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Padoin: "Io alla Juve? Quando il mio agente me lo disse pensai che fosse uno scherzo"

di Alessandra Stefanelli
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

L'ex calciatore della Juventus Simone Padoin, intervistato da gianlucadimarzio.com, ha parlato del presente, del passato e del futuro: “Ho detto addio al calcio giocato, non c’erano più i presupposti per continuare la mia carriera con serenità. Adesso sono tornato a casa, ho aperto una palestra insieme a mia moglie e cerco di aiutarla nel portarla avanti. Senza perdere di vista il mondo del calcio? No, non è finita qui. Il mio obiettivo è quello di entrare a far parte di un settore giovanile, credo che sia il contesto ideale per uno come me. Dal Vicenza alla Juventus, se sono arrivato in alto lo devo al carattere, alla passione, alla diligenza e alla professionalità che mi hanno accompagnato nel mio mestiere. Se uno vuole fermamente qualcosa, alla fine riesce a raggiungerla. Ed è questo che devono capire i talenti di oggi”.

Sulla sua avventura in bianconero: "Sono andato alla Juve nel 2012, in un periodo in cui l’Atalanta non stava facendo bene. Conte, però, mi aveva già allenato in nerazzurro, era convinto che avrei potuto dargli una mano pure a Torino. Il mio lavoro era stato apprezzato: non è questione di culo, bisogna essere bravi a farsi trovare sempre sul pezzo. Com’è andata la trattativa che ha mi ha portato in bianconero? E’ durata appena qualche ora, la ricordo come se fosse ieri. Erano le 6 e mezzo di pomeriggio, due giorni dopo avremmo giocato nel turno infrasettimanale e io mi stavo rilassando sul divano. Squilla il telefono: era Tinti, il mio procuratore. “Vuoi andare alla Juve?”. Avevo appena firmato un rinnovo quinquennale con l’Atalanta, sembrava uno scherzo. Ma Tullio, su queste cose, non scherza mai. Sono rimasto in silenzio 3-4 secondi, poi gli ho detto di sì. Alle 9 e mezzo ero già in macchina, in viaggio verso Milano. E quella sera diventai un calciatore della Juve. Il primo scudetto fu pazzesco, si percepiva un’aria diversa per le strade della città. La squadra non vinceva da un po’, la gente era felicissima. Essere riusciti a regalare quella gioia dopo tanto tempo è stato qualcosa di meraviglioso”.

Sul vecchio coro: “Che ce frega di Ronaldo, noi c’abbiamo Padoin!”: “Quando CR7 è arrivato in bianconero, mi sono una fatto una risata. Saranno costretti a cambiare il coro, ho pensato: che ce frega di Leo Messi… e il resto lo sapete già! Scherzi a parte, l’affetto dei tifosi è qualcosa che porterò sempre con me. Ricordo ancora la Supercoppa del 2015, in Cina. Appena atterrati a Shanghai, ho sentito i tifosi cinesi che cantavano il 'mio' coro. Era incredibile”.

Padoin è diventato anche il talismano dello spogliatoio. “C’era chi mi toccava prima delle partite, dicendo che portavo bene. Era una cosa simpatica. Ancora oggi, quando sento qualche ex compagno, c’è chi mi chiama talismano… Eravamo un bel gruppo, c’erano tanti campioni e questo ci aiutava a fare bene. In più, c’era da divertirsi: il re degli scherzi era Simone Pepe, specializzato nel tagliare pantaloni e calzini ai compagni di squadra. Le vittime preferite? Matri lo soffriva parecchio, Quagliarella pure…”.

Su Pirlo: “Pirlo in campo era un fenomeno, lui e Buffon sono i compagni di squadra più forti che ho avuto. Entrambi campioni, ma in modo diverso. Gigi era esuberante, Andrea l’opposto: non era un tipo di molte parole, gli bastava uno sguardo per farti capire cosa si aspettava da te. La differenza tra una partita normale e un big match stava tutta lì: quando bisognava alzare l’asticella, Pirlo non chiedeva palla, la pretendeva. Penso che da allenatore sia un po’ l’Andrea di sempre. Vuole un calcio divertente, prepara bene le partite. Ha tutto per riuscire a fare bene anche in questo nuovo percorso”.

Sul presente: “Per adesso mi concentro sulla famiglia, ho deciso di smettere perché immaginavo che un nuovo lockdown mi avrebbe tenuto lontano dai miei bambini per troppo tempo. Era una scelta alla quale mi ero preparato: quando hai 35 anni e giochi a calcio, cominci a mettere in conto che, da un momento all’altro, potresti ritrovarti costretto a fare un passo indietro”.

Sul suo sogno nel cassetto: “Allenare nel settore giovanile dell’Atalanta sarebbe il top. Già vent’anni fa, quando ci giocavo io, funzionava tutto alla perfezione. Ancora oggi Gasperini raccoglie i frutti di un lavoro strepitoso”.

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Sabato 4 Maggio 2024
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