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Roma, il tifoso Gemitaiz: "Grati per sempre a Zaniolo. Sulla Conference c'è il suo nome"

di Alessio Del Lungo
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Gemitaiz, uno dei principali esponenti dell'hip hop italiano, ha rilasciato un'intervista a Cronache di Spogliatoio, raccontando la sua passione per la Roma: "Quando ero piccolo, pensavo solo a quello: pallone e giallorossi. Ho sempre giocato fin da bambino, così come sono sempre stato un grande tifoso. Ricordo i giorni passati al campetto, dove dicevo: ‘Voglio diventare come Totti’. Adesso le cose sono cambiate, i ragazzini vogliono fare i rapper. Prima tornavi a casa, finivi di fare le tue cose il prima possibile e poi uscivi a giocare a calcio. Crescendo mi sono reso conto che nonostante io mi allenassi, fossi molto veloce, c’erano tanti altri ragazzi molto più portati di me".

È sempre stato un grande tifoso?
"Sì, ma verso il 2018-2019, mi ero estraniato perché mi incazzavo troppo. Stavo davvero male, mi dicevo: ‘Sì, ma io non posso stare così nervoso per una squadra di calcio’. Così ero arrivato ad un punto in cui non avevo davvero idea di chi giocasse o allenasse la Roma. Mi guardavo giusto qualche partita con gli amici, ma ormai non mi faceva più né caldo né freddo: si era creato un certo distacco, anche perché ero sempre in giro fra concerti, tour, date con la mia musica, quindi era più facile essere spensierati".

Poi cosa è successo?
"Durante la pandemia, però, ci sono ricaduto con tutte le scarpe: non potevo fare niente, ero bloccato e quindi la domenica è tornata ad essere un appuntamento fisso. Eravamo io e la Roma, ancora una volta. Adesso sono completamente succube, come prima e come giusto che sia. Ho ricominciato a vederle tutte e a seguirla sempre già un annetto prima dell’arrivo di Mourinho. È tornata la passione, allo stesso livello di quand’ero solo un ragazzino".

Che cosa ha significato lo scudetto del 2001?
"Per un 13enne che gioca a pallone, vedere la propria squadra vincere il campionato è stato qualcosa d’importante, un sogno. Nel mio quartiere o comunque sotto casa eravamo quasi tutti romanisti. Ricordo che appena dopo il fischio finale di Roma-Parma sono usciti con i miei amici prendendo l’autobus e Roma era nel delirio più totale. Siamo andati a Piazza Sempione, dove ci trovavamo di solito, c’erano gli autobus fermi con le porte aperte. La gente seduta sopra, al posto del numero del bus, ricordo la scritta ‘Forza Roma’. Sono stati momenti indimenticabili".

Nel 2010 la Roma è andata vicina a vincerlo di nuovo.
"Credo che Pazzini sia ancora uno dei più odiati dai romanisti dopo quasi 15 anni. Questo dice molto al riguardo, su come l’abbiamo vissuta. Pensavamo o comunque speravamo che ce l’avremmo fatta un’altra volta. Ai tempi ero più deluso che arrabbiato, adesso odierei follemente".

Altra nota dolente, il derby perso 1-0 in finale di Coppa Italia.
"Non l’ho vissuta affatto bene, né prima né dopo. Il derby è una di quelle partite che mi fa sta veramente male. Spero sempre che finisca presto, ovviamente con una vittoria della Roma. Se però vedo che non è la partita giusta, che non vinciamo, mi auguro solo che termini. È un’agonia. Non andrei mai allo stadio in un derby, mai: penso che potrebbe venirmi un infarto. Non ce la potrei mai fare: urla forsennate, incazzature, non sarebbe un bello spettacolo diciamo. Lo soffro davvero troppo".

E il ritiro di Totti invece che cosa ha rappresentato?
"Il giorno del suo ritiro non ero allo stadio, vado raramente dal momento che non posso più andare in curva. Ancora oggi, dopo 7 anni, mi riguardo il video del suo ritiro: 2-3 volte all’anno, prima di andare a letto. Quel giorno ho pianto moltissimo. Ogni tanto vedo che fa qualche torneo qua e là, fa gol senza alcun senso: è rimasto lui. È il capitano, che gli vuoi dire?".

L'impresa contro il Barcellona con Di Francesco è stato un altro momento indimenticabile.
"Quella sera ero a Milano a casa della mia fidanzata dell’epoca: ho visto tutta la partita mentre ero al telefono con un mio amico. Stavamo per avere un infarto. Abbiamo segnato subito con Dzeko, così ci siamo detti: ‘Sì, se po’ fa’. Al gol di Manolas siamo impazziti completamente. È stato più bello anche di una vittoria in un derby: recuperare un 4-1 al Barcellona di Messi… e quando ti ricapita? Sono cose per cui andare fieri e che ci porteremo dietro per sempre".

La Conference League è stata una grande gioia?
"La sera della finale di Conference League c’era il concerto di Mace a Milano e io ero uno degli ospiti. Io l’avevo detto: ‘Non salgo sul palco finché la partita non finisce’. Io e un altro mio amico l’abbiamo vista in un camerino a parte, dove c’era una tv. Lui in realtà doveva lavorare, ma per quell’ora e mezza non ha praticamente fatto nulla. Come me. Quella partita era troppo importante: l’abbiamo vissuta così, in un camerino nel backstage, mentre fuori c’era il concerto. Siamo tornati a vincere dopo tanto, veramente tanto. E con un gol di Zaniolo: dobbiamo essergli grati per sempre. Su quella coppa, c’è il suo nome".

Con il Siviglia in Europa League è andata diversamente.
"Quella sera eravamo in studio da Flavio. C’era anche il mio migliore amico che è della Lazio, stava rosicando anche lui. Un po’ di solidarietà: un conto è straperderla, un conto è uscire sconfitti così. Ero davvero incazzato, tristissimo".

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