei ha allenato Darmian: quanto è utile uno come lui?
"Io sono il primo ad averlo impostato da difensore laterale: nella Primavera del Milan faceva il centrale, ma non vedevo la struttura per emergere in quel ruolo. Come quinto sta dimostrando il suo valore, ha saputo aspettare l'occasione giusta nonostante arrivi dal Manchester United, e non tutti lo fanno".

Pastore e Ilicic: lei che li conosce, pensa abbiano dato meno del loro valore reale?
"Sono due giocatori di grandissimo talento e di scuole diverse. Uno è slavo, con tutti i pregi e difetti di quella scuola. Ilicic poi è uno di quei giocatori con cui devi entrare in empatia, io infatti all'inizio ho avuto qualche problema perché credeva di essere uno di quelli cui bastasse allenarsi poco o nulla, mentre per me era il contrario. Doveva lavorare per far emergere quel talento cristallino, e infatti ha vissuto di step: quando ha incontrato Gasperini, si è reso conto che se voleva giocare a certi livelli doveva allenarsi in una certa maniere. Ilicic è uno cui devi dare grande fiducia anche se gioca male due-tre partite di fila, e in una grandissima squadra non sempre può essere così. Pastore invece è un argentino, per lui il calcio è gioco e divertimento. Da professionista è stato frenato molto negli infortuni, oltre a non avere un ruolo preciso. Un po' come Falcao: non è trequartista perché gli manca uno-contro-uno, non è centrocampista perché copre poco campo, e non è mediano perché manca di interdizione. Però ti dà qualità. Pastore è uno che se non tocca la palla ogni tre passaggi va ai matti. Al PSG l'hanno bloccato gli infortuni, tanti e pesanti. Chi ha Pastore deve metterlo in una squadra già fatta".

Dove nascono le difficoltà del Cagliari?
"Per la rosa si pensava ad altro, e se non capisci come va la realtà riattaccare la spina diventa difficile. Gli manca la mentalità di giocare palla su palla e punto su punto, peccato perché hanno una squadra importante".

Cosa vede in Vlahovic?
"Un attaccante moderno. Ha struttura e statura fisica, dalle quali non si può prescindere. Ora sente la fiducia, e questo è merito di Prandelli che ha continuato a metterlo dentro anche quando faticava un po' all'inizio. Ora si sente protagonista e partecipe, vedo pure molti margini di miglioramento. Lo step 0-90 se hai qualità riesci a farlo, ma magari per quello da 90 a 100 ci vuole più tempo".

Le difficoltà della Fiorentina arrivano solo dagli allenatori?
"I campionati intanto bisognerebbe finirli. Molte volte si tende a dare le colpe in toto ad una singola persona o ad una componente. Quando le cose vanno bene, è così per tutti, ma pure quando vanno male deve entrarci chi ha l'1% di responsabilità. Se hai un giocattolo rotto o una casa brutta, non è che cambiando la vernice esterna migliori tutto".

A Ronaldo manca un Icardi?
"Chi in squadra ha Cristiano Ronaldo deve avere paradossalmente un centravanti alla Benzema, cioè un giocatore che ha nelle corde anche lui il gol, ma che si adegua ai movimenti dell'altro, perché non sarà mai Ronaldo a farlo. Questo Icardi non mi sembra potersi adattare: è diverso da quello che ho lanciato io alla Sampdoria, si spendeva per la squadra, faceva corse di rientro, giocava con la squadra. Mi sembra più idoneo Morata, seppure abbia qualità minori. O per dire un altro nome Mertens. Ronaldo quando hai la palla tu è un esterno, ma quando l'hanno gli altri è un esterno... Mica è facile così".

Che Serie B ha ritrovato nell'esperienza all'Ascoli?
"Non dimentichiamoci che in questo ultimo anno e mezzo stiamo vivendo dei campionati anomali, già solo per il fatto che si debba giocare sempre ogni tre giorni. A meno che tu non abbia grandi qualità, non riesci a far emergere chissà che gioco. Ho ritrovato una B meno qualitativa: se prima era bacino d'utenza per la A, oggi ci sono molti stranieri, magari anche di età avanzata. Oggi difficilmente le big della Serie A vanno a pescare da lì, e inoltre i Primavera non sono pronti per quell'impatto fisico: è in un limbo, né serbatoio né campionato di spicco".

Perché questo squilibrio?
"Il discorso è economico, le realtà di Serie B non potranno mai competere con le più grandi d'Italia. Ci sono bacini d'utenza troppo differenti".

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